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Le microplastiche fanno male alla salute?

Le microplastiche sono ovunque, nell’acqua che beviamo e nel cibo che mangiamo. Ma ciò significa anche che abbiano effetti negativi sulla salute umana? Cerchiamo di fare chiarezza, basandoci sugli studi disponibili.

Le microplastiche sono ovunque, nell’acqua che beviamo e nel cibo che mangiamo. Ma ciò significa anche che abbiano effetti negativi sulla salute umana? Cerchiamo di fare chiarezza, basandoci sugli studi disponibili.

Viviamo in un pianeta di plastica. Un materiale che abbiamo inventato a fine Ottocento e abbiamo iniziato a produrre in massa nel secondo Dopoguerra. Un materiale di per sé straordinario, perché economico, versatile, leggero, resistente. Senza la plastica, il nostro stile di vita non sarebbe nemmeno lontanamente paragonabile a quello di cui godiamo oggigiorno. Peccato, però, che la plastica sia prodotta a partire dagli idrocarburi, principali responsabili della crisi climatica in corso. E che, pur essendo un materiale pressoché eterno, sia stata impiegata in massa per articoli usa e getta. Una contraddizione in termini.  

Per giunta, c’è la plastica che vediamo – quella che riempie i nostri cassonetti dell’immondizia o che si accumula sulle nostre spiagge – ma c’è anche quella che non vediamo. Si parla di microplastiche per riferirsi alle particelle con dimensioni inferiori ai 5 millimetri e di nanoplastiche quando sono inferiori a 1 μm (micrometro, cioè un milionesimo di metro).  

Cosa sono le microplastiche

Le microplastiche si possono suddividere in due categorie. Si definiscono primarie quelle che vengono rilasciate direttamente nell’ambiente sotto forma di piccole particelle: secondo le stime, si tratta di una percentuale compresa tra il 15 e il 31% delle microplastiche presenti nell’oceano. Da dove provengono queste microplastiche? Per il 35% del lavaggio dei capi sintetici, per il 28% dall’abrasione degli pneumatici durante la guida, per il 2% da scrub, dentifrici e altri prodotti cosmetici e per la cura del corpo.

Poi ci sono le microplastiche secondarie, cioè quelle che derivano dalla degradazione di oggetti più grandi, come buste, bottiglie e reti da pesca. Secondo i dati riportati dal Parlamento europeo, sono l’assoluta maggioranza delle microplastiche nell’oceano: a seconda delle stime, si va dal 68 all’81% del totale.

Microplastiche nel cibo e nell'acqua

Dove si trovano le microplastiche? Pressoché ovunque. Inevitabilmente ci sono microplastiche nei pesci, che le ingeriscono involontariamente perché non sono capaci di distinguerle dal proprio cibo. Uno studio condotto da Greenpeace con ricercatori dell’UNIVPM e CNR-IAS di Genova le ha rilevate nel 35% dei pesci e degli invertebrati raccolti nel mar Tirreno centrale, in particolare nelle specie demersali che si alimentano nei pressi dei fondali, come gallinella, scorfano, pagello fragolino, razza.

E sta qui uno dei principali danni provocati dalle microplastiche: queste particelle tendono ad accumularsi nel tratto digerente, portando a malnutrizione e problemi di salute per i pesci stessi. In teoria, ci basta pulirli dalle viscere per evitare di ingerirle noi stessi. Il problema però permane per tutti quei pesciolini più piccoli che consumiamo interi, come le acciughe.

Gli alimenti con microplastiche però sono molti altri: i test scientifici le hanno rilevate all’interno di frutta e verdura, del sale, delle bustine di tè, del riso, delle proteine animali (petto di pollo, manzo, maiale e non solo) e vegetali (come soia e derivati). Ci sono microplastiche anche nelle acque interne, cioè quelle da cui deriva l’acqua di rubinetto, e nell’acqua in bottiglia; in tal caso, sono rilasciate dal packaging o dai tappi, soprattutto se le confezioni non vengono conservate correttamente.

I danni delle microplastiche nel sangue

Finora abbiamo parlato degli effetti delle microplastiche sull'ambiente, ma che dire di quelli sull’uomo? Nel 2022, per la prima volta, uno studio scientifico ha identificato microplastiche nel sangue: e non si tratta di una rara eccezione, ma di ben 17 campioni sui 22 studiati. Chiaramente, questo è soltanto un primo passo che apre la strada a studi molto più vasti e approfonditi. Perché un conto è dimostrare la presenza di queste particelle, ben diverso è avere le prove che le microplastiche siano pericolose per la salute umana. 

Uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine a marzo 2024 fornisce evidenze molto preziose e tutt’altro che rassicuranti. Perché, dopo aver esaminato 304 pazienti con placche nell’arteria carotide, arriva a sostenere che coloro che hanno anche microplastiche e nanoplastiche nel sangue sono soggetti a un rischio maggiore di infarto o ictus, anche con conseguenze mortali. Va comunque ribadito come lo studio si limiti a evidenziare una correlazione, ma senza poter parlare esplicitamente di un rapporto causa-effetto. È lecito ipotizzare che gli effetti delle microplastiche sull’uomo siano molti di più, ma solo la scienza potrà dare risposte certe

Foto in apertura: Sören Funk/Unsplash