Perché molte donne sono così ossessionate dal proprio naso da scegliere di ricorrere alla chirurgia estetica? Intervista all'esperto.
Perché molte donne sono così ossessionate dal proprio naso da scegliere di ricorrere alla chirurgia estetica? Intervista all'esperto.Troppo lungo, troppo grosso, storto. Alla francese, a patata, aquilino. Il naso è una delle parti del corpo che, oggi, genera maggiori turbamenti a livello psicologico e relazionale.
Quali sono i motivi che ci portano a controllare le foto per vedere se il nostro naso le ha rovinate? Quali quelli che potrebbero aiutare a liberarci dal trauma del naso?
Abbiamo scelto di affrontare la questione con il dottor Luca Saita, psicologo e psicoterapeuta, autore dei libri La sindrome del brutto anatroccolo e Chirurgia estetica mentale: come modificare le radici dell’autostima.
A tanti di noi è capitato di non apprezzare particolarmente una parte del proprio corpo, come per esempio il naso. Quando il disagio si trasforma in disturbo?
Quando provoca un malfunzionamento anche in altre aree del funzionamento psichico. Faccio un esempio: posso pensare che le mie gambe non mi piacciono molto, ogni tanto ho questo pensiero che però riesco a scacciare facilmente. In questo caso si parla di disagio. Se invece il pensiero che ho le gambe brutte mi mette in difficoltà se devo uscire la sera, lascio stare l’idea di andare in palestra, penso che per questo motivo nessuno mi vorrà così la mia autostima si abbassa, allora possiamo parlare di un disturbo vero e proprio.
Cosa si intende per dismorfofobia?
Si intende la percezione erronea e falsata delle nostre forme prettamente fisiche, nel senso di una svalutazione eccessiva, esagerata. Questo si accompagna a un pensiero intrusivo che focalizza l’attenzione su questo problema.
Il disturbo da dismorfismo corporeo potrebbe influenzare così tanto la vita di chi lo prova da rendere le interazioni sociali quasi impossibili?
Assolutamente sì. Diciamo che si può arrivare anche a quel tipo di estremi, dove la persona si rinchiude o si copre per non essere vista. Parliamo ovviamente di casi gravi, che a volte possono manifestarsi quando il disturbo non viene curato per tempo.
Quali altre conseguenze può provocare nella vita di tutti i giorni?
Generalmente, a mio avviso, la conseguenza peggiore è l’abbassamento dell’autostima: man mano che usciamo di meno e interagiamo meno ci sentiamo peggio, ergo il disturbo aumenta, così ci vediamo più brutti, quindi l’autostima si abbassa ancora e così via. Un circolo vizioso tremendo. Le conseguenze quindi sono il fallimento progressivo della persona nel funzionamento delle aree base della vita: lavoro, vita affettiva, vita sociale.
L’autostima scaturisce, quindi, anche dall’apprezzamento del proprio corpo?
Assolutamente sì. Freud diceva che il primo Io è un Io corporeo. Come bambini percepiamo di esistere e di essere amati attraverso il corpo. Da lì parte l’autostima (o la disistima).
Possiamo affermare che l’ossessione per il naso piccolo e dritto sia un retaggio dei canoni di bellezza occidentali?
Sì, direi che si può affermare, ammesso e concesso che i canoni cambiano continuamente, il nasino alla francese rappresenta uno dei canoni di bellezza occidentali. Come tale, idealizzato come “perfezione”, attrae tutti coloro che non si sentono perfetti, ma che se lo fossero credono che potrebbero essere (o essere stati) amati. Questo è l’inganno relazionale.
Dal punto di vista psicologico, rifarsi il naso (o un’altra parte del corpo) potrebbe aiutare?
Questo è il punto. Apparentemente sì. Di fatto, appena ci si rifà una parte, si scopre che questo non ci fa essere amati come credevamo. Ergo, dopo un certo tempo la tentazione si sposta su un’altra parte, che diventa la parte indiziata, che se fosse stata perfetta, allora ci avrebbe permesso ammirazione e affetto. Chi ci cade rischia davvero di non fermarsi più, come spesso accade. Un’operazione dietro l’altra.
Quindi, la chirurgia plastica potrebbe essere un semplice palliativo?
La chirurgia plastica è un palliativo per i casi più gravi, poiché innesca una spirale senza fine. Per carità, poi ci sono anche dei casi nei quali effettivamente c’è una necessità oggettiva medico/sociale, per cui vale la pena intervenire. Ripeto: rari casi.
Una donna che ricorre alla rinoplastica, potrebbe avere dei problemi successivi all’operazione? Per esempio, potrebbe sentire di aver commesso un errore perdendo parte della sua identità?
Questo a volte accade, quando si sente in colpa (o la fanno sentire in colpa), oppure comprende che si è snaturata per piacere agli occhi da chi comunque non ottiene di piacere. Quando accade è un buon segno: la persona sta comprendendo quello in cui è caduta.
La chirurgia estetica, in questo caso la rinoplastica, fatta solo per compiacere gli altri, come il proprio compagno di vita. Che risvolti potrebbe avere nel tempo?
Ho ascoltato diversi racconti da molti pazienti. Accade che quando la persona per cui si è fatta un’operazione ci lascia, si accende una rabbia feroce verso chi pensavamo di aver ottenuto l’affetto. L’inganno qui viene scoperto e la delusione è davvero feroce. Ci vuole poi tanto tempo per rimarginare questo tipo di ferite. L’autostima si abbassa e diventa ancora più difficile riprendersi.
Tornando alla dismorfofobia, come funziona la terapia?
La terapia è davvero molto complessa. Bisogna riannodare tutti i nodi ad uno ad uno, partendo dalle esperienze infantili di base che hanno creato tali credenze e che ci hanno fatto vedere in quel certo modo.
Ho scritto due libro sull’argomento, La sindrome del brutto anatroccolo, che è un libro divulgativo, e Chirurgia estetica mentale, che è un libro tecnico in cui ho cercato di spiegare come si creano tali immagini negative e come potersene liberare.
Per un buon risultato bisogna lavorare almeno per un anno con un incontro a settimana. Si parte dal rapporto con i genitori e come ci hanno visto, argomento che in molte persone suscita sempre moltissime resistenze, per questo la maggior parte delle persone preferisce la chirurgia estetica, così non deve mettere in discussione dentro di sé le figure di attaccamento. In effetti non è un processo né facile né indolore. Però posso dire di sicuro, dopo quasi vent’anni di esperienza, che guarisce in profondità.
Come si lavora sul concetto di benessere interiore, ovvero qual è la strada da percorrere per stare bene con sé stessi, a prescindere da un naso che non si ama o da altre parti di sé che si considerano difetti?
Lavorare sull’amare chi siamo, il bambino che siamo stati, soprattutto con i nostri difetti e con ciò che non ci piace! Comprendere che chi non ci ama per quello che siamo, non ci ama, né ci amerebbe se fossimo diversi. Credo che questo sia il cuore del benessere interiore.
Foto in apertura: makalish 123rf