Bugie di un certo livello, non come quelle che raccontiamo agli altri, facendoci inevitabilmente scoprire. E neanche come quelle che raccontiamo a noi stessi.
Bugie di un certo livello, non come quelle che raccontiamo agli altri, facendoci inevitabilmente scoprire. E neanche come quelle che raccontiamo a noi stessi.Ma questo articolo quanto sarebbe stato più facile intitolarlo “chiacchiere”?
Perché alla fine è quello che prepareremo, le frappe, come le vogliamo chiamare?
I dolci tipici di Carnevale.
Sarebbe stato più facile, perché parlare di bugie presuppone avere contezza di quello che diciamo a noi stessi e agli altri, di quanto siamo torbidi e di quanto alla fine ci offuschiamo la realtà con una narrazione personale discutibile.
A chi va? A nessuno, perché è faticoso, perché riconoscere una bugia personale presuppone riconoscere prima la verità dentro di noi e poi negarla.
Bugie: o si dicono bene o è un disastro
A me le bugie che dite agli altri non interessano, perché tanto (vi volevo dire una cosa che non sapete), si capiscono sempre. C’è solo un modo per dire una bugia: renderla talmente assurda che le persone vi dovrebbero credere pazzi per inventarvi una cosa del genere. Al contrario le mezze bugie si capiscono sempre e vi assicuro che quando capirete che alle persone di vedervi per l’aperitivo andava meno che a voi, riuscirete a dire “ti dispiace se ci vediamo un’altra volta perché non ho voglia di uscire?”, gli altri vi ringrazieranno.
Le bugie che raccontiamo a noi stessi
Cavez, il mitico fumettista, scriveva: “Mi annoiano le bugie che mi dici, voglio le bugie che dici a te, non sono un dilettante, sono un professionista”. Lo capisco, ma chi è che le conosce davvero le bugie che si dice? Non è solo una questione di volontà, credo sia piuttosto un meccanismo di difesa che allontana il senso di colpa, la vergogna, la disperazione. Si può modificare questo meccanismo? Che ne so. Serve? Non lo so, non penso onestamente che dicendosi sempre tutto, mettersi alla prova in ogni aspetto della nostra vita e cercare la verità in modo spasmodico dentro di noi sia produttivo.
Concedetevi di essere un po’ torbidi a volte, perdonatevi un’ala del vostro corpo sconosciuta e che funziona in modo poco virtuoso. Si può fare, soprattutto perché se anche fosse possibile scrutarsi e conoscere la realtà della nostra psiche e vedere tutti i fili che ci muovono, siamo sicuri di avere gli strumenti per sopportare tutto quello che scopriamo e che ci governa? Forse voi sì, ma io no, c’ho troppo da fa’. E le bugie che gli altri si dicono? Le vogliamo sapere? No, dolce Cavez, tenetevele per voi, come diceva De Andrè: “Ti ho detto dammi quello che vuoi, io quel che posso”, rimaniamo sul vago e facciamo del nostro meglio, non vi scervellate che c’abbiamo da fa’, i/le maledett*, torbid*, bugiard* ci fanno ride ormai.
Allora facciamo ste frappe: