Il riso è il protagonista di questa ricetta dolce, facile e buona. Ma è bene ricordare che ci sono situazioni in cui il riso non andrebbe servito, mai.
Il riso è il protagonista di questa ricetta dolce, facile e buona. Ma è bene ricordare che ci sono situazioni in cui il riso non andrebbe servito, mai.«Me lo fai un sorriso? Sì però fatte ‘na risata! Ma tu non sorridi mai? Sto scherzando eh, sorridi!’».
Per favore ragazze non sorridete.
Questa è la frase che avevo pensato di scrivere alla fine di questo articolo, però la metto prima, perché lo so che avete problemi di attenzione e leggete solo le prime quattro righe di qualsiasi cosa scritta, ma per me è troppo importante che vi mettiate una bella faccia da sfinge, stiate ferme con quella maledetta bocca quando qualcuno si allarga in pesanti avances, dette anche molestie verbali.
Il (sor)riso è una cosa seria
Se penso alle mie giornate ammetto che io sorrido pochissimo, non sorrido davvero neanche quando scrivo «ahahaha» su WhatsApp, figuratevi.
Non sorrido non solo perché fino a quest’anno ho portato l’apparecchio fisso e quindi ho imparato l’arte di nasconderlo (problema mio), ma perché obiettivamente ho ben poco da ridere e se continuate a leggere, capirete che neanche voi avete molto da ridere, in una società che non si immedesima con voi, con la vostra quotidianità, che vi dipinge angeli e guerriere del focolaio, nate per sopportare, ma allo stesso tempo vi impone di essere forti "come un maschio", senza essere tutelate "come un maschio" però.
Tuttavia il motivo principale per il quale io non sorrido è perché posso farlo, perché nonostante io lavori in un ambiente fortemente maschilista e sia spesso oggetto di battute sessiste e volgari, sono privilegiata, non ho nessuno a cui rendere conto, nessun capo, nessuna richiesta più o meno implicita di essere accondiscendente e di sorridere al cliente, qualunque cosa accada.
Lo faccio, incapacy mie dal sorriso facile, perché non sento più l’obbligo di liberare l’altro dall’imbarazzo e dal gelo che soffia quando ritiene necessario commentare il mio corpo, il mio abbigliamento o invadere la mia privacy, non ritengo l’interlocutore degno di ricevere la mia grazia, anche perché le grazie le fa la Madonna e noi siamo la Madonna? No.
Non fa parte più del mio istinto farmi scivolare la cosa addosso, soprattutto perché sono convinta sia educativo nei confronti di una specifica categoria di uomini che, senza troppe condanne, sono obiettivamente poco avvezzi a immedesimarsi nella giornata di una donna comune (anche senza intenzionalità, solo per mancanza di contatto con il nostro genere) e quindi abbiano proprio bisogno di confrontarsi duramente sulle conseguenze delle loro parole su di noi.
Mentre per gli altri, che hanno come missione il perpetrare atteggiamenti patriarcali con coscienza e volontà, non ho molte speranze, se non l’umiliazione continua e costante e magari una legge più severa.
Perché è bene negare il riso a un cattivo gioco
Quindi lo faccio, così come dovreste fare voi (in situazioni sicure sia chiaro, e non reagendo di notte mentre tornate da sole a casa e qualcuno vi segue o vi fa catcalling), per essere di supporto alle altre donne, con caratteri diversi dal mio, esperienze diverse, ma soprattutto per quelle che non vivono situazioni privilegiate nelle quali ci si può scontrare senza conseguenze fisiche e lavorative.
È utile ripetere che sorridere a una molestia sul momento può sembrare che liberi da una situazione scomoda, ma nella pratica la nostra singola azione incatena tutte le altre al reiterarsi di un atteggiamento sbagliato.
Risulta a tutte più semplice tagliare corto con un sorriso tirato e accondiscendente? Sì, lo so. Ma mi chiedo onestamente: cosa vi ridete, che siete le ultime persone che dovrebbero ridere?
Dietro alla vostra risata, che certamente vi leva una crepa grossa come una casa, ossia quella di trovarvi nella migliore delle ipotesi davanti a qualcuno che vi definisce frigide, lesbiche o ingrate, per averli guardati serie e con disprezzo dopo un intervento inopportuno, c’è un’autorizzazione, non solo verso di voi, ma verso tutte.
È giusto ridere e pensare solo dentro di se "guarda questo povero XYZ*?" (*XYZ = parola che la mia editor mi ha detto che sarebbe meglio parafrasare).
No, lasciare l’altro nella melma del proprio imbarazzo è giusto, è l’unico modo che abbiamo per educare l’interlocutore, che molto spesso si offende perché noi non mostriamo gratitudine, obiettivamente dovremmo essere piuttosto onorate di ricevere un direttissimo: «ammazza che bel davanzale!». Battuta, se mi permettete di dirlo, obsoleta: rinnovatevi vi prego!
Mi chiedo anche se a un’affermazione del genere debba seguire la nostra risposta: «ah ti piace? Aspetta che mi levo la maglietta».
L’unico riso che vi voglio vedere in bocca ragazze, escluso quello ovviamente sincero e non dovuto, è un pezzo di torta di riso che facciamo oggi, che ti fa sorridere veramente perché è facile e buona, a prova di incapacy che non potrebbero mettere piede in cucina per legge.
Cosa vi serve: