Vaccinarsi per il Covid-19 in gravidanza è sicuro? E in allattamento? Dopo tanta confusione, finalmente il ministero della Salute ha preso una posizione chiara.
Vaccinarsi per il Covid-19 in gravidanza è sicuro? E in allattamento? Dopo tanta confusione, finalmente il ministero della Salute ha preso una posizione chiara.Siamo a Reggio Emilia e una mamma, in attesa del suo secondo figlio, si presenta al centro vaccinale munita di regolare prenotazione. È serena. Si è informata a lungo sul vaccino per il Covid, si è consultata con la sua ginecologa e, compilando i moduli, ha messo bene in chiaro di essere all’ottavo mese e godere di buona salute. Arrivata a un passo dall’inoculazione, viene rispedita a casa. Due diversi medici si rifiutano di vaccinarla senza un consenso scritto da parte della specialista che la segue.
Questa storia risale ad agosto ed è finita sulle pagine dei giornali locali, ma basta curiosare tra i gruppi Facebook dedicati alle neomamme e se ne trovano altre centinaia. Donne incinte a cui è stato consigliato di aspettare il parto, neomamme a cui è stato consigliato di aspettare il termine dell’allattamento; o, peggio, di approfittarne per smettere di allattare. Ma com’è possibile che, nel bel mezzo di una campagna vaccinale senza precedenti, si sia creata una simile confusione su un tema così delicato?
Il cambio di passo del ministero della Salute
Tutto nasce dalle indicazioni ad interim fornite dall’Istituto superiore di sanità a gennaio 2021, quando iniziavano le vaccinazioni per il personale sanitario e gli anziani fragili. “La preoccupazione di sottoporsi a una vaccinazione in gravidanza e allattamento, in assenza di dati di sicurezza ed efficacia dei vaccini COVID-19 per queste popolazioni, è oggetto di dibattito a livello nazionale e internazionale”, si legge nel documento, che consiglia di rivolgersi al medico per “una valutazione individuale del profilo rischio/beneficio”.
Una formulazione tecnicamente corretta ma anche piuttosto vaga che ha indotto molti operatori dei centri vaccinali a evitare di assumersi il rischio. Da qui la lunga trafila a cui sono state sottoposte innumerevoli donne in attesa e neomamme, rimbalzate da un consulto all’altro, con tutta la comprensibile frustrazione che ne deriva.
Tant’è che a giugno sono scese in campo le tre società scientifiche che riuniscono, rispettivamente, i professionisti di ostetricia e ginecologia, neonatologia e medicina perinatale. La vaccinazione – sostengono – non è controindicata in gravidanza, né in allattamento, né nelle donne che assumono contraccettivi ormonali o che stanno pianificando una gravidanza. Anzi, le donne incinte vanno considerate come soggetti fragili e quindi devono avere la priorità.
Finalmente il 25 settembre è arrivata anche una circolare, firmata dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità, che raccomanda i vaccini a mRna (Pfizer e Moderna, per intenderci) nel secondo e terzo trimestre, invitando a consultare il medico nel primo trimestre. E l’allattamento? Non c’è nessun bisogno di sospenderlo.
Gli anticorpi contro il Covid-19 potrebbero passare al bambino
Tutto è bene quel che finisce bene. Forse. Perché il chiarimento è arrivato dopo mesi in cui chissà quante donne si sono sentite disorientate e hanno rinunciato al vaccino, mettendo involontariamente a rischio sé stesse e il loro bambino.
Già, perché anche i bambini hanno soltanto da guadagnarci se la mamma si vaccina. O almeno è quello che ipotizza uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Obstetrics & Gynecology. Gli autori hanno infatti riscontrato la presenza di anticorpi anti-coronavirus in un campione di neonati, le cui mamme si erano sottoposte a entrambe le dosi di vaccino a mRna durante la gravidanza.
Anticorpi preziosissimi perché durante i primi mesi di vita il sistema immunitario è ancora immaturo e quindi molto vulnerabile all’attacco degli agenti patogeni. È lo stesso motivo per cui si raccomanda l’allattamento al seno, capace di trasferire le immunoglobuline. Insomma, il vaccino non solo è sicuro, ma anche benefico per il bimbo. Che motivo c’è di rinunciare?
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