Hikikomori, in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce un numero sempre crescente di adolescenti. Il fenomeno è ormai noto in tutto il mondo: tanti ragazzi, anche italiani, decidono di chiudere la porta della propria stanza e non uscire più.
Hikikomori, in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce un numero sempre crescente di adolescenti. Il fenomeno è ormai noto in tutto il mondo: tanti ragazzi, anche italiani, decidono di chiudere la porta della propria stanza e non uscire più.Hikikomori è il nome di un disagio che spinge molti ragazzi a ritirarsi dalla vita sociale, fino a chiudersi in camera e non uscire più di casa.
Lasciati fuori i coetanei e, in generale, tutte le relazioni interpersonali che solitamente una persona intrattiene nella sua vita, chi fa hikikomori legge, disegna, dorme, si sfinisce giocando con i videogames oppure, semplicemente sta su internet.
Ma perché i nati della Generazione Z e della Generazione Alpha scelgono di rinchiudersi nelle proprie stanze? Ecco tutto quello che c'è da sapere sul fenomeno Hikikomori.
Cos'è l’hikikomori
L'hikikomori è un meccanismo di difesa messo in atto come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, con cui la società contemporanea affligge i suoi componenti.
Voti, relazioni sentimentali di successo, il look giusto: le aspettative sono tantissime e, quando i risultati sono troppo lontani da quello che gli altri si aspettano, ci si sente impotenti, falliti, si perde il controllo sulla propria vita.
Questi sentimenti negativi possono portare a rifiutare le fonti di queste aspettative sociali, operando quindi un distacco da genitori, famiglia, insegnanti e amici.
Chiudendo quella porta, gli hikikomori proteggono loro stessi dal giudizio del mondo esterno. Nella propria camera la vergogna scompare.
L’isolamento può durare alcuni mesi o anni, ma una cosa, sostengono gli esperti, è certa: non si risolve mai spontaneamente.
Hikikomori: i numeri
L'hikikomori è un fenomeno che ha iniziato a manifestarsi in Giappone, ma ormai interessa tutte le nazioni Occidentali sviluppate. Secondo un'indagine svolta nel 2017 i “reclusi volontari” della fascia d'età che va dai 15 ai 39 anni, sono 541.000. In una recente statistica gli isolati giapponesi tra i 40 e i 64 anni sono addirittura più dei giovani e toccano la cifra record di 613.000 casi, con i maschi che rappresentano quasi l'80% del totale.
Quindi il fenomeno hikikomori non è più solo un problema adolescenziale, ma interessa una fascia d'età che va dai 15 ai 64 anni, per un totale di un milione di persone che hanno volutamente chiuso la porta agli altri. Praticamente un' epidemia silenziosa.
Secondo Hikikomori Italia nel nostro Paese si stimano almeno 100.000 casi. Si tratta per lo più di ragazzi tra i 15 e i 25 anni, ma il fenomeno interessa anche persone più giovani o più grandi. Spesso sono figlio unici, costretti a subire le aspettative genitoriali, specie se in famiglie separate. Sono ragazzi spesso molto intelligenti, che vanno bene a scuola ma che non hanno niente in comune con i compagni di classe.
Hikikomori: i segnali da non sottovalutare
Ci sono due passaggi chiave da non ignorare nel comportamento di pre-adolescenti e adolescenti, che coincidono con l'inizio e la fine delle scuole superiori.
Nel primo momento il ragazzo è chiamato a confrontarsi con insegnanti più esigenti e compagni di classe nuovi. Alla fine del percorso invece, si chiede al ragazzo o alla ragazza di avere già le idee chiare sulla strada da intraprendere per il proprio futuro. Tutte situazioni stressogene.
Ecco che iniziano le frequenti assenze a scuola: l'assenteismo è il primo, evidente e preoccupante segnale della manifestazione dell'hikikomori.
Poi ci sono l'inversione del ritmo sonno-veglia: gli "auto-reclusi" vivono di notte, per avere meno contatti possibile con le persone intorno a loro.
Il terzo segnale da non sottovalutare è l'auto-reclusione in camera da letto: lì il fenomeno è già in fase acuta.
Infine c'è un netto allontanamento da tutto ciò che include l'interazione sociale, a vantaggio delle attività solitarie.
Perché si diventa hikikomori
Chi sceglie di diventare hikikomori ha delle fragilità caratteriali che si ripercuotono nelle relazioni sociali, che vengono vissute con dolore. Ma ci sono anche cause sociali e familiari.
Per quanto riguarda il carattere, gli hikikomori sono ragazzi intelligenti, introversi e sensibili. Questo temperamento impedisce loro di creare relazioni soddisfacenti e durature. Inoltre, dinanzi a difficoltà e delusioni, non hanno gli strumenti emotivi per affrontarle.
Dal punto di vista familiare, i rapporti troppo freddi con il padre o troppo morbosi con la madre possono essere all'origine della scelta.
Se i ragazzi iniziano a rifiutare la scuola, non bisogna sottovalutare il problema. Dietro l'isolamento possono esserci problemi di bullismo.
La società viene spesso percepita in modo negativo dagli hikikomori, che soffrono le pressioni di realizzazione sociale che da essa derivano. Quindi possono arrivare a ripudiarle.
I ragazzi, demotivati e incapaci di confrontarsi con la vita sociale, finiscono per rifiutarla. Il disagio aumenta con l'avanzare dell'età: mentre tutti vanno avanti, gli hikikomori restano nelle proprie stanze e il confronto con gli altri diventa sempre più temibile.
Falsi miti sull'hikikomori
Trattandosi di un fenomeno recente, si sa poco dell'hikikomori e molto spesso lo si associa ad altri disturbi, come la depressione.
Partendo dall'assunto che l'hikikomori non è una malattia, il ministero della Salute Giapponese nel 2013 l'ha definito "uno stato di ritiro che non deriva da nessun disturbo mentale preesistente”. Quindi non chiama in causa la depressione.
Alcuni hanno ipotizzato una connessione tra hikikomori e dipendenza da internet, ma questo fenomeno è iniziato molto prima della diffusione del pc. Ciò fa supporre che prima esistessero forme di isolamento totalizzanti. Il web rappresenta comunque una connessione con il mondo esterno.
L'hikikomori non è un disturbo d'ansia come l'agorafobia o la fobia sociale. Piuttosto l'isolamento può portare a un calo d'umore, alla dipendenza da internet, ma non significa che questi stati siano la causa della scelta di isolamento.
Come aiutare chi sceglie di essere hikikomori
Per sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema e offrire a genitori preoccupati gli strumenti adatti ad affrontare il fenomeno, è nata Hikikomori Italia. Il presidente Marco Crepaldi lo definisce "un progetto di sensibilizzazione e informazione corretta sul fenomeno che i media – ma anche i medici - tendono a confondere con la depressione o con la dipendenza da Internet".
Proprio dall'associazione vengono alcune considerazioni sul supporto necessario a queste persone. La psicoterapia tradizionale non è sempre efficace, dato che ci sono pochissime persone formate sul problema dell'hikikomori.
I genitori invece possono fare molto, ma non devono intraprendere la missione "liberazione del figlio/a" come un modo per spiegare ai ragazzi quale vita sia giusto vivere. Piuttosto bisogna spingere i figli a trovare la propria strada, vivendo la vita che possa renderli più sereni.
Bisogna però ricordarsi che non si può agire per conto di quella persona: la responsabilità delle sue scelte resta solo sul diretto interessato. Perché la gente fa quello che vuole e ognuno è padrone della propria vita.
Vietato dimenticarsi di vivere. Un genitore che vuole aiutare il proprio figlio ad uscire dall'isolamento farà tutto ciò che è in suo potere per salvarlo. Ma se si dimentica di vivere la propria vita abbrutendosi, creerà solo maggiori pressioni che spingeranno i ragazzi a isolarsi ancora di più.
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