Perché la psicoterapia non ha effetti positivi – o ne ha pochi – sulle dipendenze da sostanze o da comportamenti? Ne abbiano parlato con il dottor Stefano Cialdella, psicologo e psicoterapeuta della Gestalt.
Perché la psicoterapia non ha effetti positivi – o ne ha pochi – sulle dipendenze da sostanze o da comportamenti? Ne abbiano parlato con il dottor Stefano Cialdella, psicologo e psicoterapeuta della Gestalt."Una serenità a denti stretti”. Così Francesco, sessodipendente anonimo, definiva nella sua storia gli effetti della psicoterapia. E non è il solo. Tra le testimonianze raccolte per lo Speciale Anonimi, in molti hanno raccontatoo che rivolgersi allo psicologo non gli era servito. Che solo nei gruppi, nella condivisione e nel mutuo aiuto avevano trovato la vera serenità.
Ma perché la psicoterapia non ha effetti positivi – o ne ha pochi – sulle dipendenze da sostanze o da comportamenti? Quali sono le differenze tra i due approcci? Lo abbiamo chiesto al dottor Stefano Cialdella, psicologo e psicoterapeuta della Gestalt.
Le principali differenze
La principale differenza tra un gruppo di auto mutuo aiuto e la psicoterapia è la presenza di quello che viene chiamato conduttore. “In un gruppo si è tutti allo stesso livello. La psicoterapia individuale e di gruppo è un percorso svolto da un conduttore, un professionista preparato a gestire lo scandaglio delle proprie modalità adattive. Si va a lavorare su quello che è appreso e che inibisce in qualche maniera il normale fluire delle emozioni”, spiega Cialdella.
Poi c'è un fattore non secondario: il costo. “I gruppi di auto mutuo aiuto sono gratis. La psicoterapia è costosa, può durare anche anni. Una qualsiasi dipendenza, se arriva a essere un problema, può avere delle ricadute economiche", sottolinea l'esperto. "Se ho una dipendenza da alcool, ad esempio, e non sto lavorando, mi è più facile mantenere un livello di vita soddisfacente a un costo inferiore, frequentando i gruppi”.
Poi c'è il giudizio. “Una delle difficoltà più grosse per entrare in relazione con il proprio terapeuta è quell'idea di sentirsi giudicati. Mentre gli Anonimi condividono una condizione: sapere che l'appartenenza a un gruppo è fatta dalla condivisione di una esperienza della propria vita, cosa che li fa sentire meno giudicati”.
Infine, l'adesione ai gruppi è volontaria, non c'è un contratto terapeutico che prevede il pagamento della seduta in caso di assenza: saltare una riunione non comporta alcun problema.
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Lo scoglio più grande: l'assunzione di responsabilità
Nell'esperienza del dottor Cialdella trattare la dipendenza con la psicoterapia è quasi sempre un fallimento. Lo scoglio più grande alla buona riuscita del percorso è l'assunzione di responsabilità.
“La dipendenza non è altro che un meccanismo con esiti autodistruttivi, che garantisce il perpetrarsi di una determinata condizione. Il problema viene risolto con l'assunzione di una sostanza”. In terapia si va per trattare il problema, di cui la dipendenza è solo un sintomo.
Il ritenersi “impotenti” davanti a quella che viene definita “malattia” evita molto spesso di guardare in faccia il nocciolo della questione (e di conseguenza lavorare sull'assunzione di responsabilità). “La condizione di impotenza rispetto alla malattia riduce il tutto a un resistere all'uso o all'abuso. Se ci si assume la responsabilità, c'è una via d'uscita”.
Lo sponsor, un palliativo?
Nel percorso dei gruppi Anonimi i partecipanti possono rivolgersi anche a degli sponsor, persone che hanno alle spalle un cammino più lungo, che sono sobri da più tempo e che – offrendo il loro supporto – continuano a condividere e, in qualche modo a “curarsi”.
“Ci dedichiamo agli altri per salvarci la vita” è uno dei mantra intercettati in molte testimonianze. Chi è in difficoltà, come la signora Marina davanti all'Agenzia delle Entrate, può fare una telefonata e trovare il coraggio di affrontare le proprie paure.
In terapia non funziona così. “Mi capita che alcuni pazienti mi chiamino in momenti di crisi, cosa che cerco di frenare perché so che a chi mi sta chiamando non serve questo per star meglio, ma molto altro", sottolinea Cialdella. "Lo sponsor da usare nel momento più ansiogeno è un ottimo palliativo. Se in un gruppo questo meccanismo garantisce la sopravvivenza, è senz'altro meglio che ricadere”.
La 'promessa' della psicoterapia
Chi partecipa attivamente alla vita dei gruppi Anonimi riferisce di aver trovato la serenità, ma soprattutto di aver messo la parola fine alla schiavitù da sostanze e comportamenti sbagliati.
A volte però, ciò che emerge in modo eclatante è la “sostituzione” della sostanza o del comportamento con il gruppo. Dal canto suo, la psicoterapia non fa promesse, ma mira a offrire al paziente un livello più soddisfacente di qualità della vita.
“La promessa della psicoterapia non è una condizione di guarigione perché non c'è una malattia - spiega Cialdella -. Certo, possono esserci squilibri di neurotrasmettitori che agevolano il manifestarsi di alcuni sintomi. Ma ci sono condizioni di malattia che strumentalmente non ha senso chiamare in questo modo, ma su cui, con l'assunzione di responsabilità, si può operare, cambiando la qualità della propria vita”.
Quindi la promessa non c'è. La terapia lavora per aiutare le persone a diventare consapevoli dei propri strumenti adattivi, con cui affrontare le battaglie di tutti i giorni. Cambiare per vivere meglio – con i gruppi o con la psicoterapia – resta la parola d'ordine.
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