La cuoca calabrese si aggiudica l'ambito riconoscimento, che rilancia la riflessione sul ruolo delle donne in un mondo prevalentemente al maschile.
La cuoca calabrese si aggiudica l'ambito riconoscimento, che rilancia la riflessione sul ruolo delle donne in un mondo prevalentemente al maschile.Caterina Ceraudo è la cuoca dell’anno secondo la guida Michelin: 29 anni, una laurea in Enologia e Viticolura a Pisa, Caterina gestisce il ristorante all’interno dell’agriturismo di famiglia, Il Dattilo di Strongoli (in provincia di Crotone), un’insegna sperduta nella campagna calabrese ma celebrata anche dal New York Times per la sua cucina.
Il Premio Michelin Donna Chef 2017, lanciato per la prima volta quest’anno dalla guida Rossa insieme a Veuve Clicquot, è suo. “Questa per me è una grande responsabilità, perché un premio del genere si rivolge a tutte le aspiranti cuoche — è il commento lasciato da Caterina al Corriere della Sera — Io normalmente sono contraria alle distinzioni tra uomini e donne. In tutti i campi. Penso che si debba premiare il talento, non il genere, e che sia stupido distinguere gli atteggiamenti maschili da quelli femminili”.
“Io in cucina mi indurisco, sono concentratissima, meno dolce di quando sono fuori - aggiunge - Sono come un maschio? No, sono me stessa, sono così, è il modo che ho imparato di gestire l’ansia. Però in questa fase indire un premio per le donne in cucina è necessario, perché è necessario far emergere la figura delle chef, ribadire che esistono”.
Il problema dell’invisibilità delle chef donne, in effetti, esiste, anche se in questi settori i talenti non mancano.
Le cuoche stellate in Italia sono 45, poche rispetto ai 298 uomini premiati dalla guida Michelin nel 2017, ma davvero tante se si considera che il totale delle stellate nel mondo è 134
“Quello della cucina è un mondo molto maschile e qui al Sud questo concetto è esasperato - conferma Caterina - Io li vedo i genitori delle ragazze che vengono a fare lo stage da me, sono preoccupati perché le loro figlie vogliono fare un lavoro 'da maschio'. Ma quale maschio: per secoli e ancora oggi, nella maggior parte delle famiglie, a cucinare erano e sono le donne. Il problema subentra quando si passa al livello professionale: tante lasciano perché temono di non riuscire a conciliare la cucina con la vita privata e perché il contesto non le supporta. C’è una specie di pregiudizio negativo sulle donne che si dedicano solo o maggiormente al lavoro”.
Ma le cose, dal suo punto di osservazione su questo mondo, lentamente stanno cambiando. “Sono convinta che servano volontà e organizzazione, dopodiché le donne possono fare tutto”, conclude la chef.
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