La crisi arriva anche a tavola. Nell’ultimo rapporto del Censis sulle abitudini alimentari degli italiani torna la divisione tra classi sociali.
La crisi arriva anche a tavola. Nell’ultimo rapporto del Censis sulle abitudini alimentari degli italiani torna la divisione tra classi sociali.Il divario nella spesa per il cibo tra abbienti e meno abbienti si allarga: è la fotografia scattata in questi tempi di crisi dall’ultima indagine del Censis “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell’alimento carne e le nuove disuguaglianze”.
Secondo lo studio tra il 2007 e il 2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita del 12,2%, nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%.
L’alimento che fa più le spese di queste ristrettezze è la carne: negli otto anni considerati i suoi consumi hanno subito una caduta vertiginosa, pari al -16,1%.
È così che il Censis parla di food social gap, il ritorno di una distanza tra ceti sulla base di quanto ci si può permettere di portare ogni giorno sulla tavola. “Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo”, commenta il Censis.
Sempre nell’ultimo anno, inoltre, 10,6 milioni di italiani hanno diminuito il consumo di pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura. Con potenziali rischi per la salute: “Con il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale – osserva il Censis – si minaccia l’equilibrio delle diete quotidiane delle famiglie e si generano nuovi rischi per la salute, in particolare nel Sud Italia”.
Infatti, conclude il Censis, “al Sud dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3%, molto più del Nord (42,1%) e del Centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore”.
Foto: Ettore - Fotolia.com