Cos'hanno in comune le Zeppole di San Giuseppe, un orrido orologio di cartoncino e un elenco di promesse non mantenute? Lo spiega Cucinare Stanca nella ricetta di oggi!
Cos'hanno in comune le Zeppole di San Giuseppe, un orrido orologio di cartoncino e un elenco di promesse non mantenute? Lo spiega Cucinare Stanca nella ricetta di oggi!Alle elementari, iniziando già da fine gennaio, io, i miei compagni di classe e delle disperate maestre preparavamo un cimelio orribile da portare in dono ai nostri padri, per ringraziarli di esistere. Alternavamo, durante i vari anni, un orologio da polso di cartoncino a una cravatta, sempre di cartoncino, colorata da noi e che si apriva a libro. Fino a qui riuscivo più o meno ad affrontarla, quello che mi metteva un po’ in difficoltà era il contenuto scritto di questo lavoretto: dovevo scrivere le mie promesse, in cosa volessi migliorare, e delle manifestazioni d’affetto random nei confronti di mio padre. Cosa significa fare delle promesse a un padre a 7 anni? Non lo so, comunque io per non sbagliare, vi anticipo già, le ho tutte disattese, sempre, dalla prima alla quinta elementare.
Cosa significa “in cosa volevo migliorare”? Che ne so come si migliora una settenne e come si autocritica una settenne. Fatto sta che io scrivevo sempre:
- Prometto di non rispondere più male
- Prometto di non dire parolacce
- Prometto di aiutare in casa e ad apparecchiare
- Prometto di non fare la lagna
- Grazie papà, sei un bravo papà, ti voglio bene, Sofia (con il puntino sulla “i” a palloncino).
Sei un bravo papà, una frase che ora, rileggendola con un po’ più di concentrazione rispetto a quando la scrivevo a 7 anni, mi fa fare un respirone.
Da adesso in poi possiamo parlare di “genitore”? Perché quello che intendo io è un concetto che vale per qualsiasi persona si prenda cura di un* bambin* o di un ragazzo giovane, pure se si chiama "mio cugino Mariolino".
Genitore "bravo" o genitore "non bravo"? Le motivazioni della sentenza
Immaginatevi genitori, forse già lo siete, e in un giorno a caso vi arriva la sentenza: "sei un bravo genitore" o "non sei un bravo genitore". Come si può essere tranquilli nel generare o nel curare un’altra persona che un giorno arriverà da te e ti dirà “ok vai bene”, “no, non vai bene”? Secondo valutazioni proprie, in base alla sua esperienza nel mondo, forse anche paragonandoti ad altri.
Su cosa si basa questa valutazione? Che criteri fanno pendere il giudizio verso l’una o l’altra soluzione? Ma soprattutto che durata ha questa valutazione? Non lo so.
Dal lato mio invece, davanti a questa orribile cravatta, potevo scrivere qualcosa di diverso? Non lo volevo scrivere in realtà, perché al netto dell’andamento della mia vita si sarebbe rivelato vero: mio padre era un buon padre. Ma a 7 anni non immaginavo che vita straziante fosse quella dell’adulto, e neanche che mio padre non stava tutto il giorno a pensare a come farmi contenta o scontenta e non avevo neanche scoperto che mio padre non si qualificava nel mondo come “il papà di Sofia” ma come una persona. Una volta che l’ho capito l’ho assolto dalla condanna a suo carico presso il Tribunale delle Figlie Risentite: alcune cose le ho capite, altre ormai risultavano prescritte, altre invece erano colpa mia (incredibile ma vero, una figlia con una colpa).
Insomma tutto questo per dire che ‘sti genitori si possono guardare anche con un po’ di clemenza e gentilezza.
Me lo sono chiesta cosa faccia di un genitore un bravo genitore, in generale non lo so, ma se devo rispondere per me c’è solo una risposta: la sensazione di avere un alleato.
La ricetta delle Zeppole di San Giuseppe a prova di incapacy
Quindi a prescindere da chi vi ha fatto sentire figli*, se un padre biologico, una madre adottiva, uno zio, una vicina di casa, può essere carino portargli/le una cosa buona da mangiare: