I fumatori possono farsi portatori inconsapevoli di molecole tossiche per la salute anche quando non hanno in bocca la sigaretta. Gli effetti dei danni del fumo di terza mano sono noti da lungo tempo ma in pochi sanno di cosa si tratta.
I fumatori possono farsi portatori inconsapevoli di molecole tossiche per la salute anche quando non hanno in bocca la sigaretta. Gli effetti dei danni del fumo di terza mano sono noti da lungo tempo ma in pochi sanno di cosa si tratta.Mai sentito parlare del fumo di terza mano? Se di primo acchito vi vien di giudicarla robaccia, c’avete preso. Ma attenzione: non si tratta di inalare tabacco di ultima scelta, ma di una specifica declinazione – studiata da decenni, eppur poco conosciuta ai più – del fumo passivo e dei suoi rischi sulla salute della collettività.
Il fumo di prima, seconda e terza mano
A colpo d’occhio, potremmo rappresentare così cosa gli esperti intendono quando si riferiscono al
- fumo di prima mano:
(Costui sta danneggiando la propria salute a causa del suo gesto di fumare)
- fumo di seconda mano (comunemente inteso come fumo passivo):
(Subisce i danni di fumo di seconda mano chiunque si trovi nello stesso ambiente in cui è presente una persona che sta fumando)
- fumo di terza mano:
(?)
Ok, questa va spiegata: gli ambienti chiusi privati o pubblici e pur in presenza di leggi che vietino esplicitamente il fumo - come le stanze di un’abitazione o un albergo, un’automobile o le sale di cinema o teatri - possono contenere livelli di inquinamento da prodotti derivati dalla combustione di tabacco che giacciono depositati sulle superfici o si trovano nell’aria che vengono inconsapevolmente assunti per via inalatoria, per contatto o ingeriti dai frequentatori di quell’ambiente.
Mentre siamo al cinema è come se avessimo nei dintorni un tizio che fuma da 1 a 10 sigarette
Accade così: quando è buio in sala, occupiamo il posto 8 fila F del nostro multisala preferito (e senza più l’obbligo di mascherina al cinema), attingiamo a più mani con le amiche dal sacchetto maxi di popcorn mentre scorrono le sequenze del film d’azione votato a maggioranza nella chat “Quelle del sabato sera”.
Non avvertiremo alcun fastidio alle narici, nessun odore forte di sigaretta perché nessuno sta contravvenendo alle norme. Potremmo, per curiosità, girarci e guardarci intorno senza individuare chi tra il pubblico sia un fumatore, convivente o frequentatore di un fumatore e ancora potremmo spremere le meningi per immaginare a quanti altri sia venuto in mente di vedere lo stesso film in quelle stesse poltrone nelle ore e giorni precedenti e non indovineremmo mai se ad altri spettacoli ci fosse un numero maggiore o minore dei soggetti sopraelencati. Ma nel mentre di questi pensieri fuori contesto, noi e le nostre amiche al cinema avremo già subìto i danni del fumo di terza mano.
Com’è possibile? I composti prodotti dal fumo di tabacco possono infiltrarsi in ambienti anche ben ventilati e dove il fumo è bandito perché veicolati proprio dalle persone che, entrando e uscendo, trasportano e depositano attraverso la propria pelle, i capelli, ma soprattutto i vestiti, particolati dannosi per la salute.
Nel 2020 su Science è apparso uno studio che ha valutato i livelli e i componenti dell’inquinamento indoor di un cinema di Mainz con risultati piuttosto sorprendenti: i ricercatori dell’università di Yale hanno posizionato negli impianti di areazione degli apparecchi in grado di catturare la quantità e tipologia di particelle tossiche disperse nell’aria della sala registrando in 4 giorni almeno 35 sostanze contaminate correlate al fumo di sigaretta tra cui composti tossici come il benzene e la formaldeide.
Per rendere meglio l’idea, l’ingegnere ambientale che ha guidato lo studio, Drew Gentner, ha stimato che nel corso della visione di un film d’azione (considerando quindi una pellicola che attrae un pubblico prevalentemente adulto e maggiormente a contatto diretto con fumatori) si è esposti all’equivalente di chi si siede di fronte a un fumatore che si acceso da una a 10 sigarette. Anche altri componenti come il butadiene, l’acido cianidrico e l’ammoniaca possono essere individuati nella “fase gassosa” del fumo di sigaretta, ossia nel periodo in cui le molecole liberate dalla combustione dell’estremità della sigaretta che brucia si riversano nell’ambiente.
Un modo per ‘fiutare’ la gravità del pericolo però c’è, ad esempio, quando sentiamo l’odore di ‘tabacco’ addosso ai nostri interlocutori fumatori quando non sono impegnati nel loro vizio: non stiamo annusando, infatti, il mix di sostanze che il tabagista trascina con sé, ma la quantità di contaminanti che il tabagista sta riversando intorno a sé e anche su di noi: questo processo, come lo definisce Peter DeCarlo, un esperto di inquinamento atmosferico della Johns Hopkins University, è detto “off gassing”.
Fumo di terza mano: quante molecole carcinogene nell’abitacolo dell’auto!
A livello scientifico e sanitario non sono nuove le conoscenze che hanno anche incalzato l’approvazione di norme per tutelare i non fumatori e i soggetti più a rischio, tra cui i bambini. I componenti principali che determinano l’inquinamento da fumo di tabacco di terza mano – riporta un interessante approfondimento a opera della Società italiana per lo studio della aterosclerosi - sono nicotina (prodotto presente in maggiore quantità), fenoli, cresoli, naftalene, etenil-piridina, formaldeide e nitrosamine tabacco-specifiche. Alcune di queste sostanze interagiscono a contatto con gas presenti naturalmente nell’ambiente aumentando il numero di composti classificati come carcinogeni.
L’automobile è considerata un ambiente particolarmente insidioso sul fronte dei danni da fumo di terza mano: è stato rilevato in numerosi studi che per le dimensioni ridotte dei suoi interni e per i
materiali, come i rivestimenti dei sedili particolarmente ‘assorbenti’, si possono concentrare in una utilitaria sostanze tossiche fino a 20 volte superiori di quante ne presenti un locale domestico. Le conseguenze sulla salute più importanti riguardano un aumento delle malattie di carattere respiratorio - anche nei bambini - come l’asma o forme di bronchite e l’aumento, come sopra accennato, del rischio di neoplasie mentre a livello circolatorio aumenta il rischio di aterosclerosi.
Scelte personali, preoccupazioni collettive
Chiariamoci, fumare anche una sola sigaretta al giorno è un gesto che con l’abitudine c’entra quanto un lapsus mentre parliamo a sproposito: la nicotina è una molecola in grado di creare dipendenza e chi ha superato la fase dello “Smetto quando voglio” conosce bene quanta fatica occorre per uscirne da soli o grazie all’aiuto specializzato sicuramente efficace per riuscire a spegnere l’ultima sigaretta.
Il tabagismo riguarda oggi una persona su 4 in Italia in un trend che vede nel post pandemia più uomini quante donne per un + 2% rispetto al 2019 avvicinarsi al consumo della classica bionda come all’uso di dispositivi a tabacco riscaldato. Il quadro normativo del nostro Paese ha da tempo posto l’Italia come esempio per le sue leggi avanzate nella lotta al tabagismo e nella difesa dei non fumatori dai danni del fumo passivo:
- E’ del 1975 una legge che vieta di fumare nei corridoi degli ospedali, sui mezzi di trasporto pubblico e nei locali scolastici.
- Con la Legge Sirchia del 2003 si è messo definitivamente uno stop al fumo in tutti i luoghi pubblici al chiuso.
Anche in Germania esiste una legge che dal 2007 vieta di fumare nei luoghi pubblici al chiuso eppure lo studio svolto nel cinema di Mainz, graziosissima città tedesca sul fiume Reno, dimostra che alla normativa vanno affiancati i comportamenti di ciascuno affinché tutti siano più protetti.
Insomma, se è un privato inganno credere di poter smettere di fumare quando si vuole, diventa pubblica preoccupazione riconoscere che di fumo passivo non si riesce a farne a meno neanche con le migliori intenzioni.