Noi italiani facciamo vanto delle nostre famiglie allargate e del nostro spirito estroverso, ma è un ritratto che corrisponde sempre meno alla realtà. La solitudine è una presenza sempre più ingombrante nella nostra società.
Noi italiani facciamo vanto delle nostre famiglie allargate e del nostro spirito estroverso, ma è un ritratto che corrisponde sempre meno alla realtà. La solitudine è una presenza sempre più ingombrante nella nostra società.Il 9 novembre 2022, poco dopo le 7 del mattino, una forte scossa di terremoto al largo di Ancona è stata avvertita dalla popolazione e ha lievemente danneggiato decine di edifici. Una donna ha telefonato alla madre 78enne per accertarsi che la situazione fosse sotto controllo. Dopo diversi tentativi a vuoto, ha allertato il 112. Le forze dell’ordine hanno potuto solo confermare il peggiore dei sospetti: la donna era morta da almeno due mesi. Nessuno l’aveva cercata: abitava da sola, non aveva parenti in zona. Sarebbe vagamente confortante bollare questo episodio come fuori dal normale, ma la verità è che basta una ricerca sui giornali per trovarne molti altri. La definizione con cui vengono contrassegnati è sempre la stessa, dramma della solitudine. Sono casi estremi, senza dubbio; ma il substrato da cui hanno origine, la solitudine appunto, è una costante nella nostra società.
Quanti italiani vivono da soli
Soprattutto quando ci paragoniamo agli abitanti di altri Paesi, noi italiani ci teniamo a esaltare il nostro spirito conviviale, raccontando con una certa fierezza delle nostre chiassose famiglie allargate, delle lunghe tavolate imbandite per le feste, dei quartieri in cui tutti conoscono tutti. Questa, però, è soltanto una parte della realtà.
La stessa concezione di famiglia, a pensarci bene, è ormai molto lontana dall’immaginario con cui siamo cresciuti. Basta sfogliare il Rapporto annuale 2022 dell’Istat per scoprire che in Italia, ormai, un nucleo familiare su tre è composto da una persona sola. Nel biennio 2000-2001 la percentuale era ben inferiore, uno su quattro. Aumenta anche il numero di genitori single che vivono con uno o più figli; ormai un nucleo familiare su dieci è fatto così. Stabile la percentuale di coppie senza figli (il 18,9 per cento), mentre crolla quella di coppie che vivono con i figli: era del 42,3 per cento dieci anni fa, oggi è del 31,2 per cento. Tradotto, la cosiddetta “famiglia tradizionale”, tanto rappresentata nelle serie tv e nella pubblicità, è una minoranza. E lo sarà sempre di più: continuando su questo trend, nel 2045 le coppie senza figli potrebbero superare quelle con figli. Anzi, sarebbe forse più corretto parlare al singolare, visto che le donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni residenti in Italia hanno in media 1,24 figli ciascuna.
Come ha inciso la pandemia sulle reti sociali
Ciò significa che una persona single, o due partner che per vari motivi non possono o non vogliono diventare genitori, sono da considerare a prescindere come persone sole? Certo che no: sarebbe una semplificazione piuttosto barbara e in gran parte scorretta. Quello che ci suggeriscono questi dati, però, è che nell’Italia della nostra epoca non è detto che ciascuno abbia fisicamente al proprio fianco qualcuno su cui contare. I rapporti sociali non possono essere dati per scontati ma, al contrario, vanno costruiti e mantenuti nel tempo.
Cos’è successo allora durante il primo lockdown, quello in cui da un giorno all’altro ci siamo trovati rinchiusi in casa per decreto? Per chi aveva già una rete su cui contare, niente di che. “Il distanziamento fisico non si è tradotto in distanziamento sociale e i rapporti con parenti e amici sono stati coltivati a distanza, telefonicamente o tramite videochiamate, spesso dedicando a questa modalità di interazione più tempo che in passato”, si legge nel rapporto Istat. Anzi, “la resilienza delle relazioni con parenti e amici, così come la solidità delle reti di aiuto informale ha rappresentato un punto di forza nella gestione del periodo pandemico”. Tant’è che, non appena sono state allentate le restrizioni, molti ne hanno approfittato per tornare a vedere di persona i propri cari. Non tutti, però; circa la metà degli adulti, per timore del contagio, ha preferito ridurre la frequenza degli incontri rispetto a prima.
Quanta solitudine nella nostra società
Come ricordato, però, questa descrizione si applica a chi una rete di amici e parenti ce l’aveva già. Che dire invece di tutti gli altri? Per loro, superare la pandemia è stato ben più difficile. “Un milione e 300mila persone affermano di non avere nessuno su cui poter contare e un cittadino su tre dichiara di sentirsi più solo di prima della pandemia: è accaduto più frequentemente a quanti già soffrivano di solitudine, andando a inasprire condizioni di maggiore vulnerabilità e pregresse criticità”; scrive l’Istat. Per avere un termine di paragone, un milione e 300mila persone sono i residenti del comune di Milano, il secondo più popoloso in Italia dopo Roma.
Una rilevazione condotta da Noto sondaggi per il Sole24Ore nell’autunno del 2020 ci conferma che il 55 per cento degli italiani soffre di solitudine, più tra le donne che tra gli uomini, più al sud che al nord. E aggiunge un dettaglio inaspettato. La percentuale di coloro che dichiarano di sentirsi spesso soli è inversamente proporzionale all’età. Si attesta infatti al 21% tra gli over 55, al 29% nella fascia 35-54 anni e addirittura al 32% tra i giovani di età compresa fra i 18 e i 34 anni (in pratica, uno su tre). È soltanto una questione di percezione, perché magari gli anziani hanno fatto l’abitudine a una vita solitaria e la patiscono meno? È una contingenza momentanea, perché il sondaggio è stato effettuato durante la seconda ondata pandemica? Difficile dirlo. Ma è pur sempre un dato che si incrocia con tanti altri. Dimostrandoci quanto la solitudine, silenziosamente, faccia parte della nostra realtà, anche laddove non ce lo aspettiamo.
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