Dopo tanti anni di relazione può capitare di sentirsi soli, anche in coppia. Come mai succede? Come affrontare la situazione? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Carbone, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.
Dopo tanti anni di relazione può capitare di sentirsi soli, anche in coppia. Come mai succede? Come affrontare la situazione? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Carbone, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.La solitudine nel matrimonio è una realtà che caratterizza un gran numero di coppie, anche se c’è tanta reticenza sull’argomento. Pensate, per esempio, ai vostri genitori: vi è capitato di notare tra loro momenti di disunione, al punto da vederli come due individui separati in casa? Due estranei che condividono solo un tetto (a volte neanche più il letto) e le spese?
Quante di queste coppie sarebbero propense a fare terapia? Abbiamo scelto di affrontare la questione con la dottoressa Elena Carbone, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, e grande esperta di terapia di coppia (potrete seguirla su Instagram al profilo @lapsicologavolante).
Solitudine nel matrimonio: una realtà molto diffusa
Solitudine nel matrimonio: come possiamo definire questa condizione così contraddittoria?
Iniziamo con il dire che la solitudine è una sensazione più soggettiva che oggettiva, spesso si può esperire questo stato d’animo anche in mezzo ad altre persone, perché è più una condizione di mancanza di connessione che di reale isolamento.
È facile immaginare come all’interno del matrimonio spesso si arrivi a non essere più in sintonia con il/la partner. Dopo la cosiddetta “luna di miele” in cui esiste solo la coppia, ogni partner riprende in mano tutto ciò che lo riguarda come singolo individuo: il lavoro, gli interessi, i doveri, le amicizie, i progetti individuali.
Se non si trova un punto d’incontro, se non c’è partecipazione ognuno nella vita dell’altro con sostegno, vero interesse, complicità è facile cadere nella separazione più totale in cui ognuno porta avanti la sua vita in modo scisso dall’altr*.
Spesso vengono create delle occupazioni che ci portano lontani emotivamente gli uni dagli altri come abusare dei social media, avere dei progetti di cui non si porta a conoscenza l’altra persona, utilizzare il lavoro come scusa per non trascorrere del tempo insieme o strumentalizzare la stanchezza per non creare dei momenti di intimità.
Perché ci si sente soli in coppia
Perché capita di percepirsi soli? Dipende dall’assenza del partner? Di amore, considerazione e interesse da parte dell’altro?
Più che amore, direi che le parole chiave sono proprio considerazione e interesse. L’amore da solo non basta, è necessario sentirsi parte della coppia, sentire di avere dei valori, dei progetti, degli interessi in comune.
Nel momento in cui ci si sente isolati dall’altr*, in cui non si condivide più lo stesso linguaggio, ma anche le stesse prospettive, ci si sente scissi e quindi sol*.
Spesso in terapia di coppia emerge quanto sia importante essere riconosciuti nel proprio ruolo di coniuge. Anche svolgere insieme dei compiti noiosi come prendere delle decisioni sulla scuola dei figli o decidere il budget per le vacanze o definire insieme la stessa linea educativa, possono essere delle attività che creano sintonia e complicità.
Possono sembrare sciocchezze, ma la vita è fatta di piccole cose e condividerle con il/la nostr* partner è il minimo che possiamo fare per farl* sentire considerat*. Non è tanto l’assenza fisica a far sentire sol*, ma quella emotiva.
Ricevere domande su com’è andata la giornata, se ci siamo divertit* alla partita o rendersi disponibili ad ascoltare i problemi lavorativi ci rende connessi all’altr* e sicuri dell’importanza che l’altro ci attribuisce se vuole spendere del tempo con noi per sapere veramente come stiamo! Se invece l’altr* non si interessa ci sentiremo trascurat* e sol*.
Cos’è la disconnessione emotiva?
La disconnessione emotiva, chiamata anche neglect emotivo, è un vero e proprio abuso emotivo. Si tratta del rifiuto di supportare, creare intimità emotiva e spesso anche solo parlare o essere interessati all’altr*.
Si può articolare su più fronti:
- non condividere problemi o progetti con il partner, tenendo il proprio mondo esperienziale separato da quello del coniuge;
- non emozionarsi quando il partner parla di qualcosa che gli/le è accaduto e che reputa importante;
- non impegnarsi a risolvere il conflitto così che l’altro rimanga il sol* a fare lo sforzo di trovare un punto d’incontro;
- non aver più voglia di trascorrere del tempo insieme;
- la mancanza di interesse per il sesso e l’intimità.
In poche parole: trascurare l’altro e negarsi emotivamente
Stare insieme per tutta la vita è un concetto generazionale o attuabile ancora oggi? Oppure, quando ci si rende conto di essere cambiati come singoli individui, è meglio prendere strade diverse?
Durante le relazioni di lunga durata si cambia inevitabilmente come singoli individui, ma questo non vuol dire che non si possano trovare dei punti d’incontro. Dopo aver scoperto che abbiamo bisogni e desideri diversi da prima, possiamo cercare di passare dall’IO al NOI mettendo in atto trasformazioni mentali, relazionali e simboliche che abbiano come scopo un nuovo equilibrio, un nuovo patto, un nuovo impegno di co-costruzione. Se uno dei due coniugi ha già costruito un’alternativa fuori, se la delusione nei confronti del partner è troppa, se non c’è la motivazione a riparare o se si prova disgusto per l’altr* qualsiasi terapia di coppia sarà inefficace e sarà più proficuo per entrambi iniziare un percorso di sostegno psicologico per lasciarsi senza troppi strascichi.
I figli possono essere un fattore di unione, ma anche di disunione. Perché, quando diventano grandi, può succedere di vedere il proprio partner quasi come fosse uno sconosciuto?
I progetti di una coppia dovrebbero essere di coppia appunto, se è tenuta insieme dai figli è già un matrimonio destinato a sciogliersi quando questi ultimi non saranno più in casa. Spesso, durante la crescita dei figli, ci si concentra solo su di loro, sui doveri, sul ménage famigliare e non si coltiva più il legame tra coniugi, così quando i figli escono dal nido i due partner non si conoscono più. Questa modalità non solo danneggia i singoli componenti della coppia, che sacrificano la loro felicità facendo finta che non ci siano problemi da risolvere, ma può causare seri danni anche ai figli che sentono di essere un collante, e che potrebbero scegliere di non dedicarsi mai alla loro vita per reggere un compito tanto ingrato quanto sproporzionato alle loro forze.
Come ritrovare l'intesa nella coppia di lunga data
Spegnere la TV, rompere la routine, fare cose diverse, che non si erano mai fatte insieme. Cosa si può fare per ritrovare l’intesa quando si sta insieme da molto tempo?
Si può iniziare dal prestare attenzione all’altr*, dallo scambiarsi informazioni su libri, canzoni, pietanze preferite, ma anche informazioni su desideri, problematiche lavorative, tensioni così da ricostruire una solida conoscenza dei mondi reciproci che possono essere cambiati nel tempo. Come secondo passo, si può rispondere positivamente alle sollecitazioni dell’altr* con attenzione, affetto e risate che possono accrescere la connessione emotiva, dedicandovi pochi minuti al giorno per chiedere all’altro come sta, per condividere qualcosa di divertente o per scambiarsi tenerezze. Come terzo step inserirei la creazione di significati condivisi dando un nuovo significato anche ai piccoli gesti routinari. Con il passare del tempo le abitudini di coppia possono svuotarsi di significato e diventare una mera ripetizione di gesti. Riflettere sull’importanza di questi gesti, sul senso condiviso e sul valore che vogliamo attribuire loro, è un ottimo modo per creare connessione emotiva.
Quale può essere il valore aggiunto della terapia di coppia?
La terapia di coppia permette ai partner di ritrovare dentro sé stessi le strategie più idonee per agire nella realtà interna ed esterna, con l’obiettivo di imparare a gestire conflitti presenti e futuri e approfondire traumi che spesso rimangono inespressi, e quindi irrisolti, e che possono influenzare la serenità della coppia.
Anche le coppie più stabili possono subire uno stallo nella loro relazione: la terapia di coppia aiuta a far emergere le criticità che spesso sono sommerse da una quotidianità caratterizzata da un’assenza di litigi che però non è il frutto di una serenità relazionale, ma di una disconnessione emotiva.
La terapia di coppia ha anche il compito di aiutare a gestire i conflitti, di lavorare sugli elementi che minacciano la serenità della coppia, di far emergere bisogni e desideri e di aiutare i partner a confrontarsi e ritrovare un nuovo equilibrio dopo la crisi.
Qual è la difficoltà più grande riscontrata nelle coppie che fanno terapia? La mancanza di comunicazione, per esempio?
Sicuramente la comunicazione è un aspetto molto importante perché permette di condividere le proprie emozioni, gli aspetti importanti della propria vita, permette di fare richieste, senza aspettarsi che vengano esaudite grazie alla lettura del pensiero, insomma è fuor di dubbio che una buona comunicazione consenta di ridurre il risentimento e aumentare la fiducia.
Ma, anche Gottman, psicoterapeuta di coppia di fama mondiale, si è reso conto che insegnare le tecniche di comunicazione efficace in coppia non funziona. In primis, perché la coppia in crisi è attivata emotivamente, quindi non disponibile all’apprendimento; in secundis, perché queste tecniche non risolvono la radice dei problemi.
Molto più proficuo comprendere i bisogni emotivi dei partner e insegnare loro come capire quando stanno emergendo e come accoglierli disattivando il conflitto.
Qual è l’età media di chi fa terapia di coppia in Italia?
L’età media delle coppie che viene nel mio studio è di 35 anni, ma spesso chiedono un consulto anche le coppie più giovani, attorno ai 20 anni. Noto che sono sempre più gli uomini a cercare aiuto da un professionista della salute mentale e c’è, per fortuna, sempre meno disagio nel contattarci.
Ormai è noto che sia meglio agire in modo tempestivo e non aspettare che la situazione si cronicizzi al punto tale da non sopportarsi più a vicenda. Quindi l* psicoterapeuta di coppia sta diventando la figura che viene interpellata per prima, al contrario di anni fa quando si andava in terapia di coppia dopo anni di litigi e dopo aver consultato tutti, dal medico al parroco, considerando l* psicoterapeuta l’ultima spiaggia.
Attenzione all'amore tossico
Perché è più difficile abbandonare un partner tossico?
Si parla spesso di partner tossico, ma è una definizione che non viene usata nella pratica clinica perché la coppia è un insieme in cui hanno la stessa importanza e lo stesso peso entrambi i componenti.
Per lasciare un partner ci vuole coraggio perché non si lascia solo una persona, ma tutto ciò che si è costruito insieme, si lascia l’idea di sé in quella relazione, si abbandonano i progetti e ci si butta a capofitto in una libertà che predispone ad avere tutto, ma anche nulla.
Si deve partire dal capire cosa si desidera e cosa non rispecchia le nostre esigenze; è necessario comprendere quanto la relazione di coppia ci abbia allontanato dalla nostra indole, quanto quindi ci abbia indotto ad essere un tipo di persona piuttosto che un’altra.
Sicuramente, se si parla di violenza: domestica, psicologica, comportamenti controllanti e maltrattanti, è necessario chiedere aiuto alle associazioni e ai professionisti perché spesso si ha paura per sé, per i figli e non si hanno le disponibilità economiche per andarsene.
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