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PEOPLE: L'ATTUALITA'
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Vecchiaia per principianti, i consigli per vivere al meglio questa nuova età

Invecchiare è inevitabile, ma possiamo scegliere come farlo e quale terza (o quarta) età vivere. Il dottor Alberto Cester ci guida alla scoperta del nuovo mondo over 70.

Invecchiare è inevitabile, ma possiamo scegliere come farlo e quale terza (o quarta) età vivere. Il dottor Alberto Cester ci guida alla scoperta del nuovo mondo over 70.

«Penso che sia un errore pensare che solo la giovinezza meriti di essere vissuta». Una frase chiave del pensiero di Alberto Cester, medico chirurgo, specialista in geriatria e fisiatria, ma soprattutto autore di Vecchiaia per principianti (Editori Laterza). La teoria alla base del libro è che davanti alla vecchiaia, siamo tutti dei principianti. Si impara a relazionarsi con quello che Cester chiama “il tradimento del corpo” e con un tempo nuovo, diverso, che può diventare anche angosciante, ma che va vissuto.

Ecco alcune strategie per fare della vecchiaia un'età florida, ricca di possibilità.

Quando inizia la vecchiaia

Tutto ciò che sapevamo della vecchiaia è passato, finito. Con l'aumentare del benessere e il miglioramento delle condizioni di salute, la soglia della cosiddetta terza età si è spostata sempre più in là, tanto che oggi si parla anche di quarta età.

Nel 2010 – quindi già dieci anni fa – un'indagine presentata alla London School of Economics, condotta intervistando oltre 12mila over 65 in diversi Paesi, ha messo in luce che due ultra 65enni italiani su tre dichiaravano di non sentirsi affatto “anziani”. Quattro su dieci pensavano che la vecchiaia inizi davvero solo dopo gli ottant'anni.

«I nostri progenitori a 45 anni sembravano già vecchissimi – spiega Cester, che mette in guardia – il giovanilismo può diventare tuttavia anche una patologia. L'idea di mantenersi giovani va fatta seguendo il motto cum grano salis».

La vecchiaia è anche un momento in cui si raccoglie ciò che si è seminato. «Chi ha avuto una buona vita, ricca di soddisfazioni e relazioni personali, è una persona posata e in linea con l'idea di invecchiare ancora, amando la vita. La verità è che tutti invecchiamo, ma la qualità di questo momento dipende anche, ma non solo, dalla genetica e dal livello di soddisfazione e di proposizione personali, dal vedere più in là, dal fare progetti, dall'essere se stessi».

Non più una sola vecchiaia

C'è chi sceglie di sedersi in poltrona e lamentarsi. Ma c'è chi vive questo momento della vita in modo attivo, inatteso, in fermento. Basti guardare il moltiplicarsi di influencer over 50 e di canali come Sciuragram, dedicati alle over 70. Ci sono gli anziani che si mettono in viaggio da soli e postano a manetta o personalità come la mitica Iris Apfel, che a 98 anni è ancora un'icona di stile e di vita come poche ce ne sono al mondo.

«Indubbiamente l'esistenza è fatta di individualità – sottolinea Cester – Quando uno ha un modello di vecchiaia favorevole, invecchia meglio». Bisogna distinguere tre elementi: la vecchiaia biologica, l'età cronologica e quella percepita. Tanto fa la genetica, ma anche il rispetto del corpo: «È bene vivere in moderazione, concedendosi qualche piccolo eccesso: in fondo sono proprio questi ultimi che rendono la vita degna di essere vissuti».

Scegliamo che vecchiaia vivere

I comportamenti virtuosi dal punto di vista alimentare, il non fumare, il non bere, il riposare bene, il fare attività fisica, possono fare la differenza. Anche se si decide di rigare dritto da adulti. «L'epigenetica ci ha dimostrato che se si arriva in condizioni non favorevolissime, assumere comportamenti virtuosi aiuta rispetto a chi non cambia atteggiamento». Tutto il resto è fortuna, genetica, ma l'imprinting dei modelli di vita salutari, il mangiare poco, l'evitare bibite gasate, esagerazioni con dolci ed altri cibi spazzatura possono cambiare le carte in tavola.

Il tradimento del corpo

La mente è vigile, abbiamo tanta voglia di fare, ma se il corpo non regge più certi ritmi, se le articolazioni ci danno problemi, che fare? È il cosiddetto “tradimento del corpo”, che va vissuto con compassione e attività. Grazie alla tailored medicine si può scegliere l'attività fisica che più si adatta al proprio corpo. «Il movimento, il cammino veloce, la cyclette, il nordic walking, il tai chi che lavora sul riequilibrio e il potenziamento muscolare sono alcune delle attività consigliabili in questo momento della vita».

Quando sopraggiunge la malattia, il consiglio dello specialista è accettarla: «è la maniera migliore per sopravvivere. Chi lo fa è più sereno». «Dopo un infarto si pensa solo a dire “sono guarito”, ma il concetto è che, se è successo, significa che le coronarie sono malate. Dobbiamo rivedere il concetto di guarigione».

Poi ci sono i tradimenti della mente, quelle piccole défaillance che possono metterci in allerta. Cester è chiaro al riguardo. «Se non sono grandi tradimenti, non devono destare preoccupazione. Se diventano rilevanti, bisogna parlarne con il proprio medico per fare delle valutazioni specialistiche».

Foto: kzenon  © 123RF.COM

Cosa migliora da vecchi

Se l'età anagrafica dice che abbiamo superato i 70 anni, si hanno tante strade davanti. Diventare vecchi lamentosi oppure darsi da fare. Cester è chiaro al riguardo: possiamo fare ancora tanto. «Uno, non bisogna perdere la progettualità. Bisogna stimolare la propria mente in tutti i modi, con l’enigmistica, coltivando relazioni sociali, frequentando il cinema o il teatro, seguendo indoli e passioni personali. E, se non si hanno passioni, è il momento di trovarne di nuove. Ci si può dedicare alle attività sportive o a iniziative caritatevoli».

L'elemento chiave in questa fase della vita è la cultura, un fattore che sembriamo aver dimenticato. «L'aggressività e l'ignoranza stanno diventando un passaporto esistenziale. Ma pensare solo a se stessi non basta». Come non si finisce mai di imparare, non si finisce mai di diventare vecchi.

Solitudine, una vera epidemia

«Un vecchio su quattro vive da solo. Questo è un vero problema, che va risolto anche ripensando la città». Il dottor Cester cita la teoria di Sir Michael Marmot che mette in connessione la periferia con la salute umana. Chi vive più distante dal centro riscontra un peggioramento della longevità. «La redditualità, il contesto che socializza urbanisticamente meglio, l'avere più cultura aiutano ad invecchiare bene. Anche se può sfociare in comportamenti patologici» quali il giovanilismo o il ritocchino chirurgico compulsivo.

«Che possibilità reali abbiamo di vivere mille anni?» chiede Mark O’Connell, giornalista e autore del libro Essere una macchina (Adelphi), ad Aubrey de Grey, biochimico e biogerontologo con onorificenza a Cambridge: «Qualcosa più del 50%” risponde il secondo; “molto dipenderà dai finanziamenti». I seguaci del transumanesimo, persone convinte che la tecnologia permetterà di riscrivere il confine fra la vita e la morte, sembrano affermare, giorno dopo giorno, progresso dopo progresso, che vivere per sempre sarà un giorno (nemmeno troppo lontano) possibile.

«Io non sono così ottimista – ribatte Cester –. Baumgartner studioso dice che siamo progettati per una longevità potenziale compresa tra i 115 e i 130 anni. Attualmente la speranza di vita è di 81 anni per gli uomini e 86 anni per le donne. Solo quando la speranza di vita si avvicinerà alla longevità potenziale, potremo pensare di avvicinarci all'immortalità. Ma io credo che siamo datati e databili, abbiamo una nostra data di ingresso e di uscita. Possiamo predeterminarla, ma il più delle volte è imprevedibile». Il massimo che possiamo fare è goderci il tempo e farne, in ogni condizione, il nostro miglior alleato.

Foto apertura: Ruslan Huzau  © 123RF.COM