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Glossario dello spettro autistico: dal masking all'ecolalia

Per capire un po’ meglio una condizione complessa come l’autismo, iniziamo scegliendo le parole giuste. Ecco un breve glossario. 

Per capire un po’ meglio una condizione complessa come l’autismo, iniziamo scegliendo le parole giuste. Ecco un breve glossario. 

Ci sono realtà che fanno parte del nostro mondo ma che, nonostante ciò, conosciamo ancora in modo superficiale e talvolta stereotipato. Per esempio, l’autismo. Già il solo fatto di chiamarlo “autismo”, al singolare, denota una certa semplificazione: è più opportuno parlare di disturbi dello spettro autistico, perché sotto questo cappello coesistono condizioni molto eterogenee che si manifestano in modo diverso a seconda della persona e della sua età. Un’altra cosa importante da chiarire è che l’autismo non è una malattia, bensì un disturbo del neurosviluppo, così come – per esempio – il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). Per capire un po’ meglio questo mondo così complesso e al tempo stesso così vicino, partiamo proprio dalle parole giuste da usare

Asperger

L’attivista Greta Thunberg, l’imprenditore Elon Musk e la scrittrice Susanna Tamaro sono soltanto alcune delle celebrità che hanno dichiarato di avere la sindrome di Asperger. In realtà, questa terminologia è caduta in disuso: oggi si parla di autismo di livello 1 (leggero e dunque definito “ad alto funzionamento”), di livello 2 (che ha maggiori difficoltà nelle relazioni sociali e dunque richiede un supporto più strutturato) e di livello 3 (grave). 

Stereotipie (stimming)

Uno dei criteri principali per poter diagnosticare l’autismo è la presenza di stereotipie, cioè comportamenti ripetitivi e talvolta bizzarri per un neurotipico: si va dai movimenti (battere le mani, ondeggiare il capo e così via) fino alle routine da seguire in modo ferreo (per esempio pranzare con lo stesso piatto ogni giorno) o agli interessi che monopolizzano qualsiasi dialogo (un po’ come l’Antartide per Sam, l’adorabile protagonista di Atypical). 

Ecolalia

L’ecolalia è la ripetizione delle parole pronunciate da qualcun altro, senza però comprenderne il senso. Fino ai tre anni di età è normale, perché è funzionale all’apprendimento del linguaggio; con la crescita, diventa un segnale di un disturbo psichiatrico o del neurosviluppo. In particolare, merita attenzione quando non è immediata bensì differita: ciò significa che la persona ripete fra sé e sé parole e frasi anche a distanza di ore da quando le ha ascoltate. 

Meltdown

Nella comune vita sociale, ci sono situazioni che rappresentano un sovraccarico che una persona autistica non sa gestire: troppe richieste, troppi stimoli sensoriali, cambiamenti inaspettati, un ambiente confusionario, rumoroso, affollato, in cui accadono troppe cose contemporaneamente. Una possibile reazione è il meltdown (crollo): nei casi peggiori la persona urla, piange, diventa aggressiva, si rinchiude in se stessa. È un episodio doloroso e traumatico che talvolta, per autodifesa, viene cancellato dalla memoria.

Trigger

Il trigger è il fattore di innesco di una crisi. Sarebbe banalizzante descriverlo come un qualcosa che dà fastidio alla persona autistica, perché in realtà il suo impatto è molto più profondo: il trigger è un contesto, una persona, una richiesta o uno stimolo che porta con sé un significato emotivo particolare e quindi scatena una reazione di panico, rabbia e autodifesa.   

Shutdown

Se con il meltdown la persona autistica “esplode”, con lo shutdown ha una reazione opposta: si spegne. Nell’impossibilità di gestire troppi stimoli in contemporanea, si blocca, estraniandosi dal proprio corpo e restando per un certo periodo zitta e immobile, come indifferente a tutto ciò che la circonda. È fondamentale che le persone attorno a lei riconoscano e rispettino questa condizione, evitando di forzarla ad agire o parlare.

Masking o camouflage

La vita con l’autismo è intrinsecamente faticosa perché impone di mettere in atto in continuazione tecniche di masking (anche detto camouflage). In sostanza, la persona finge di essere neurotipica, imitando i comportamenti altrui e mettendo in scena dei “copioni”; per esempio forzandosi di guardare negli occhi gli altri, di camuffare le stereotipie, di partecipare alle conversazioni. Tutto questo rappresenta uno sforzo immenso che, alla lunga, può portare a una crisi.

Burnout autistico

Anche il burnout autistico è una crisi che si genera in seguito a un eccesso di richieste divenuto insostenibile o a un periodo in cui il masking ha prosciugato le energie. A differenza del meltdown e dello shutdown che sono episodi momentanei, però, il burnout autistico può durare per settimane, mesi o addirittura anni. È uno stato di esaurimento fisico e mentale in cui la persona sembra vivere una regressione, diventando più suscettibile agli stimoli e perdendo alcune abilità acquisite. 

Alto funzionamento

Si parla di autismo ad alto funzionamento (o leggero) quando la persona ha un quoziente intellettivo nella norma – o, in alcuni casi, superiore – e riesce a parlare e interagire con gli altri. Durante l’infanzia però si iniziano a notare alcuni comportamenti apparentemente eccentrici: il bambino fatica a fare amicizia, tiene gli occhi bassi, non riesce a interpretare le emozioni altrui, reagisce con enorme ansia e stress a cambiamenti anche piccoli. 

Foto copertina: Michał Parzuchowski/Unsplash