Dal pranzo in famiglia di una volta alla pausa pranzo moderna: a spasso nel tempo con Lucia Del Pasqua.
Una settimana fa negli spogliatoi della piscina ho assistito ad una conversazione che mi sarebbe tanto piaciuto fosse stata surreale: una mamma stava sgridando sua figlia, una bambina delle Scuole Elementari, che in pausa pranzo aveva mangiato ben due piatti e mezzo di pasta, borbottando inoltre che i pasti dovrebbero essere composti o da un primo o da un secondo, e non da entrambe.
La bimba era assolutamente normopeso. Posto il fatto che non conoscevo le condizioni della figlia, ma se fosse stata “normale”, la mamma sarebbe stata da prendere a calci nel sedere. Né più, né meno.
Questo episodio mi ha fatto pensare a me da piccola, alle mie pause pranzo a scuola e in famiglia, che avevano tutte gli stessi comuni denominatori: dovevo mangiare tanto, tutto, e si doveva stare insieme.
Dite che Suor Gemma o Suor Teresina sapevano qualcosa delle tabelle nutrizionali, dei tecnologi alimentari e dei LARN? Io mangiavo primo, secondo, contorno, frutta e zitti tutti. C’erano pure lo spuntino a metà mattinata (un panino) e la merenda.
Mia nonna mi lasciava mangiare quanto volevo, idem i miei, che non mi hanno vietato manco le schifezze. Ed effettivamente non negandomi nulla, il risultato è che adesso ho un ottimo rapporto con il cibo, ci amiamo serenamente, ecco.
“Devi crescere”, mi dicevano tutti. Sono effettivamente cresciuta in un contesto in cui dovevo mangiare e non fare storie. E più mangiavo e più sarei stata in salute. D’altra parte i nonni hanno fatto la guerra.
Si desinava tutti insieme, dalle Elementari in poi il babbo si faceva chilometri per stare a tavola con me e la mamma, e quando andavo dai nonni, il nonno, che in genere metteva la forchetta nella pastasciutta alle 12, aspettava che arrivassi alle 13,45 per iniziare. Dio solo lo sa quanto fosse difficile per lui.
Insomma il momento conviviale e familiare del pranzo era sacro per i miei genitori, per i miei nonni, e dunque anche per me.
Non esistevano le tovagliette, ma la tovaglia, e nemmeno i tovagliolini di carta, in tavola c’era sempre il vino e le bottiglie non erano di plastica, ma di vetro.
Non esisteva la pausa-pranzo, il pranzo era il pranzo.
Quando sono andata a vivere da sola mi sono abituata alla “schiscetta” al parco, alle pause pranzo con i colleghi, alle insalatone da sola. Non è stato peggio, semplicemente diverso. È stato diverso anche il fatto di notare tutte le restrizioni alimentari che mi aleggiavano intorno, assieme alla parola “dieta”.
Quando ho cominciato a lavorare in ufficio ho dovuto fare i conti con una brutta bestia, con la quale non sono mai andata troppo d’accordo per la mia indole di fare le cose con calma: il tempo.
Mangiare un panino al volo o la pasta scotta davanti al pc diventarono abitudini sempre più comuni. Non per me che piuttosto stavo mezz’ora in più in ufficio la sera.
“Non ho tempo per mangiare”: questa stronzata l’avrò sentita centinaia di volte, mentre rido ancora sotto i baffi, dato che io il tempo l’ho sempre trovato, perché per me è una cosa importante.
Arrivò poi il momento in cui m’imbarcai nel meraviglioso mondo della libera professione e quindi nel tramestio di pentole a casa dalle ore 12.
Back to the past, ma senza papà e mamma.
In compenso anche il mio fidanzato non ha orari fissi, quindi quando possiamo facciamo una cosa davvero retrò: ci aspettiamo, prepariamo il pranzo, apparecchiamo la tavola e mangiamo insieme, per poi sparecchiarla e rimetterci a lavorare.
Non consumo primo e secondo, ma un pasto e un dolcetto, la carne non mi piace più e mi lascio influenzare dal marketing in fatto di polpette vegetariane, ma faccio di tutto per mantenere la tradizione conviviale.
Non ci penso nemmeno a dedicare la mia ora di pausa allo sport, anche perché io alle 12 ho una fame da lupo, ma lo pratico prima o dopo.
E quando ancora oggi i miei genitori sono a Milano e io vado in piscina e torno alle 14, mi aspettano e mangiamo tutti insieme, in famiglia.
Autore: Valentina Mele e Lucia Del Pasqua
Regia: Valentina Mele
Montaggio: Valentina Mele
Grafica: Fabio Danisi
Produzione: TwoShot
Executive producer: Adriana Penati