Da quelle più ovvie a quelle imbarazzanti, le domande della fase dei perché possono diventare una persecuzione: ecco qualche consiglio per gestirle.
Da quelle più ovvie a quelle imbarazzanti, le domande della fase dei perché possono diventare una persecuzione: ecco qualche consiglio per gestirle.Temuta dai più, la fase dei perché (detta anche età dei perché) è un momento che i genitori conoscono molto bene: quante volte vi siete trovati a rispondere alle curiose e spesso imbarazzanti domande dei vostri bimbi in fila al supermercato? Eppure dare le giuste risposte ai perché dei bambini è importantissimo e si tratta di un compito che ogni genitore deve portare a termine senza perdere la pazienza.
Cos’è la fase dei perché?
La fase dei perché è un periodo in cui i bambini pongono ai genitori domande, solitamente a raffica e spesso e volentieri soltanto all’apparenza scontate. Si va dal “perché l’acqua è bagnata” al “perché il sole è caldo” sino a interrogativi più complessi e a volte anche imbarazzanti.
Cosa dice la psicologia a riguardo
Alcune teorie psicologiche basano la fase dei perché sulla necessità, da parte del bambino, di dare un senso a ciò che vede e sperimenta, e dal bisogno inconscio di imparare a relazionarsi col mondo seguendo le spiegazioni dei genitori, di fatto gli unici punti di riferimento nei primi anni di età.
Diverse teorie chiamano in causa, in modo semplice, la curiosità dei bambini: i più piccoli sono naturalmente curiosi e desiderosi di capire meglio il mondo e ciò che li circonda, e l’istinto naturale è di chiedere spiegazioni ai loro punti di riferimento, i genitori. Altre teorie riferiscono invece al bisogno del bambino di interagire con i genitori, e di ricevere attenzione da questi ultimi: domande a raffica richiedono risposte che un “monologo” non otterrebbe.
Quando comincia
L’inizio della fase dei perché coincide solitamente con lo sviluppo del linguaggio, e parte dunque dai 2-3 anni arrivando sino agli 8 circa. Si può dire che si divide in due fasi: la prima riguarda il periodo in cui il bambino ha i genitori come unico punto di riferimento, la seconda inizia quando il bambino inizia ad andare a scuola e a scoprire elementi “estranei” alla precedente vita, dominata esclusivamente dalle figure interne alla famiglia.
Come gestire la fase dei perché nei bambini
Se alle prime domande si tende a rispondere divertiti, quando “l’interrogatorio” si protrae ogni giorno e tutti i giorni, anche il genitore più paziente inizia a dare segni di insofferenza.
Gli esperti consigliano di rispondere alle domande, cercando di comunicare al bambino l’importanza di ragionare sulle risposte ricevute e di diluire la frequenza. Magari spiegando, appunto, perché non è opportuno tempestare di domande non solo i genitori, ma anche amici o persino sconosciuti.
Perdere la pazienza è normale, insomma, ma è importante contenersi: sgridare il bambino, o zittirlo bruscamente, non darà altro risultato se non mortificarlo. Un tono calmo e fermo aiuta di più, e non c’è nulla di male a dirottare l’attenzione del piccolo su altre cose che possano distrarlo dalle domande continue.
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