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STEM, donne e pregiudizi: a che punto siamo

La professoressa Maria Pia Abbracchio fa il punto su donne e scienza: i gap ci sono ancora, ma superarli è possibile

La professoressa Maria Pia Abbracchio fa il punto su donne e scienza: i gap ci sono ancora, ma superarli è possibile

Non si può parlare di occupazione femminile e gender pay gap senza tirare in ballo le materie STEM. Questo acronimo rappresenta oggi un obiettivo per molte giovani donne che, stanche di essere avviate di forza alle carriere da sempre considerate più consone al mondo femminile (che deve contemplare anche la cura della famiglia), vogliono fare la differenza. Ma cosa succede se il limite da superare è dentro la nostra stessa testa? Facciamo il punto.

Cosa sono le materie STEM

L’acronimo STEM sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics – scienze, tecnologia, ingegneria e matematica – e indica tutte le discipline di studio che possiamo categorizzare come scientifiche e tecniche. Si tratta di settori che spesso si intersecano tra loro e che hanno sempre suscitato e stanno suscitando grande interesse, soprattutto tra i più giovani.

I dati parlano chiaro: nel 2022, il 23,8% dei giovani adulti (25-34enni) con un titolo terziario ha conseguito una laurea STEM. Ma il divario di genere è sensibile. Mentre tra gli uomini c’è un laureato STEM su tre che hanno conseguito il titolo, la percentuale scende tra le donne, contabilizzate in una laureata su sei. A contare è anche il luogo di nascita. La quota varia dal 29,7% del Mezzogiorno al 37,7% del Nord.

Una laurea STEM ha anche un diverso effetto sull’occupazione. Nel 2022 i 25-64enni laureati in materie umanistiche e servizi trovano occupazione nel 77,7% dei casi. La percentuale sale all’83,7% per i laureati nell’area socioeconomica e giuridica. Ma per chi ha conseguito un titolo STEM il valore si attesta all’86,0% per le STEM e raggiunge il massimo valore (88,0%) tra i laureati nell’area medico-sanitaria e farmaceutica (dati: Report Livelli di istruzione e ritorni occupazionali).

STEM: I bias sono duri a morire

Maria Pia Abbracchio è professoressa ordinaria di farmacologia e di medicina di precisione presso l'Università Statale di Milano. Il tema STEM lo conosce bene, tanto da averlo trasposto in due libri molto interessanti: Donne nella scienza. La lunga strada verso la parità e La Scienza al femminile: Storie e testimonianze (entrambi editi da FrancoAngeli). Per lei questi numeri raccontano solo una parte della verità.

Lo svantaggio delle donne rispetto agli uomini nei ritorni occupazionali è più ampio nelle discipline socioeconomiche e giuridiche, e raggiunge il massimo nelle lauree STEM. Ma tale risultato, non dipende dalla bassa incidenza di donne laureate nelle discipline scientifiche. Anche nella macroarea STEM il tasso di occupazione femminile sia per l’area “scienze e matematica” sia per l’area “informatica, ingegneria e architettura” è inferiore a quello maschile di 10 punti e la differenza scende appena tra i 25-44enni (7,5 e 9,2 punti rispettivamente).

Le disuguaglianze di genere e gli stereotipi devono quindi essere combattuti, ma soprattutto nel mercato del lavoro. In realtà percepiamo una situazione migliore rispetto a quella di un decennio fa, ma la verità è che permangono stereotipi impliciti, bias difficili da controllare, che spingono le ragazze a rimanere fuori dalle carriere scientifiche.

“Capita a tutti di esserne vittime inconsapevoli e non c’è da vergognarsene quando accade, ma dobbiamo prendere atto che sono il risultato di millenni di condizionamenti. Più della metà degli iscritti a medicina è donna, eppure se pensiamo al chirurgo lo immaginiamo sempre al maschile. Sono stereotipi duri a morire, ma dobbiamo ammettere che ci sono. E quando emergono, dobbiamo correggerli senza fustigarci”.

L'effetto Matilda

L'effetto Matilda (nome che omaggia l'attivista americana per il suffragio femminile Matilda Joslyn Gage) è un fenomeno per il quale, specialmente in campo scientifico, il risultato del lavoro di ricerca compiuto da una donna viene in tutto o in parte attribuito ad un uomo. Le donne STEM potrebbero partire da lì per cambiare il proprio settore.

“Nel mio libro Donne nella scienza racconto di uomini che si appropriano del lavoro delle colleghe. Un’inchiesta ha documentato dieci anni di pubblicazioni scientifiche, in cui il primo autore citato risulta essere per la maggior parte quello di un uomo. È il sintomo di un altro bias: anche le donne ritengono più affidabili i colleghi uomini. Oppure pensano che se loro ce l’hanno fatta, non è detto che tutte ne siano in grado. Atteggiamento che si traduce in una mascolinizzazione del comportamento femminile. Ma per far carriera non bisogna diventare dei maschi. Non c’è una sola modalità per arrivare. Ognuno deve trovare il sistema a sé più consono”.

STEM e gender pay gap: come si colma il divario

Ma parliamo di soldi. Le materie STEM aiutano a trovare lavoro, ma come siamo messi con gli stipendi? In un clima di recessione globale, con poco ottimismo in tasca, anche nei laboratori si fa fatica ad ottenere il giusto compenso. E se si è donne, lo stipendio scende ancora di più.

Il gender pay gap sussiste perché ci adattiamo. Scegliamo di fare qualunque lavoro purché ce lo lascino fare. Le donne che fanno scienza sono guidate da grandissima curiosità di capire, di studiare, di approfondire. E pur di farlo, accettano qualunque condizione, tanto che di tante scienziate si è perso il ricordo. Ma se in passato era normale star dietro ai maschi e ringraziare di esser prese in considerazione, oggi non lo è più.

Perché è importante avere più donne STEM

Abbiamo bisogno di più donne STEM. In tempi così complicati, abbiamo bisogno della loro curiosità e persino del loro spirito di sacrificio. Ma per cambiare le cose bisogna iniziare molto presto, aggiustando il tiro sui bias che dominano i nostri comportamenti e parlando con le future scienziate di domani.

“Bisogna aiutare le bambine a seguire il proprio talento naturale. Non bisogna mai pensare a quale può essere un libro da maschio o da femmina da portare a casa. Meglio concentrarsi su cosa piace o cosa possa rappresentare uno stimolo. Inoltre, anche la scuola deve instillare il senso di parità nei piccoli. Bisogna iniziare sin dall’asilo, quando certi segnali vengono percepiti in modo immediato”.

Foto di apertura: Freepik