Il Festival della Restaurazione è finito. Ora non ci resta che fare i conti con qualche amara verità e un'illuminante frase di Brunori Sas
Il Festival della Restaurazione è finito. Ora non ci resta che fare i conti con qualche amara verità e un'illuminante frase di Brunori Sas«La rivoluzione culturale inizia oggi». Dice così Brunori Sas alle telecamere del Dietrofestival, che va in onda nella serata di domenica 16 febbraio per non farci sentire troppo orfani del vero Natale di tutti gli italiani: il Festival di Sanremo. Stava scendendo sul palco insieme agli altri finalisti: Simone Cristicchi, Fedez, Lucio Corsi e Olly. L'hanno chiamata la finale dei cantautori e a me, che sono Millennial, sentire Olly incluso in questa categoria ha fatto venire le vertigini. Colpa mia, mica sua. Sono abituata ad altro.
La rivoluzione culturale italiana, dunque, sembra essere iniziata il 15 febbraio, decretando vincitore Federico Olivieri in arte Olly. Ma questo Festival ha disseminato segnali ben distanti dalla positività e solo ora che Sanremo è finito riesco a vederli più chiaramente.
Il Festival della Restaurazione
Il grande merito di Amadeus è stato quello di aver fatto ri-affezionare gli italiani al Festival di Sanremo. «Se avessimo avuto un Sanremo di Carlo Conti durante il Covid l'Italia non avrebbe mai retto», scriveva un mio amico su uno dei miei gruppi whatsapp. E come dargli torto. In pieno ossequio governativo, ha fatto arrivare in orario i cantanti, che tanto coi treni abbiamo perso le speranze. Ha spaccato il secondo ogni sera, nonostante il duetto di Bresh e Cristiano De Andrè, lavorando con serietà e concentrazione. Non ha concesso niente all'improvvisazione né all'imprevisto, spezzando ogni guizzo creativo o comico con risate nervose e altisonanti. Per dire, attenti a quello che fate.
Il direttore (ma anche dittatore) artistico ha scelto cantanti facili, conosciuti, non cedendo al vezzo dello scouting. Ha garantito la quota indie con Lucio Corsi. Ha restaurato Sanremo Giovani e la competizione dei finalisti in parallelo con i big (ha vinto Settembre con "Vertebre"). Niente monologhi o politica, per carità. Ha coronato il suo sogno: avere Robero Benigni in un suo Festival. Avanguardia pura, direbbe qualcuno. Ha portato in prima serata un messaggio del Papa. Del resto, cosa volevamo da uno che nel 2015 volle una famiglia tradizionale ma da record con 2 genitori e 16 figli? A quanto pare la Rai gli ha affidato la direzione artistica anche per l'edizione 2026. Quindi meglio mettersi l'anima in pace e sedersi sul divano "col telecomando in mano" per dirla con Olly, a vedere sin dove può spingersi la senescenza sanremese.
Black or white
In questo clima austero colpisce un altro dettaglio. I look di conduttori, co-conduttori, ospiti, cantanti e ballerini erano monocromatici, senza eccezione alcuna. Cosa più inquietante: erano quasi tutti neri. Tanto che quando qualcuno osava, come ha fatto Elodie, con un rosso o, come Gaia, un cipria, o, come Bianca Balti, un azzurrino pallido, il nostro cervello ci mandava segnali di rassicurazione davanti allo stupore: sì, i colori esistono ancora. Bianco e nero, nero e bianco. In mezzo, pochissimo grigio o sfumature, forse perché nel Festival della Restaurazione meglio non offrire troppa relatività. Meglio rassicurare con tinte nette, certe, che traccino la via.
(Ho fatto una rapidissima ricerca su Google e a quanto pare lo scorso anno il look monocromatico era un bonus del FantaSanremo. Ma a quanto dicono i miei scarsi risultati di quest'anno, nel 2025 il total look black si è trasformato in un malus. Chiunque avesse notizie sul tema, è pregato di scrivere all'autrice).
Le donne di Sanremo
Sanremo 2025 è stato un Festival che si è rimangiato anche tutto lo spazio dato alle donne. Nel 2020 avevamo amaramente cazziato Amadeus per aver detto che Francesca Sofia Novello, all'epoca fidanzata di Valentino Rossi, aveva «la capacità di stare vicino ad un grande uomo, stando un passo indietro». Quest'anno è andata in modo diverso. Niente gaffe, ma un ferreo controllo del tempo e delle mine impazzite come Geppi Cucciari e Katia Follesa, ma soprattutto temi lasciati lì, tra le righe, non urlati, mai chiassosi.
La violenza sulle donne? Due cartelloni gialli e via. La malattia e la battaglia? Binaca Balti, la guerriera che non vuole parlare della sua malattia. E poi tante, tante, tante donne MAGRE. Anzi, magrissime.
Visto che grazie al caso della collana di Tony Effe abbiamo scoperto esistere persone deputate alla valutazione dell'immagine degli artisti sul festival, ci siamo fatti un pensiero: che ci siano stati ordini dall'alto anche sulla taglia da schierare in gara? Unica, piacevole eccezione: Maria Tomba, unica concessione alla body positivity.
Perché continuiamo ad amare Sanremo
Per chi non ama Sanremo, se è arrivato fino a questo paragrafo, si sarà sentito confortato della scelta di non aver guardato il Festival della Canzone Italiana e aver preferito qualsiasi altra cosa, compreso l'andare al ristorante e trovare posto senza aver prenotato (siamo sicuri che sia andata così da martedì a sabato). Per chi invece, anche prima della golden era di Amadeus, era qui a leggere e celebrare la settimana più bella dell'anno dopo quella di Natale, possiamo dire che anche Sanremo 2025 finisce in archivio con alcuni momenti incredibili e bellissimi.
Abbiamo amato Lucio Corsi in ogni sua esibizione, compresa quella sognante con Topo Gigio sulle note di "Nel blu, dipinto di blu", bellissima nonostante la stantia gag tra Carlo Conti e il pupazzo. È lui il nostro vincitore e siamo felici che ora tutta l'Italia conosca il suo nome e la sua voce.
Abbiamo amato i The Kolors che hanno voluto Gianluca Fru dei The Jackal sul palco della finale. Ci hanno regalato un sogno, un modo per dire che a volte i miracoli sono semplici e molto spesso accadono all'Ariston.
Abbiamo amato il fatto di saper riconoscere i tormentoni che ci ossessioneranno fino alla fine dell'anno dai pezzi che, ascoltati una volta, ce li siamo già dimenticati.
Abbiamo amato Antonello Venditti, che ci ha accarezzato la testa con la sua Amici Mai, facendoci sentire giovani e romantici.
Abbiamo amato tantissimo Samuele Parodi, il bambini di 11 anni di Zafferana Etnea, che sa tutto di Sanremo. Vorrei creare un gruppo di ascolto con lui e Alessandro Gervasi, che a 6 anni ha suonato Champagne di Peppino di Capri sul palco dell'Ariston.
Passano gli anni, i conduttori, i vincitori, i cantanti, ma Sanremo resta Sanremo, quella celebrazione collettiva della nostra anima bambina, che vuole solo allargare le braccia e cantare in faccia ai problemi.
Foto di apertura: Jose Antonio, Public domain, via Wikimedia Commons