Chiara Pasqualetti Johnson, autrice di Together. Ritratti al femminile: se questo percorso lo facciamo insieme, possiamo arrivare molto lontano.
Chiara Pasqualetti Johnson, autrice di Together. Ritratti al femminile: se questo percorso lo facciamo insieme, possiamo arrivare molto lontano.Di primo acchito potrebbe sembrare che Together. Ritratti al femminile (Edizioni White Star) sia un invito rivolto alle donne. La solita chiamata a fare squadra. Invece Chiara Pasqualetti Johnson, scrittrice e giornalista, l'invito lo estende a tutti. “Un pezzo di strada devono farlo le donne ma, senza gli uomini, non arriveremo molto lontano”. Per questo ha voluto riunire 50 ritratti di donne che, una volta conquistato il potere, ne hanno fatto un megafono per fare la propria parte, per creare una rete che faccia salire più in alto le donne, ma che stimoli una riflessione tutta maschile sui vantaggi della parola “insieme”.
"Questo libro è un invito a sognare in grande. A ribaltare i cliché. Ad alzare la voce per abbattere i pregiudizi. Ma soprattutto a rimboccarsi le maniche per diventare artefici del proprio destino". Cosa deve accadere affinché le donne non debbano più "rimboccarsi le maniche" e diventare ciò che sono destinate ad essere senza fare fatica?
Dobbiamo liberare energie femminili oggi bloccate nella cura dei figli, della casa, dei genitori anziani. Lo sforzo per diventare ciò che si è destinate ad essere non sarà così enorme se, dopo il pezzo di strada fatto dalle donne, anche gli uomini reclamino il proprio diritto a condividere il compito dell'accudimento. Gli uomini devono esigere l'opportunità di occuparsi dei figli e dei genitori, un bellissimo momento di crescita, da condividere. Allora lì si libereranno energie per fare passi avanti dal punto di vista lavorativo per le donne. Certo, questo è uno sforzo necessario nel mondo Occidentale, ma altrove ci sono ben altre voragini da colmare.
Hai raccontato 50 donne straordinarie e mi rendo conto che è difficile scegliere, ma qual è la storia che ti ha affascinato di più?
Ce ne sono tre. La prima è quella di Emma Watson. Lei è un'attrice famosa, ma la sua vera essenza è rimasta nascosta dietro la fama. È molto impegnata nell'attivismo e ha messo in stand by la carriera per terminare gli studi. La sua storia ci dice che tutte noi siamo composte di tante sfaccettature. Inoltre, sostiene il programma He for she, che mira a coinvolgere ragazzi e uomini nella lotta contro la discriminazione femminile. Dice: “Per la cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi. Politica, economica e sociale”.
Qual è la seconda donna che ti è rimasta “impigliata” nel cuore?
Amani Ballour. Pediatra siriana e direttrice del The Cave, l'ultimo ospedale rimasto a Damasco. Lei ha dovuto affrontare una doppia difficoltà. La prima: quella di fare il proprio lavoro in una situazione difficilissima. La seconda: curare uomini che non volevano essere curate da una donna, per giunta trentenne.
La terza?
Alice Farnham. Lei è diventata una direttrice d'orchestra quando questo lavoro era considerato come riservato agli uomini. Qui entra in ballo un concetto molto importante.
Quale?
Quello dell'immaginazione. I modelli femminili vanno raccontati per poter immaginare di poter ricoprire un certo ruolo e poi farlo per davvero. Alice dice: “L'idea che sul podio ci debba essere un uomo è così radicata che le donne non riuscivano a vedersi in quella posizione. Ho pensato: cambiamo le cose”. Poi c'è un altro passo da compiere.
Ovvero?
Una volta arrivate in cima bisogna fare della propria vita non una scala, ma una rete, in modo che altre donne possano salire a bordo e arrivare sulla sua stessa cima.
Hai raccontato anche le donne del Novecento nel volume Ritratti di grandi donne del nostro tempo: cosa resta oggi di quelle pioniere?
Hanno tracciato sentieri che non esistevano. Oggi dobbiamo averne rispetto e cura, in modo che non si richiudano. Tra queste pioniere, quella che secondo me ha avuto un grande ruolo è Maria Montessori. La sua teoria pedagogica ha scardinato il passato, mettendo i bambini al centro, aiutandoli a fare da soli. La cito perché il tema dell'educazione è centrale in questa metamorfosi sociale. Se alle bambine si parla di rosa e azzurro, di mestieri da maschio e da femmine, il meccanismo evolutivo si inceppa sin dall'inizio.
Torniamo ai giorni nostri e parliamo di Beyoncé. Per alcuni è solo una cantante, per altri una rivoluzionaria. In cosa ha cambiato le regole del gioco?
Ci sono tante superstar che hanno visibilità e risonanza mediatica immense. La domanda è: cosa ne fanno di questo potere? C'è chi lo usa per sé stessa e chi, come Beyoncé, lo usa come esempio e modello per altre donne. In particolare, lei è schierata contro discriminazioni razziali e di genere, sostiene l'unicità di ciascuno di noi. È una dei megafoni più potenti rivolte alle giovani donne. Dice frasi come: “Diventate potenti”, “Diventate eccellenti”. Sono frasi forti che, se passate dai canali tradizionali, non hanno lo stesso effetto dirompente rispetto a quando giungono dal palco. Ad esempio, quando ha mostrato il suo corpo dopo la maternità, lo ha normalizzato proprio grazie al suo potere e al suo palco.
Nel tuo libro citi Chiara Ferragni. Che ne pensi del suo Sanremo? Secondo te Fedez l'ha supportata o sabotata?
Li considero una coppia complice a 360 gradi. Ciò che ha distorto gli eventi è lo sguardo del mondo sul loro Sanremo. Si è data più attenzione a un fatto piccolissimo rispetto al messaggio lanciato da Chiara attraverso i suoi abiti, costruito con mesi di lavoro. Lei è una delle donne che sta usando la sua enorme popolarità per lanciare messaggi potenti.
Queste, come Oprah Winfrey, Angela Merkel e Samantha Cristoforetti sono donne del "primo mondo". Ma tu racconti anche storie come quella di Abisoye Ajayi-Akinfolarin che insegna coding alle ragazzine degli slums nigeriani. Ed è forse lì che la rivoluzione deve cambiare le cose. Qual è lo strumento da privilegiare?
Bisogna ripartire dall'educazione. Abisoye Ajayi-Akinfolarin coglie da subito la necessità delle sue ragazze: imparare un mestiere senza fare l'università. Ha sfruttato le incredibili potenzialità della tecnologia per instradarle a una professione considerata maschile. Ha portato le ragazze nella Silicon Valley nigeriana per mostrare loro i contesti in cui potevano lavorare. Molte di loro non avevano mai visto un computer. Di loro dice: “Le mie ragazze sono programmatrici. Sono pensatrici. Il loro futuro è luminoso”.
Maternità: cosa deve cambiare?
Bisogna reinventare un modello condiviso. Nel raccontare la sua esperienza Sanna Marin, primo ministro finlandese, ha dato una risposta esemplare alla domanda “A cosa hai dovuto rinunciare per diventare premier?”. “A niente”, ha risposto. Ed è questo il modello a cui dobbiamo arrivare. In più, bisogna smettere di mettere in evidenza la giovane età di una donna di successo. Ciò che conta sono i meriti dell'essere umano giunto in quel posto di potere.
Economia: cosa deve cambiare?
L'indipendenza economica ha un valore fondamentale, che va appreso sin dai primi anni di vita. Cristine Lagarde sostiene che bisogna educare i propri figli, maschi e femmine, all'indipendenza economica. Poi c'è il supporto di donne come Kristen Green, che sostiene aziende al femminile e vuole raddoppiare il numero delle donne imprenditrici nei prossimi 10 anni. Si diceva che le signore non parlano di soldi. Invece devono farlo.
Hai raccontato "la generazione che guida il cambiamento, facendoci immaginare il mondo che verrà": come sarà questo mondo?
Immaginando la gender equality come una bilancia, siamo in quel fatidico momento di parità, in cui basta un granello piccolissimo per passare dall'altra parte. Dobbiamo fare uno sforzo culturale e cambiare il modello. Un po' lo si è imposto con la personalità di donne eccezionali, che si sono fatte paladine di idee potenti. Quando questo viene assorbito nella quotidianità, quando i papà condividono la gestione dei figli, quando il sostegno popolare sceglie una donna invece di un uomo, significa che il messaggio è arrivato in profondità. Significa che il seme sta germogliando.