Arriva la primavera e porta con sé i profumi della natura che rinasce, delle grigliate tra amici (e degli antipasti pigri che prepariamo). Ma... Siamo davvero sicuri di voler rinascere proprio ora, siamo sicuri che anche per noi sarà ancora primavera?
Arriva la primavera e porta con sé i profumi della natura che rinasce, delle grigliate tra amici (e degli antipasti pigri che prepariamo). Ma... Siamo davvero sicuri di voler rinascere proprio ora, siamo sicuri che anche per noi sarà ancora primavera?Capitani delle grigliate in giardino e della vita delle persone che non hanno alcun sbattimento di preparare mille antipasti elaborati - perché obiettivamente i nuovi martiri sono quelli che invitano tutti nel proprio giardino a grigliare - sono le tre salse: hummus, babaganoush e tzatziki.
Il motivo non è molto sottile: si mangiano col pane, il pane riempie, e non devi comprare 700 euro di carne.
In questi giorni però a Roma c’è un’aria difficile, il mio albero di prugne sta fiorendo e la terra tira fuori un profumo di primavera insopportabile. A me è insopportabile perché ho scoperto che forse l’arrivo della primavera non sarà più sganciato dall’odore del lockdown che iniziava circa due anni fa: dovevamo stare a casa, eravamo tutti confusi ma anche, immotivatamente elettrizzati per questa pausa forzata dalle nostre vite, convinti che sarebbe durata poco.
C’era quest’aria così nel mio giardino, un po’ freddo, un grande sole, gli alberi carichi per sbocciare e noi invece carichi per vivere una delle tragedie sanitarie e sociali più gravi di sempre, nel frattempo io stavo introiettando la mia personale epifania e non lo sapevo.
Così lontani, così vicini
Tornare alla normalità era l’espressione più pronunciata e, in proiezione, la più difficile da immaginare. Infatti facevamo bene: sarebbero passati più di due anni prima di vedere minimamente la luce, ma questa luce, almeno per me, non è così brillante. La realtà è che non mi va più: non voglio togliere la mascherina, non voglio andare a ballare, non voglio trovarmi in spazi chiusi con più persone, non voglio che nessuno mi parli vicino alla faccia, ma soprattutto voglio stare a casa e non mi identifico più bene in altro luogo. Cioè, non che prima fossi questo Carnevale di Rio eh, ma non avevo paura degli altri.
Adesso c’è la guerra e noi abbiamo amaramente imparato un concetto che doveva esserci già caro prima, ma nelle nostre vite privilegiate rimuovevamo: è tutto vicino a noi, tutto ci riguarda, tutto ci può invadere e di mezzi ne abbiamo davvero pochi.
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Non mi intendo di geopolitica, non sono una teorica della guerra e non ritengo che la mia opinione possa aggiungere qualcosa alla devastante narrazione di queste settimane, posso solo tradurre e riportare qui il senso della precarietà dell’equilibrio, che ho imparato con il Covid e che si è rafforzato nelle ultime settimane. Non voglio dire niente con questo, non ho un messaggio di speranza, spero solo che tutti voi abbiate qualcuno con cui confrontarvi.
La vita è pesante perché non ti dà mai una vera tregua, perché non c’è una vera pausa possibile e in qualche modo bisogna sempre fare. Quindi io continuerò a lavorare, a proporvi i miei sproloqui di cucina e a contribuire come posso, perché alla fine qualcosa di simile alla normalità saremo chiamati a viverla, anche se forse internamente non la vivremo più.
Se volete, quindi, facciamo questo maledetto babaganoush, pochi ingredienti, grande svolta: