In Libano, Paese a maggioranza musulmana, il piacere della donna è subordinato a quello dell’uomo. Ma non è sempre stato così. Viaggio a Beirut, dove l’omosessualità è ancora un crimine e l’imene intatto rimane un feticcio.
In Libano, Paese a maggioranza musulmana, il piacere della donna è subordinato a quello dell’uomo. Ma non è sempre stato così. Viaggio a Beirut, dove l’omosessualità è ancora un crimine e l’imene intatto rimane un feticcio.Se l’associazione sesso + Beirut vi fa venire subito in mente Mia Khalifa, siete doppiamente fuori strada. Innanzitutto, l’ormai ex pornostar è sì nata in Libano ma è di ‘formazione’ statunitense, visto che è emigrata in America insieme alla famiglia a soli sette anni. In secondo luogo perché vivere liberamente la sessualità, a seconda della famiglia di origine e della religione praticata, può risultare particolarmente difficile in una città, prima dilaniata dalla guerra civile e poi devastata dai bombardamenti israeliani nel 2006, in cui ci sarebbe in realtà una grande voglia di divertirsi. Di questo, e molto altro, parla il terzo episodio della docuserie di Netflix Sex & Love Around the World, che vede la reporter della CNN Christiane Amanpour viaggiare in sei metropoli globali alla scoperta di come i locali vivono l’amore e la sessualità.
LIBANO, SESSO E IPOCRISIA
«Essere arabi, in particolare una donna araba, significa essere ipocriti». È la posizione dell’autrice e giornalista Joumana Haddad, nata e cresciuta in una famiglia cristiana, ma in un Paese in cui lo Stato riconosce ufficialmente 18 confessioni religiose e dove i musulmani rappresentano il 60% circa della popolazione. In Libano chi vive liberamente il sesso rischia di essere criticato, minacciato, allontanato dalla famiglia. Come spiega la giornalista a Christiane Amanpour, è dunque normale scegliere di indossare una maschera con lo scopo di accontentare pubblicamente gli altri, per poi fare in privato ciò che si desidera.
Il sesso, com’è naturale, piace. Ma è un tabù. Ciò fa sì che diventi ossessione, primeggiando nelle ricerche su Google e YouTube. Cosa assolutamente non comune nel mondo arabo, a Beirut è addirittura arrivato in edicola grazie alla rivista Jasad (‘Corpo’). Il magazine, primo del suo genere, è parla di sesso, erotismo, omosessualità e più in generale di tematiche riguardanti il corpo. Una linea editoriale, questa, che è costata alla fondatrice Joumana Haddad minacce di stupro e morte.
IL GIARDINO PROFUMATO
Tutto ciò stride terribilmente con il fatto che, nel XV secolo cominciò a circolare nel mondo arabo ‘Il giardino profumato’, testo erotico musulmano che, scritto da un imam in conformità con la teologia islamica, forniva raccomandazioni per arrivare all’orgasmo, con uomo e donna posti sullo stesso livello. Ecco un passaggio, dedicato ai preliminari: «Non unitevi a una donna se prima non avete giocato un po’ con lei. E poi il piacere sarà reciproco. Le provocherete eccitazione baciandole la pancia e le guance. Quando avrete finito, non trascurate alcuna parte del corpo. Tenetela stretta con tenerezza». Bei tempi andati, verrebbe da dire: oggi il piacere femminile viene posto in secondo piano rispetto a quello maschile, se non totalmente ignorato.
Foto: Thiago Rocha Dos Santos © 123RF.com
IL RUOLO DELLA RELIGIONE
Con il passare dei secoli, la religione e le sue imposizioni sono riuscite a penetrare nella vita delle popolazioni arabe, con tutte le restrizioni del caso. A pagare sono state soprattutto le donne, oggi in secondo piano rispetto agli uomini. Come spiega la ginecologa e sessuologa Carolyn Ossman, la verginità fino al matrimonio è un valore per le giovani musulmane di Beirut e ancora di più per i loro potenziali mariti, che mai accetterebbero di impalmare una donna già ‘posseduta’ da qualcun altro. Non a caso, racconta l'esperta a Christiane Amanpour, in città sono sempre più le promesse spose che si sottopongono all’intervento di imenoplastica. La verginità, racconta Joumana Haddad, non è un feticcio solo nella comunità musulmana: dipende tutto da quanto contano la tradizione e la religione nella famiglia in cui ogni persona nasce e cresce.
MATRIMONIO
Tradizione vuole che le donne libanesi si sposino piuttosto presto e che, superati i 30 anni ancora nubili, debbano affrontare un certo stigma sociale e una grande pressione da parte delle rispettive famiglie, in una società fortemente patriarcale dove gli uomini non disdegnano rapporti occasionali per poi impalmare esclusivamente vergini. E quando finisce un matrimonio? La situazione risulta particolarmente complicata per le donne della comunità musulmana: in base alla Shari'a, non possono chiedere il divorzio, mentre gli uomini al contrario hanno facoltà di ottenerlo anche in modo unilaterale. Ai padri, inoltre, va sempre l’affidamento dei figli.
Beirut è una grande città con tante anime, come le religioni che qui convivono, non sempre in armonia. In alcune zone è possibile ballare fino a tarda notte, in altre le donne indossano l’hijab e non sono libere di uscire da sole. Se in certe aree di Beirut due uomini possono baciarsi con pochi rischi, in altre è assolutamente vietato (leggasi pericoloso): l’omosessualità è ancora un crimine e chiunque può essere condotto in caserma perché sospettato di essere gay. Non di rado, la polizia libanese sottopone i sospetti all’umiliante ‘test dell’uovo’, che consiste nell’inserire una sonda ovale nel retto per provare che un uomo ha praticato sesso anale, considerata un’offesa alla mascolinità. Una tortura, più che un controllo. La normalità, purtroppo, in un Paese in cui sono tanti i gay e lesbiche che si sposano per coprirsi a vicenda. E in una città che, sede di diversi gay club e nel 2015 del primo Gay Pride del mondo arabo, può, a certe latitudini, considerarsi progressista.
Foto apertura: Bram Janssens © 123RF.com