special

SOS omofobia

Amore e Sesso Tips
Amore e Sesso Tips

Se la discriminazione inizia a scuola

I libri di testo di inglese ignorano la comunità Lgbt. E i docenti pensano che non sia utile parlare di certi argomenti. I risultati di una ricerca condotta dall’insegnante Giovanni Licata, che sulla sua stessa pelle ha vissuto episodi di omofobia.

I libri di testo di inglese ignorano la comunità Lgbt. E i docenti pensano che non sia utile parlare di certi argomenti. I risultati di una ricerca condotta dall’insegnante Giovanni Licata, che sulla sua stessa pelle ha vissuto episodi di omofobia.

La Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia è una ricorrenza riconosciuta dall'Unione europea e dalle Nazioni Unite che viene celebrata il 17 maggio di ogni anno. È stata istituita nel 2004 e da allora la situazione non è migliorata molto, anzi: colpa anche della scuola pubblica che non (sottolineiamo, ‘non’) ci ha messo del suo, in quanto ha sempre cercato di favorire una visione ‘etero’ del mondo.

È ciò che emerge da una ricerca condotta presso l'University of Leicester (UK) da Giovanni Licata, insegnante di inglese presso l’Accademia Britannica di Roma. Lo studio, focalizzato sugli atteggiamenti dei colleghi nei confronti dei temi Lgbtq in classe, ha messo in evidenza una chiara reticenza: «L’80% dei docenti che ho interpellato mi ha detto che certi argomenti non escono mai durante le lezioni. La maggior parte di loro pensa non sia importante», spiega Licata a DeAbyDay, aggiungendo poi: «Se un ragazzino per un intero anno scolastico studia su testi eterocentrici, riceverà il messaggio che il mondo è solo quello lì».

La sua ricerca parla dei libri di testo. Perché quelli di inglese ignorano l’esistenza della comunità Lgbt?

Perché essendo destinati a un mercato globale sono standardizzati. Saranno usati in Italia come in Arabia Saudita, dunque non possono trattare certi temi, tra cui le unioni gay. Non possono nemmeno menzionare il maiale e ogni accenni alla religione è da evitare. Magari viene citato Oscar Wilde e il fatto che fosse finito in prigione per atti osceni, ma in modo molto vago. Oppure parlano di Elton John, ma senza ricordare che è un attivista Lgbtq, sposato e con due bambini.

Sta allora ai docenti provare a fare di più?

Gli insegnanti in generale hanno poche colpe. Il mio suggerimento è di non introdurre il tema Lgbtq in modo esplicito ma farlo venire fuori magari dagli studenti stessi, che vivono in un mondo circondato da sessualità diverse. A tal proposito ho creato il modello di una lezione di inglese, che si può consultare sul mio blog The Unpublished, nato proprio dalla volontà di superare il problema di essere accusati come docenti di promuovere l'omosessualità se si parla in classe di coppie samesex, omogenitorialità o transgender in classe.

Foto: archnoi1 © 123RF.com

L’inglese non è la sola materia in cui i docenti potrebbero dare più spazio a tematiche Lgbt.

Esatto. Il professore di storia potrebbe dare spazio alle lotte per i diritti civili o, perché no, alla figura di Edoardo II, che è una vera e propria icona gay. Quello di storia dell’arte, invece, non dovrebbe avere timore di parlare dei pittori e scultori rinascimentali che hanno avuto modelli e storie omosessuali.

Ma educare su certi temi è compito della scuola o della famiglia?

La famiglia potrebbe anche trasmettere valori sbagliati, contrari ad esempio a una legge statale. Sta dunque alla scuola educare le nuove generazioni di un Paese, formando cittadini con senso civico: oggi in Italia un insegnante non può dire che la famiglia è mamma più papà, perché non è così. E non vale nemmeno dire: «Siamo qui per insegnare una lingua», perché a seconda dei testi che usi, passano valori diversi. Usare una canzone di Eminem non è come utilizzarne una di Bob Dylan.

Dopo la sua ricerca ha fatto una serie di seminari, talks, workshops in tutta Europa. Mettendo in evidenza statistiche preoccupanti.

Sì, come il fatto che il 30% degli italiani sarebbe stato contrario ad avere un insegnante elementare gay per i figli, oppure che il 56% della popolazione italiana ritiene che gli omosessuali per essere accettati dovrebbero essere meno visibili. Insomma: «Va bene i diritti, ma datevi una calmata». Nell’immaginario collettivo italiano il gay è Malgioglio, non il medico di famiglia.

L’ambiente scolastico in generale è omofobo?

La mia percezione è che nelle classi ci siano ancora omofobia e machismo, con prese in giro dei ragazzi visibilmente omosessuali o con identità di genere più fluida. Certo, la situazione può variare dal centro di Roma agli istituti della periferia. Tra i problemi c’è anche il fatto che i professori riprendono gli studenti colpevoli di aver pronunciato insulti razzisti, ma se sentono urlare «Frocio!» invece non fanno niente.

Foto: dolgachov © 123RF.com

È vero che anche nella comunità Lgbtq ci può essere omofobia?

Sì, lo si può notare sulle app di dating come Grindr, in cui molte persone scrivono di volere partner “straight-acting”, ovvero che si comportano come etero. Dopo decenni di lotte, l’omofobia si è introiettata all’interno della stessa comunità gay, che ora mette in evidenza la volontà di ‘normalizzarsi’. Il che, va detto, è anche comprensibile, visto il brodo culturale in cui siamo immersi.

Ha mai vissuto episodi di discriminazione?

Sì, più volte. L’estate scorsa ero su una spiaggia del litorale adriatico insieme a mio marito: gli ho dato una carezza e un’intera famiglia sotto a un ombrellone vicino ha iniziato a ridere e prenderci in giro. Quando mio marito si è alzato per andare a chiedere spiegazioni non hanno negato, difendendo la loro posizione pensando di essere nel giusto. Di recente sono stato insultato nella metropolitana di Roma da una scolaresca in gita: mi hanno urlato “frocio”, “checca” e molto altro. L’insegnante ha fatto finta di niente. Io ho 42 anni, ho avuto un certo percorso di vita e ormai prendo queste cose con leggerezza. Ma un ragazzino omosessuale che per caso fosse in classe con loro come vivrebbe questi atteggiamenti?

È mai stato aggredito fisicamente?

No, ma ero al Gay Village di Roma quando qualche anno fa si verificò un accoltellamento durante una rissa nei pressi dell’uscita. Ricordo che alcuni ragazzi, intervistati, dissero: «Eh ma si sa che uscito da qui non puoi tenere per mano il tuo ragazzo». Detta da dei 20enni, questa frase mi è rimasta impressa.

In Italia arriveremo mai al momento in cui i gay non dovranno preoccuparsi di dove poter prendere per mano il partner o dargli un bacio?

Sì, ma manca ancora un bel po’. Pensiamo alla legge sulle unioni civili: è stata cambiata milioni di volte e alla fine in Italia non abbiamo ancora matrimonio egualitario e adozioni gay, mentre in compenso abbiamo famiglie omogenitoriali non riconosciute dallo Stato. Fa tutto parte di un discorso molto più ampio, che comprende maschilismo, paura del cambiamento e di tutto ciò che è nuovo.

Foto apertura: rochu2008 © 123RF.com