Hai mai sentito parlare di "slut shaming"? Forse no, ma potresti comunque essere diventata bersaglio di questo fenomeno. In questa guida, ti spieghiamo cosa sia e come contrastarlo.
Hai mai sentito parlare di "slut shaming"? Forse no, ma potresti comunque essere diventata bersaglio di questo fenomeno. In questa guida, ti spieghiamo cosa sia e come contrastarlo.Il giudizio è, purtroppo, alla base dei rapporti sociali. Nonostante tutti i nostri sforzi di liberarcene, alla fine vediamo gli altri con le nostre personalissime lenti. Spesso distorte, miopi, rotte. A questo punto, il quesito di pirandelliana memoria sorge spontaneo: chi sono davvero io? Uno, nessuno e centomila, probabilmente. Ci sono giudizi che pesano più di altri, che possono condizionare - avvelenandole - intere esistenze. E questo è proprio quello che succede quando una donna incontra lo slut shaming. Vediamo cos'è e perché può fare così male.
Il significato di slut shaming
Lo slut shaming è una versione hardcorde del body shaming. Dall’inglese "slut", mignotta o donna che ha molti partner sessuali occasionali, e "shaming", vergogna. Un po’ come il victim blaming (Dante, perdonami se non possiamo più parlare solo in italiano), ovvero l’abitudine di incolpare le donne vittime di violenza, come se se la fossero cercata, è un fenomeno che riguarda e colpisce il genere femminile.
Perché, al contrario, un uomo cosiddetto "sciupafemmine" non viene visto con disprezzo e sdegno, ma quasi come un esempio da emulare, il tipo di persona che tanti vorrebbero essere. La virilità formato prêt-à-porter, la pelliccia di ermellino da indossare a tutti i costi anche se fuori ci sono 40°.
Le donne che non hanno un partner fisso, ma passano da una relazione all’altra, invece, vengono etichettate come delle "poco di buono". E questo è proprio il significato di slut shaming. Questo giudizio, ovviamente, si abbatte anche sul loro modo di vestire, di parlare, di rapportarsi con l’altro sesso.
Da cosa deriva lo slut shaming
La vedo già, la faccia dell’ennesimo finto esperto di tematiche sociali, che solleva gli occhi al cielo nel leggere questa frase: lo slut shaming è figlio del patriarcato. E se non vi piace questa parola, usiamo qualche perifrasi.
Lo stesso identico comportamento è interpretato in modo totalmente diverso se chi lo mette in atto ha il pene o la vulva. L’essere fallico viene osannato, quasi adulato come una divinità. Mentre quello che ha già il dovere categorico di coprirsi i capezzoli nelle foto, perché visti come una provocazione, deve vergognarsi.
Ma di cosa, poi? Di essere libera? Di sfidare, senza dichiarazioni belliche, le convenzioni sociali che la vedrebbero madre che ha fatto sesso con un solo uomo e non ha mai provato pulsioni sessuali per un tipo conosciuto per caso in fila alla cassa del suo regno, il supermercato?
Questa dicotomia, questo giudizio pesante più delle occhiaie dopo una notte brava, non solo può generare un malessere indicibile, ma condizionare la vita di una persona al punto da farle credere di essere davvero lei il problema. Quella sbagliata, che si deve raddrizzare.
Quali effetti provoca lo slut shaming
Per fortuna, lo slut shaming non sortisce sempre lo stesso effetto in chi lo subisce, ma questo non deve essere un incentivo per continuare a mettere etichette sulle donne che amano, osano, vivono un po' di più rispetto alle altre.
Sicuramente, una ragazza molto giovane che viene fatta passare per quello che non è, si sentirà mortificata, disorientata, sola. Questo giudizio scomodo e non richiesto potrebbe essere un fardello troppo oneroso da sopportare e spingerla a perdere fiducia in sé stessa, isolarsi, spegnersi lentamente. Persino a cambiare, pur di riuscire a spegnere il dolore.
Il problema, però, non si risolve smettendo di indossare i pantaloncini corti d’estate o calibrando il volume di una risata se l’interlocutore è un uomo. Perché è una questione ben più radicata, che si può risolvere soltanto con l’educazione, non solo degli uomini, ma anche delle donne. Perché sì: a volte sono proprio loro a mettere qualche etichetta di troppo sulle altre.
Come reagire allo slut shaming
Vi racconto un aneddoto (vero). Scrivo di sesso e relazioni da 8 anni (che non significa che io sia un'esperta in tutto, ma che mi informo per cercare di darvi delle risposte *senza la pretesa che siano quelle "giuste"*).
Qualche tempo fa, qualcuno mi girò il link di un mio articolo. Non mi ricordo di cosa parlasse. Forse di una posizione sessuale o di BDSM. Ricordo, invece, benissimo che, chi me lo inviò, mi disse: «Mi hanno mandato questo tuo articolo, dicendomi 'Che troia!'». Risi tantissimo.
Conoscevo i rischi ai quali mi avrebbero esposto queste tematiche e mi avevano sempre provocato ilarità. Quindi, risposi: «Ma l’articolo lo ha trovato in modalità in incognito per non farsi sgamare dalla moglie? Urca, allora sono sulla prima pagina della SERP».
Tutto questo per provare a dirvi che sì, è difficile rispondere con il sorriso ai pregiudizi, al tentativo di farci sentire in difetto perché non rientriamo in qualche convenzione sociale, ma nessuno, e ribadisco nessuno può davvero definire chi siamo. E questa dovrebbe essere la sola cosa che conta, per tutte noi.
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