La campionessa di karate, che sogna l’oro ai Giochi Olimpici, non vede l’ora di poter sfidare di nuovo le avversarie sul tatami. Nel frattempo si allena senza sparring e gare in vista. Sul futuro della sua disciplina: «Potrebbe essere difficile ripartire con i corsi dei bambini».
La campionessa di karate, che sogna l’oro ai Giochi Olimpici, non vede l’ora di poter sfidare di nuovo le avversarie sul tatami. Nel frattempo si allena senza sparring e gare in vista. Sul futuro della sua disciplina: «Potrebbe essere difficile ripartire con i corsi dei bambini».«Non voglio pensare a un mondo dello sport trasformato a causa di un virus, a un domani in cui gli appassionati hanno paura di assistere alle gare, cantare, abbracciarsi, fare il tifo insieme». A parlare è la karateka Sara Cardin, campionessa mondiale nella specialità del kumite nel 2014 e tre volte oro agli Europei, sempre nella categoria 55 kg. Una grandissima della sua disciplina, insomma, che però in carriera non ha mai partecipato alle Olimpiadi. Il motivo? Molto semplice: arte marziale ricca di una storia pluricentenaria, il karate avrebbe debuttato come sport olimpico proprio ai Giochi di Tokyo, inizialmente in programma questa estate e rimandati invece al 2021, a causa della pandemia di Covid-19. Dopo l’isolamento forzato, Sara ha ripreso ad allenarsi in palestra, ma in modo anomalo, senza possibilità (per adesso) di fare sparring e con davanti un 2020 privo di gare internazionali: «Per noi atleti la mancanza di obiettivi concreti è un problema», spiega a DeAbyDay. Il Giappone è lontano, in tutti i sensi. E intanto regna l’incertezza.
Come ti sei allenata durante il lockdown?
«Mi sono allenata in casa, tra il divano e il televisore, in garage e un po’ fuori. Sempre con mio marito, che in questo periodo mi ha fatto anche da ‘bersaglio’. Sono tornata in palestra il 4 maggio, quando hanno dato il permesso agli atleti professionisti: passare dalle scarpe da ginnastica nel salotto di casa ai piedi nudi sul tatami è stata un’emozione bellissima».
Che precauzioni devi usare durante gli allenamenti?
«Il karate è uno sport di contatto. Ma non possiamo fare combattimenti, dunque mi sto allenando da sola o al massimo con mio marito (che è il suo allenatore, ndr). Con gli altri facciamo preparazione atletica ma a distanza: non è facile, perché noi di solito non tiriamo calci e pugni alle mosche… Speriamo che presto ci diano l’autorizzazione per fare sparring».
Quando potrai ricominciare a gareggiare?
«Tutte le competizione del 2020 sembrerebbero essere state annullate. La World Karate Federation non ha detto esplicitamente che il Mondiale di novembre in programma a Dubai è stato cancellato, ma se l’Expo che sarebbe iniziato a ottobre nell’emirato è stato rimandato di un anno...».
La mancanza di obiettivi concreti rappresenta un problema?
«Sì. Siamo abituati ad allenarci, appunto, in vista di obiettivi specifici: farlo per un anno intero senza pensare al momento della gara diventa mentalmente difficile».
Ma tu combatteresti anche domani, senza problemi?
«Sì, sì, io sono sempre pronta a combattere (ride, ndr)!».
Senza paura del contagio, intendevo.
«Penso che sia importante seguire le direttive governative, perché sarebbe da stupidi buttare via tutti i sacrifici fatti finora. Se ci dicono di stare fermi, significa che bisogna stare fermi. Quando ci diranno di ricominciare, vorrà dire che potremo farlo senza paura».
La pandemia come cambierà lo sport?
«Voglio essere positiva. Non voglio immaginare gare senza pubblico. Spero che il virus passi, magari grazie a un vaccino, e che tutto torni come prima».
Il karate è uno sport di contatto. I dojo non rischiano di subire un calo delle iscrizioni?
«Potrebbe essere difficile ripartire con i corsi dei bambini. I ragazzi più grandi hanno la maturità per capire che bisogna stare distanti e fare attenzione, ma con i più piccoli sarà dura. È lo stesso problema che avremo a scuola: va bene distanziare i banchi, ma tanto a metà mattinata c’è sempre la ricreazione, senza dimenticare l’entrata e l’uscita dagli istituti. Ecco, quando il figlio dirà: “Voglio andare a karate”, i genitori potrebbero pensarci due volte».
Tornando alle gare, tra gli eventi sportivi rimandati c’è Tokyo 2020. Il più atteso di tutti.
«Sono ovviamente d’accordo con la scelta di posticipare i Giochi Olimpici, anche se la cosa mi è pesata parecchio. A fine 2018, quando ero prima nel ranking mondiale, mi sono rotta il ginocchio in allenamento: crociato, collaterale e menisco. Dopo l’operazione sono rimasta fuori cinque mesi, ma poi sono riuscita a tornare in gara molto bene, conquistando persino un oro nella tappa di Premier League di Salisburgo, a marzo 2020. Da lì a poco ci sarebbe stato l’evento di qualificazione per le Olimpiadi. E invece niente. Al momento non solo non sono ancora qualificata, ma devo aspettare un altro anno».
Un problema comune a molti atleti.
«Un conto però è avere 18 anni, un altro 33 come me. Fisicamente mi sento benissimo, per carità, però se ho continuato fino a quest’età è perché puntavo alle Olimpiadi: la prima volta di questa disciplina proprio a Tokyo, dove è nata, con il Giappone pronto a spingere tantissimo il karate, parte integrante della cultura locale. Un evento pazzesco».
L’appuntamento è però solo rimandato. E a Tokyo andrai...
«Ancor più incazzata (ride, ndr)! Ci sono due modi di reagire. O ti butti giù di morale, oppure accumuli e dici: “Adesso vedrete, sul tatami sarà come sguinzagliare una tigre”».
Cintura nera di incazzatura, insomma. Ma in realtà volevo sapere se andrai a Tokyo con l’obiettivo di conquistare una medaglia.
«Mentirei se dicessi che voglio solo partecipare. Ho vinto tutto e non ho mai avuto l’opportunità di partecipare ai Giochi. Non voglio fare l’Olimpiade, voglio vincere».