L'osteopatia diventa ufficialmente una professione sanitaria, anche in Italia: Paola Sciomachen, presidente del ROI-Registro Osteopati d'Italia, commenta per noi questa importante novità.
L'osteopatia diventa ufficialmente una professione sanitaria, anche in Italia: Paola Sciomachen, presidente del ROI-Registro Osteopati d'Italia, commenta per noi questa importante novità.Che sia per alleviare i fastidi di una tendinite, per placare le coliche di un figlio lattante o semplicemente per dedicare del tempo al proprio benessere, due italiani su dieci prima o poi si sono rivolti a un osteopata. Una figura professionale che ha una visione olistica dell’individuo e, spesso e volentieri, collabora con gli altri medici. Fino a poco tempo fa, però, in Italia mancava un riconoscimento ufficiale. Un vuoto che è stato colmato prima con la legge 3/2018, voluta dall’allora ministra della Salute Beatrice Lorenzin, e ora con un decreto del presidente della Repubblica che la annovera ufficialmente tra le professioni sanitarie. Abbiamo contattato Paola Sciomachen, presidente del ROI-Registro Osteopati d'Italia, che per questa legittimazione si batte da tempo.
Quanti sono in Italia gli osteopati e i loro pazienti?
Si stima che gli osteopati in Italia siano circa 12.000, di cui oltre 4.000 iscritti al ROI – Registro Osteopati d’Italia, la più rappresentativa associazione di categoria. Nel 2017 il ROI ha pubblicato un’indagine demoscopica realizzata dall’Istituto di ricerca Eumetra Monterosa, su un campione rappresentativo di popolazione italiana. Dalla ricerca è emerso che due cittadini su tre conoscono l’osteopatia e il 20% degli italiani, vale a dire 10 milioni, si è rivolto a un osteopata. Il 90% di chi ha usufruito delle cure osteopatiche si è dichiarato molto o abbastanza soddisfatto.
Cosa cambia, sia per gli osteopati sia per i pazienti, ora che l'osteopatia è riconosciuta come una professione sanitaria?
Tre anni fa il Parlamento italiano ha approvato la legge che individua l’osteopatia come professione sanitaria, ma mancava ancora il primo dei decreti attuativi, giunto qualche settimana fa: l’adozione del profilo professionale dà finalmente un’identità agli osteopati e rappresenta il primo passo formale verso la completa istituzione della professione. Abbiamo posto il primo mattoncino, il più importante, ma la strada da compiere per arrivare al compimento della legge è ancora lunga. Ora si procederà con il secondo step: la definizione del percorso formativo universitario. Ci auguriamo che i tempi siano più brevi e di terminare rapidamente questo percorso che porterà l’osteopatia a ricoprire pienamente il suo ruolo fra le professioni sanitarie mettendo a disposizione le competenze che le sono proprie al servizio dei cittadini.
Qual è l'inquadramento previsto negli altri Paesi europei?
Il numero di Paesi europei in cui l’osteopatia è riconosciuta è in costante crescita. Oggi l’osteopatia è regolamentata in Finlandia, Francia, Islanda, Danimarca, Lichtenstein, Malta, Portogallo, Svizzera e Regno Unito. Negli altri Paesi in cui non è ancora stata regolamentata, gli standard di riferimento per la definizione di un quadro normativo sono quelli definiti dalla norma CEN.
Esiste un unico iter per diventare osteopati oppure ci sono diverse strade?
Con il completamento dell’iter legislativo sarà definito il percorso formativo che prevedrà una laurea triennale come per tutte le altre professioni sanitarie. L’obiettivo della nostra associazione è quello di continuare a garantire il massimo supporto alle istituzioni anche in questo passaggio. In questo senso si colloca la ricerca condotta dal CeRGAS – SDA Bocconi che tratteggia il possibile scenario del percorso di studi dei futuri osteopati italiani a partire dall’analisi della formazione osteopatica attualmente offerta in Italia. Il nuovo percorso formativo partirà da un impianto comune a tutte le professioni sanitarie, al quale dovranno essere aggiunte le materie caratterizzanti e il tirocinio clinico.
Oltre che negli ambulatori, la figura dell'osteopata è presente anche in ospedale?
Certamente, sono sempre di più gli osteopati italiani impegnati all'interno delle strutture ospedaliere pubbliche e private, in un approccio integrato con gli altri professionisti sanitari. Naturalmente ci aspettiamo che i progetti sperimentali potranno aumentare dopo il riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria.
Qual è invece il rapporto tra l'osteopata e il medico di base? È frequente che collaborino?
L’indagine di Eumetra Monterosa del 2017 ha rivelato che 1 italiano su 3 sceglie l’osteopata su consiglio del proprio medico di base o di uno specialista della salute. Questo dato ha trovato conferma anche da una ricerca condotta nel 2019 da Lattanzio Monitoring & Evaluation su un campione di quasi 800 osteopati per indagare il rapporto tra osteopatia e trattamento delle patologie croniche: secondo gli intervistati, i medici rappresentano un canale di informazione significativo per indirizzare il paziente cronico presso l’ambulatorio osteopatico. Il ruolo del medico di famiglia e dello specialista è stato segnalato rispettivamente dal 28 e dal 25% degli osteopati intervistati.
In generale, è sempre più frequente la collaborazione tra gli osteopati e gli altri professionisti sanitari, in un’ottica interdisciplinare in cui l’osteopatia è spesso una professione integrata con le altre.
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