Si inizia al primo suono della sveglia e spesso non si finisce mai: imparare a stare offline potrebbe essere la nuova rivoluzione per tornare a star bene. Ecco una piccola guida per sopravvivere alla "prigionia digitale"
Si inizia al primo suono della sveglia e spesso non si finisce mai: imparare a stare offline potrebbe essere la nuova rivoluzione per tornare a star bene. Ecco una piccola guida per sopravvivere alla "prigionia digitale"Ore 7:00 del mattino. Il cellulare ti saluta dal comodino, fedele come sempre. Non hai ancora preso il caffè, ma il dito si muove sullo schermo come se fosse programmato per aprire Instagram, poi WhatsApp, poi Facebook, poi la mail, che lì c'è la newsletter che ti riassume le notizie principali del giorno e ti toglie dalla to do list mattutina la necessità di leggere un giornale o anche solo guardare la tv in cerca di un tg. E il tutto senza nemmeno degnare di uno sguardo il cane che ti osserva con occhi accusatori: “Vengo dopo le notifiche?”. È il tempo dell’iperconnessione, bellezza, e il loop digitale sembra averci definitivamente inghiottiti.
In un momento storico in cui il digitale non è mai stato così accessibile – e così soffocante - siamo sempre più immersi nelle notifiche, nei like e nei messaggi istantanei. Progresso? Forse. Perché spesso e volentieri ci accorgiamo di essere stanchi, irritabili, dipendenti dallo scroll, mai paghi. Viene da chiedersi, dunque: come sta la nostra salute mentale in tutto questo? Spoiler: non benissimo.
Sogno di libertà o solida fregatura?
Torniamo per un attimo al principio. L’iperconnessione sembrava una grandiosa promessa: avremmo potuto lavorare ovunque, tenere vivi rapporti a distanza senza alcuna fatica, avere il mondo letteralmente nel palmo della mano. Una vera e propria rivoluzione. Un sogno lucido e brillante che ci avrebbe liberato da ogni limite fisico e temporale.
Poi è arrivata la realtà. E con essa, l’ansia. L’irrequietezza. L’insonnia. Il bisogno compulsivo di controllare il telefono per vedere se è arrivato “quel messaggio”. La fatica mentale nel decidere fra scrivere una risposta super smart al commento ricevuto su LinkedIn e voltarti verso la persona reale che ti sta parlando, chiedendoti se hai staccato la spina della moka.
Il sogno della libertà digitale si è trasformato in una prigione di vetro: luminosa, coloratissima, piena di notifiche che ti dicono quanto sei desiderato e influente. Ma una prigione, appunto.
Non siamo fatti per stare sempre online
Fisicamente, cognitivamente, emotivamente: la natura non ci ha progettati per stare ore davanti a uno schermo né per ricevere flussi di informazioni incessanti. Qualcuno direbbe che il problema non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui la usiamo. E sì, è vero: il problema è che, molto spesso, la tecnologia ci usa. Quella notifica che lampeggia viola, quel suono che ci fa sobbalzare lo stomaco, quel post scritto apposta per farti sentire un po’ meno realizzato della tua ex compagna di corso che sembra vivere un’esistenza perfetta a Bali.
Ogni volta che il nostro cervello riceve uno stimolo digitale – anche piccolo – si genera un effetto domino. Prima un po’ di dopamina: ci sentiamo gratificati per quella risposta che aspettavamo. Poi, ansia: perché quella risposta è incompleta, perché a quel post dobbiamo per forza reagire, perché l’email di lavoro richiede qualcosa che non abbiamo ancora processato. È come un vortice, e il peggio è che ci trascina dentro senza che ce ne accorgiamo.
E così, mentre cerchiamo sempre nuovi modi per “connetterci di più” al mondo, dimentichiamo di connetterci al più importante dei mondi: il nostro.
Un piccolo manuale per sopravvivere all’iperconnessione
Non possiamo fingere che il digitale sia superfluo. Fa parte della nostra vita, e per certi aspetti è indispensabile. Ma imparare ad affrontarlo diversamente, senza perdere la testa, è possibile.
- Prima di tutto, imponiti delle pause digitali.
No, non morirai se non rispondi subito all’email o se non controlli Instagram prima di dormire. Prova a inserire dei piccoli spazi “offline” nella tua giornata: prenditi un’ora senza telefono, una passeggiata tête-à-tête con te stesso o semplicemente lascialo nella borsa mentre racconti la tua giornata a qualcuno, dal vivo. - Rendi i social uno spazio di consapevolezza, non di confronto
L’iperconnessione diventa davvero tossica quando ti spinge a confrontarti continuamente con gli altri. Ogni volta che apri una piattaforma social, chiediti se lo stai facendo per essere ispirato o solo per rispondere alla famigerata FOMO, quella paura di perdersi qualcosa e di non essere alla pari dei componenti della tua bolla. Perché? Indvina: il confronto è sempre una fregatura. - Se proprio non riusciamo a convincerti, fatti ispirare dalle tue star di riferimento
Tutti i personaggi famosi fanno digital detox almeno una volta nella vita. Non serve cancellarsi, basta premere stop. Disattiva le notifiche per un weekend. Eliminati dal loop. Vai in montagna. Ma seriamente: fermati. Il mondo non perderà il suo equilibrio se tu non posti una storia per due giorni. - Ricorda che la vita è analogica ed è bellissima così
Il vero like è lo sguardo di tua nonna quando le fai visita. Il vero trending topic è il discorso con quella tua amica che ti conosce da sempre e ti capisce con una battuta. Il tutorial che cambia la vita è quello in cui insegni a tuo figlio a camminare o a fare una torta insieme. Il mondo reale, con tutte le sue storture e ingiustizie, ma con profumi e colori a portata di mano è sempre meglio.
Il vero problema non è la tecnologia, ma noi stessi
Alla fine, siamo noi che dobbiamo scegliere. Non è tanto la tecnologia a causare la nostra sofferenza, ma il modo in cui la usiamo. Quando siamo offline, ci sentiamo liberi ma anche smarriti. Quando siamo online, ci sentiamo potenti ma anche fragili. È questo il grande paradosso dell’iperconnessione: ti fa percepire che non puoi vivere senza, ma ti consuma mentre la usi.
Fortunatamente, abbiamo un potere che non si connette a Internet. È il potere di scegliere di rallentare. Di spegnere. Di riscoprire noi stessi senza mediatori digitali e hashtag. E questa è la parte bella: possiamo ancora farlo. Non è facile, certo. È un lavoro quotidiano, ma vale la pena di provarci.
Forse non saremo capaci di rivoluzionare l’iperconnessione globale. Ma di sicuro possiamo cambiare il modo in cui quelle notifiche influenzano il nostro metro quadro. Scopriremo che tante cose di cui pensavamo di aver bisogno erano solo illusioni. E magari, per la prima volta dopo tanto tempo, ci ritroveremo a vivere davvero.
Foto di apertura: iStock

