Le vacanze non sono sempre un’esperienza gratificante: ci sono anche persone che le evitano a tutti i costi. Ma come mai? Ne abbiamo parlato con Roberto Pani, psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista.
Le vacanze non sono sempre un’esperienza gratificante: ci sono anche persone che le evitano a tutti i costi. Ma come mai? Ne abbiamo parlato con Roberto Pani, psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista.Da giugno a settembre (almeno), ti basta aprire un qualsiasi social network per imbatterti in decine e decine di foto, degne del catalogo di un’agenzia di viaggi. Magari sei anche tu tra coloro che pubblicano immagini di spiagge e aperitivi al tramonto, corredandoli con il classico commento: “Non torno più!”. È molto più raro, invece, che qualcuno ammetta di non volerci proprio andare, in vacanza. Eppure, è un’attitudine che esiste e spesso scaturisce da alcune motivazioni ben precise. Ne abbiamo parlato con Roberto Pani, psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista che riceve a Bologna ed è autore di un interessante articolo sul tema.
Sindrome della capanna – e non solo
Al termine del lockdown, quando bar e negozi sono tornati a sollevare le saracinesche, c’è chi ne ha approfittato all’istante per tornare a respirare un po’ di libertà. E c’è chi, invece, ha scelto di non farlo. All’epoca si è parlato tanto di sindrome della capanna: l’isolamento forzato aveva innescato in molte persone una sensazione di forte disagio nelle relazioni con gli altri. Tanto da spingerle a restare comunque a casa, pur non essendo più obbligate a farlo.
“A volte per una predisposizione personale, a volte per proteggersi da insidie di varia natura, alcune persone si chiudono in uno spazio che lì per lì sembra piacevole ma, in un secondo tempo, tende a passivizzarle e a far emergere malinconie che non avevano previsto”, chiarisce il dottor Roberto Pani. “Questa auto prigionia, se prolungata, può rivelarsi molto deleteria”.
Quando andare in vacanza è tutt’altro che allettante
Stiamo dunque parlando di un fenomeno transitorio, strettamente correlato alla pandemia? Sì e no. Perché sono sempre esistite, ed esisteranno sempre, persone che in fondo si sentono meglio a casa. Tanto da preferirla allo svago o, cosa incomprensibile ai più, alle vacanze.
Quasi mai lo ammettono, ma magari si trincerano dietro argomentazioni come “in fondo si sta bene anche qui”. O ancora, accampano scuse di tipo economico e organizzativo, rimandando all’infinito i progetti di ferie. E se proprio sono costrette a partire per adeguarsi alle dinamiche familiari, cercano di tenere duro fino all’agognato momento in cui torneranno al proprio porto sicuro.
“Stiamo parlando di persone che cercano di mantenere il proprio status quo, evitando di allontanarsi dall’ambiente che per loro è familiare”, continua lo psicologo. “Le spaventa la prospettiva di idea di fare un viaggio verso luoghi lontani, luoghi in cui non possono tenere tutto sotto controllo e, anzi, sono esposti a modi di vivere, situazioni e stimoli inediti”.
Perché le vacanze possono rivelarsi un’occasione
Ciascuno ha le sue esigenze e le sue preferenze, ci mancherebbe. Ma, anche senza strafare, ogni tanto può essere utile cogliere l’occasione delle vacanze per ascoltare sé stessi, cercare di sentire ciò che sta accadendo nella propria vita, immaginare nuovi possibili progetti. “Viaggiare apre la mente, fa bene al corpo e al cuore. Il mondo è vario, gli esseri umani pure: è importante mantenere un atteggiamento di curiosità e interesse, anche allenandosi ad affrontare situazioni nuove e insolite”, suggerisce il dottor Pani.
Per concludere, chiediamo al dottore cosa consiglierebbe a chi si sente così restio a partire. “Gli consiglierei di dare a sé stesso delle nuove opportunità. Chiaramente non si può costringere nessuno, ma si può invitare una persona a sperimentare un contesto inedito. Non serve andare fino in Australia: non contano i chilometri che si percorrono, conta la voglia di vedere le cose da altri punti di vista”.
Foto copertina: marcogovel/123rf.com