Non avere a disposizione il senso della vista può essere un'occasione per guardare l'esistenza da un'altra prospettiva, mettendo in campo tutte le altre risorse per scoprire quanti colori ci sono nel buio. Intervista a Daniele Cassioli.
Non avere a disposizione il senso della vista può essere un'occasione per guardare l'esistenza da un'altra prospettiva, mettendo in campo tutte le altre risorse per scoprire quanti colori ci sono nel buio. Intervista a Daniele Cassioli.Nel suo libro Il vento contro (DeA Planeta) Daniele Cassioli, campione paralimpico di sci nautico, non ci gira intorno: "Non serve usare gli occhi per vedere il mondo dalla sua prospettiva migliore". E di argomenti, a sostegno di questa tesi, ne ha di molto convincenti: sentendolo parlare di cecità (anche nel suo Tedx dedicato al concetto di fidarsi ciecamente), si arriva quasi a desiderare di poter "vedere" quello che vede lui nel buio. Per questo gli abbiamo chiesto di darci una sua personale definizione per il nostro Vocabolario delle Celebrità.
"Cecità" per Daniele Cassioli
- La sua definizione di cecità: cos'è per lei?
È l'opportunità di andare più in profondità nei profumi e nei sapori della vita. La mancanza della vista ci può costringere piacevolmente ad addentrarci nel regno del contatto con gli altri, nei profumi di una città, del cibo, delle emozioni. Tutte le cose possono acquistare un sapore diverso.
Il primo ricordo della cecità risale a quando da piccolo andavo al supermercato con mia madre. Toccavo tutte le cose che mi passavano di fianco e apprezzavo cose a cui non faceva caso. Ritorna la suggestione dei profumi. Mi ricordo di aver detto un giorno "Mamma, guarda, ci sono le fragole, prendile". Lei mi risponde che no, le fragole non ci sono. E invece c'erano, solo erano lontane da noi e lei non le aveva viste.
Oggi la cecità rappresenta una compagna di viaggio, come avere un cane, un amico, una costante condizione tramite la quale apprezzo molto di più determinate cose. Senza la cecità non esisterebbe il mio libro, Il vento contro, ad esempio.
- Quando pensa a "cecità" qual è la parola o l'aggettivo che vi associa nella sua mente? Perché?
Libertà, perché si perde e si conquista. Con la cecità ho perso la libertà di fare un giro in macchina. Ma grazie allo sport l'ho recuperata. Per questo a cecità associo sia "libertà" che "sport".
- Lei vede le debolezze come amici: come l'ha "aiutata" la cecità?
Mi ha fatto apprezzare il contatto. Stiamo perdendo l'abitudine al contatto con gli altri. La cecità ha costretto gli allenatori a toccarmi per imparare a spiegarmi cosa fare. Avrei voluto giocare a pallone, magari ora sarei in Serie A, ma la cecità mi ha permesso di scoprire uno sport che non avrei mai fatto altrimenti.
Inoltre la cecità mi ha aiutato a fidarmi degli altri. Spesso li percepiamo come seccatura, ma possono diventare un punto di forza. Senza la fiducia negli altri non avrei fatto tutto quello che ho fatto. Ci si arricchisce a vicenda. Poi noi esseri umani siamo straordinari: ci fidiamo di gente che non conosciamo e poi fatichiamo a fidarci degli amici o persino di noi stessi.
- Cosa si vede nel buio?
Fisicamente nulla, ma c'è gente che ha il dono della vista, ma è molto più al buio di tante persone perché non si apre agli altri. Questo buio mi ha spinto ad aprirmi.
- Cosa potrebbe insegnare la cecità al mondo contemporaneo?
Tantissime cose. Che diamo tutto per scontato, che ci lamentiamo di cose inutili. Che abbiamo un sacco di risorse: la cecità ti costringe a scavarti dentro per trovare gli strumenti per risolvere una situazione. Cercavamo una medicina per risolvermi la vita, ma la mia storia dimostra che quando accetti la tua condizione, dentro di te puoi trovare tutti gli strumenti per essere felice e vivere al massimo delle tue possibilità.
Foto di apertura: Facebook Daniele Cassioli