L'associazione Plan International dedica la ricorrenza del 18 dicembre alle storie delle vittime della crisi umanitaria causata da Boko Haram: ecco come Sarah è sfuggita agli stupri dei miliziani.
L'associazione Plan International dedica la ricorrenza del 18 dicembre alle storie delle vittime della crisi umanitaria causata da Boko Haram: ecco come Sarah è sfuggita agli stupri dei miliziani.Il 18 dicembre si celebra la Giornata Mondiale dei Migranti. Benché i flussi migratori non accennino a fermarsi, complice anche la crisi in Medio Oriente, nel mondo sono molte le crisi umanitarie silenziose, quelle a cui i telegiornali non dedicano spazio. Ad esempio, oltre 2 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case per colpa degli attacchi indiscriminati dei miliziani Boko Haram.
E agli sfollati a causa delle violenze di Boko Haram che l'organizzazione Plan International dedica questa giornata e i propri sforzi in Nigeria e Ciad.
La migrazione silenziosa e dimenticata coinvolge le popolazioni che vivono nel bacino del Lago Ciad, dove si affacciano Camerun, Ciad, Niger e Nigeria. Dal 2009 le milizie Boko Haram hanno assediato la zona nel tentativo di instaurare un califfato islamico in Africa occidentale. Violenze, rapimenti e carestie colpiscono maggiormente donne e bambini: le scuole vengono chiuse e le ragazzine sottoposte a violenze sessuali e psicologiche.
Ma c'è chi, come Sarah, ha trovato il modo per salvarsi
Quando Sarah (nome di fantasia) aveva 18 anni, fu rapita dai militari Boko Haram. Insieme alla sua matrigna si trovava in Nigeria. Era il 2014. Ebbe un'idea: l'unico modo per sopravvivere stava nel fingersi disabile. Con questo stratagemma sarebbe diventata poco desiderabile agli occhi dei militari che l'avevano rapita.
I rapimenti di massa per ridurre in schiavitù la sua gente erano all'ordine del giorno. Sarah e sua madre stavano lavorando nei campi: sapevano di esporsi al pericolo, ma non avevano molte possibilità di scelta. Il cibo era necessario e coltivarlo era l'unica speranza per sopravvivere al prossimo anno.
Il primo ricordo di Sarah dopo il rapimento riguarda il camion che ha portato lei e sua madre, insieme con altre donne, in una località a nord. "C'erano soldati ovunque", ricorda Sarah. Una volta a destinazione, uomini urlanti chiedevano alle donne il loro nome. Arrivato il suo turno, Sarah si limitò a stare in silenzio e a guardare nel vuoto.
"La mia matrigna capì cosa stavo facendo. Gli disse che un fulmine mi aveva colpita da bambina e da allora non rispondevo a nulla". Grazie a questa idea, Sarah e sua madre furono esentate dall'imparare le scritture, compito a cui le altre donne erano costrette.
Il comportamento di Sarah confondeva i militari. Non sapevano bene cosa fare con lei. Fecero delle domande alla madre, che confermò la storia. "Disse loro che non potevo parlare, udire o pulirmi", racconta Sarah "Questo sembrò disturbarli e non fecero più domande".
Sarah trasformò il suo comportamento. Rifiutava di mangiare, fingeva di non saper usare il bagno. "Ero pronta a interpretare qualsiasi ruolo per evitare che quegli uomini mi toccassero, come facevano con le altre donne catturate. Le costringevano a sposarsi e le rendevano schiave per i propri bisogni".
La sua tattica funzionò e, quando il gruppo si mosse dall'area, lasciarono Sarah e sua madre libere. Nonostante questo, la vita per Sarah e sua madre non fu facile da quel momento. Le violenze hanno reso scarsi e costosi i semi, rendendo difficile il lavoro agricolo.
Secondo le stime dell'Onu, la crisi alimentare in Nigeria e Ciad mette in pericolo 6,3 milioni di persone. Per alleviare questa situazione Plan International ha aperto due uffici a Adamawa e Borno, per aiutare le famiglie in difficoltà, in particolar modo donne e ragazze. Proprio a loro sono dedicati i piani di inserimento lavorativo e di integrazione.
Photocredit: Plan International