Cara Maya,
volevo condividere con te questo episodio. L’altro giorno mi sono ritrovata a dover dividere due persone che stavano litigando. Una delle due era ubriaca e per manifestarmi la sua contrarietà al mio essere intervenuta, mi ha dato della lesbica.
Ho provato profonda tristezza nei suoi confronti. Come può una parola del genere essere utilizzata come un insulto? Non mi pare di aver mai sentito qualcuno deridere qualcun altro dandogli dell’etero.
Viviamo in una società che a volte mi fa paura. Spero che nel futuro qualcosa possa cambiare…
G.
Maya Risponde
Carissima G.,
le parole non sono altro che l’espressione dei nostri pensieri. Se i pensieri non cambiano, non si può lavorare sul linguaggio.
Racconti del genere sono, purtroppo, ancora oggi nelle storie di ognuno di noi. C’è chi li vive in prima persona, chi attraverso i racconti di chi viene ferito ogni giorno. Perché sì, è proprio vero che le parole possono essere più taglienti di 100 lame.
Cosa possiamo fare per avere un futuro migliore? Smettere di sperare e iniziare ad agire. A cambiare il senso, la percezione e l’impatto che le nostre parole possono avere sugli altri. Su di noi.
Come? Banalmente, partendo dall’autoironia. Se certe persone riescono a farci male, a renderci tristi con una semplice parola, è perché siamo noi che glielo abbiamo permesso.
Allora sai cosa si dovrebbe fare? Riderci su e restare impassibili. Iniziamo a cambiare noi. Un po ‘ come i ragazzi gay che tra loro si chiamano froci. Sono impossibile da scalfire e sono l’esempio più bello di come l’ironia salverà il mondo.
Non a caso, sai cosa si dice? “Non con l’ira, ma col riso si uccide”.
Maya
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Foto: Anna Selle/unsplash