La magia intatta del castello dei conti Guidi, in Casentino
La magia intatta del castello dei conti Guidi, in CasentinoDa lassù, guardando il bellissimo panorama della vallata che si apre verso l’Arno e poi fino alle cime appenniniche, è inevitabile pensare a uno dei suoi ospiti più illustri e ai suoi tempi: Dante Alighieri, la battaglia di Campaldino del 1289, l’epoca medievale dei castelli e del romanico. Già, perché vedendo oggi il castello di Poppi, si comprende senza fatica come la collocazione sia fondamentale e strategica per tutta la zona. L’abitato, che gli si snoda di fianco, conserva ancora la struttura originaria, come se tutto fosse sospeso nel tempo. Sono proprio le strade del paese, fra l’altro, il set dove Leonardo Pieraccioni nel 1996 girò gran parte del suo primo successo cinematografico, Il ciclone.
Al castello, dunque, si arriva con una breve salita che si apre sul Pratello, ampio spiazzo verde dove anticamente si organizzavano tornei. Un documento lo nomina per la prima volta nel 1169: vi abitavano i conti Guidi, signori del luogo, che dominarono la zona fino al 1440, anno in cui Poppi cadde definitivamente sotto il dominio dei Medici. I nomi dei primi Guidi hanno il sapore della leggenda: Guido Bevisangue, perché pare che leccasse la spada dopo ogni scontro con il nemico; Guido Guerra, valoroso uomo d’armi. Fu poi il conte Simone da Battifolle a trasformare quello che era solo il cassero in una dimora signorile, e a munire nel 1261 la città con una cinta di mura, esistente ancora oggi. Qui Dante soggiornò due volte, nel 1307 e nel 1311: la leggenda vuole che vi componesse il canto XXXIII dell’Inferno.
L’originario ponte levatoio che segnava l’ingresso al castello oggi è stato sostituito con un ponte in muratura. Dopo l’accurato restauro di alcuni anni fa il castello è interamente visitabile. Si entra attraverso l’arco della Munizione, torretta che un tempo era il deposito per le armi, quindi, si accede nella corte. Nei sotterranei è ancora possibile vedere le antiche prigioni; inoltre è stato allestito un museo della battaglia di Campaldino con un plastico che illustra lo scontro. Ai piani superiori il salone delle Feste, con il soffitto decorato, la preziosa biblioteca Rilliana che conserva migliaia di volumi antichi, incunaboli e manoscritti, e la cappella dei Conti Guidi, con affreschi risalenti al XIV secolo di Taddeo Gaddi, allievo di Giotto.
Un edificio come questo non può non avere come abitanti dei fantasmi. Il più noto è forse quello della contessa Matelda; moglie di un non identificato conte Guidi sempre lontano per affari o battaglie, potrebbe essere definita come un’amante insaziabile, che non più appagata da cavalieri o menestrelli che passavano per quei paraggi, prese ad adescare giovani, contadini e soldati del posto. Alle prime luci dell’alba, dopo un’infuocata notte d’amore, invece di lasciarli andare Matelda li gettava in un pozzo. Forse perché colta sul fatto oppure accusata dagli abitanti del paese che avevano visto scomparire troppi giovani, la contessa fu murata viva dal marito nella torre del Diavolo, sul lato opposto del Pratello, di fronte al castello. La torre esiste ancora oggi, e nelle notti di luna, tendendo l’orecchio, capita di sentire i lamenti di Matelda imprigionata.
Altri due fantasmi abitano proprio nel castello. Uno è Guido Simone di Battifolle, vicario di Firenze nel 1316, i cui avi sono i conti Guidi, celebrato con una statua che si trova in cima allo scalone di pietra. L’altro spettro è quello del menestrello Grifo che, invitato a corte, una sera si trovò davanti la statua del conte che lo inseguiva minacciosamente. Terrorizzato, ebbe la cattiva idea di raccontare la sua disavventura ai castellani. Questi, per prenderlo in giro, organizzarono una perfida burla: uno di loro si travestì con la corazza del conte ed entrò nella camera di Grifo mentre stava dormendo. E il povero menestrello morì d’infarto.
Poppi si mostra ancora con la sua struttura urbana originaria: appena sotto il castello, sulla piazza, ecco l’oratorio della Madonna del Morbo, costruito tra il 1657 e il 1705 come ringraziamento per aver preservato gli abitanti dalla peste nelle epidemie del 1530 e del 1631. Percorrendo la strada principale si può camminare sotto i portici, costruiti sotto gli ‘sporti’, tipici delle case medievali, di cui ancora si notano le robuste travi di legno di sostegno, fino a giungere all’abbazia di San Fedele, che conserva al suo interno pregevoli opere trecentesche.
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