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Il Pignarûl Grant dell'Epifania

Lo spettacolare rito del fuoco a Tarcento, in Friuli

Lo spettacolare rito del fuoco a Tarcento, in Friuli

Il fuoco brucia, il fuoco purifica: anche per questi motivi nel cuore dell’inverno, la dodicesima notte dopo il Natale, si accendono fuochi e falò in tutto il Friuli, riscaldando e illuminando le montagne e i borghi. Beleno e Belisma, il dio della luce e la dea del fuoco: a loro probabilmente furono dedicati i primi roghi accesi dagli antichi abitanti del luogo, che vivevano qui già prima che giungessero le popolazioni celtiche, per invocare fecondità e auspici per li nuovo anno.

Le tradizioni legate al giorno dell’Epifania, diffuse in molti paesi anche dell’Europa centrosettentrionale, sono di due tipi: da una parte le feste chiassose e burlesche che preludono al carnevale; dall’altra, invece, sussistono celebrazioni che hanno un sapore mistico e magico, e i fuochi friulani appartengono senz’altro a quest’ultima categoria. L’accensione dei falò sulle colline aveva lo scopo di allontanare gli influssi malefici e di invocare la benevolenza degli dei protettori della terra. Combattuti all’inizio del cristianesimo, questi riti sono poi stati assorbiti all’interno delle celebrazioni cristiane: quando per esempio si benedice il fuoco con l’acqua benedetta, si ricollega lo scoppiettio delle fiamme al diavolo che fugge via. E intorno ai fuochi, la gente spia la direzione del fumo delle scintille, perché è da questo che si traggono previsioni per l’anno appena iniziato; intanto si beve vin brûlé e si mangia la pinza, focaccina fatta con farina di mais, fichi secchi, uvetta e pinoli.

A Tarcento il rito del Pignarûl è molto sentito, e ancora oggi la festa viene organizzata mantenendo molti aspetti dell’antico cerimoniale. La festa inizia il 4 gennaio, ma è il 5 che si vivacizza, con l’apertura di chioschi e spettacoli musicali. La celebrazione del fuoco e della luce inizia con il lancio di lanterne volanti, quindi avviene il ritrovo dei pignarulârs, uomini che si occuperanno della preparazione e accensione dei vari fuochi. In questa occasione, in passato, prendevano dal braciere posto sul sagrato della chiesa il fuoco benedetto, quindi accompagnavano il Vecchio Venerando all’accensione del grande fuoco. Il Vecchio Venerando partecipa ancora oggi al rito: a metà strada fra il druido e il sacerdote, avrà il compito di fare le previsioni. Ancora oggi, i pignarulârs sfilano con le loro torce per le strade del paese, ricordando quando ci si spostava dalle chiese con le fiaccole per accendere i fuochi sulle colline. Altro momento divertente e spettacolare è la successiva corsa con i carri infuocati, quando si sfidano le varie borgate.

Il 6 proseguono i festeggiamenti, i cui momenti culminanti si aprono con il corteo storico: sfileranno i nobili della regione, come i Grossumbergo di Gemona, il conte di Gorizia, le famiglie Prampero, Zuccola, Villalta, il patriarca Raimondo della Torre. Sarà il Vecchio Venerando, nella veste di narratore, che alla fine della sfilata racconterà ai bambini presenti della solenne investitura feudale che il patriraca di Aquileia, Raimondo della Torre, conferì al nobile Artico di Castel Porpetto, avvenuta nel 1290. Quindi il Vecchio chiederà a tutti i presenti di seguirlo lungo la salita di Coja, con le fiaccole accese, là dove si trovano i resti dell’antico castello: qui sarà lui ad accendere il grande castello di legna, un grande cono preparato a regola d’arte, il Pignarûl Grant, alto fino a 16 metri. Osservando l’andamento del fuoco si trarranno gli auspici: se il fumo piega verso est, l’anno sarà ottimo; viceversa, se si dirige verso ovest, la frase rituale pronunciata consiglia di andar via e di cercare fortuna altrove.

Il giorno dell’Epifania e la vigilia tutta la regione è illuminata da falò: in Carnia, a Paularo, si accende il Falò della Femenate; a Pesariis e a Comeglians si fanno rotolare sui pendii delle rotelle infuocate; a Cassacco si accende il falò più alto della regione. Il 6 gennaio, poi, a Cividale si ripete l’antico rito della Messa dello Spadone, nel quale il Patriarca di Aquileia riceveva dall’imperatore il potere militare, civile e politico. La cerimonia è officiata da un diacono, sfarzosamente vestito e con il capo coperto da un elmo piumato, che benedice per tre volte i fedeli con la spada del patriarca. A Gemona invece si tiene la Messa del Tallero, durante la quale un capitano del popolo offre al prete officiante un tallero d’argento, moneta del 1780 coniata dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria.

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