Ceri, santi e barelle alla festa di Gubbio
Ceri, santi e barelle alla festa di GubbioPer comprendere quanto possa essere importante questa festa per l’intera regione, è sufficiente dire che lo stemma e il gonfalone dell’Umbria raffigurano proprio i tre ceri. La Corsa dei Ceri di Gubbio rappresenta la storia e la cultura del ‘cuore verde d’Italia’, con i suoi valori cristiani e precristiani, rurali e urbani, antichi e moderni. Per capire cosa possa essere questa festa si deve essere lì il 15 maggio, vigilia del giorno dedicato al patrono, sant’Ubaldo.
L’origine del rito pare collegata alla morte del vescovo della città Ubaldo Baldassini, avvenuta nel maggio del 1160. Da quell’anno, come segno di devozione verso il santo, il giorno precedente il lutto (la ricorrenza della morte è fissata il 16 maggio), la popolazione saliva in processione verso la basilica, sul monte Ingino, portando tante grosse candele. Queste, offerte dalle varie corporazioni di arti e mestieri, con il tempo divennero sempre più grandi, tanto che fu necessario costruire delle barelle per trasportarli. Nel XVI secolo i ceri veri e propri furono sostituiti con strutture di legno, più o meno della stessa forma di quelli attuali. Immutati, invece, la data e il percorso che viene fatto.
I ceri dunque sono tre, simili nella forma: si tratta di prismi ottagonali di legno, alti circa 4 metri, trasportati per mezzo di barelle e sormontati da tre piccole statue che rappresentano i santi protettori delle corporazioni: sant’Ubaldo, protettore della città e dei muratori, san Giorgio per i commercianti e sant’Antonio per i contadini. Durante l’anno le figure sono conservate nella chiesetta di San Francesco della Pace, mentre i ceri e le barelle sono custoditi nella basilica di Sant’Ubaldo, sul monte Ingino, dove è custodito il corpo del santo dal 1194.
I primi preparativi avvengono la prima domenica di maggio, quando i ceri sono portati in città. Quindi la mattina del 15, molto presto, i vari gruppi di ceraioli, con i loro capitani, si radunano a vanno a prendere le statuette dei santi. Poi, intorno alle 11,30, nella piazza piena di gente, si montano i ceri sulle barelle e le figure sulla sommità, quindi ecco l’alzata dei ceri, molto spettacolare, accompagnata dalla rottura di tre brocche come segno benaugurante. Dopo tre giri comincia la corsa per le strade della città, nella quale ci si ferma presso le case dei vecchi ceraioli, e si giunge infine al punto di partenza per la corsa vera e propria, che avverrà nel pomeriggio. Appoggiati su particolari piedistalli, i ceri possono essere osservati con calma e da vicino. Nel pomeriggio una processione porta per le strade la statua di sant’Ubaldo, quindi i tre ceri, sempre nello stesso ordine (sant’Ubaldo, san Giorgio e sant’Antonio) si avviano verso la chiesa di San Giovanni. Alle 18, dopo la benedizione del vescovo, ecco la partenza: la corsa si svolge senza sorpassi (che sono vietati) perché all’arrivo i tre ceri arriveranno sempre nello stesso ordine, con sant’Ubaldo in testa. Il percorso è di 3 chilometri e 400 metri, e si snoda in discesa e in salita, lungo strade strette e tortuose. I ceraioli che portano le barelle si danno il cambio in corsa, e la loro abilità sta proprio nel mantenere il cero sempre ben dritto, evitando scivolate e cadute.
I gruppi sono contraddistinti da camicie di diverso colore (giallo, azzurro e nero). Assegnati all’interno di ogni gruppo ci sono vari ruoli: i ceraioli, che di solito si tramandano di padre in figlio la scelta del cero (non ci sono quartieri o contrade) e che sono in numero variabile; quindi i Capitani, estratti a sorte con due anni di anticipo, che si occupano dello svolgimento della gara, precedendo a cavallo i ceri. I capodieci sono uno per cero e sono i responsabili: partecipano a tutte le cerimonie, assegnano i compiti, organizzano la corsa e coordinano le persone, portano il cero nel primo tratto e alla fine, all’abbassata per l’entrata in chiesa. Le altre figure che partecipano sono i tamburini, i trombettieri e i capocetta, che oggi hanno solo valore simbolico ma prima avevano il compito di far rispettare le regole della corsa. Durante il percorso in città sono previste anche alcune soste, mentre l’ultimo tratto che è in salita, lungo circa un chilometro e mezzo e su strade sterrate, si fa tutto d’un fiato, fino all’entrata in chiesa e alla chiusura del portone.