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Andar per caselli

L'antica tradizione casearia reggiana

L'antica tradizione casearia reggiana

Viaggiando lungo l’autostrada del Sole attraverso la provincia di Reggio Emilia si scorgono ancora le antiche case coloniche dalla struttura inconfondibile; spesso poi, lo sguardo nota anche costruzioni particolari, simili a tempietti o a battisteri, di forma ottagonale. Non sono edifici sacri, sono i caselli, nei quali fino a qualche decennio fa si faceva il Parmigiano Reggiano. Ne rimangono ancora diversi, spesso sono stati restaurati e ristrutturati, spesso hanno destinazioni diverse (ristoranti, per esempio) e punteggiano la campagna tutt’intorno a Reggio, ad Aiola, Sesso, Bagnolo in Piano, San Donnino di Liguria, Casalgrande o Roncadella. Nel 1934, con la nascita del Consorzio del Parmigiano Reggiano, i produttori decisero di riunirsi per tutelare la qualità e la genuinità del prodotto, scegliendo da quel momento di spostare la lavorazione in più moderni caseifici.

Questo tipo di costruzione non ha origini molto antiche, visto che i primi vennero costruiti tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Se ne può osservare uno in località San Michele della Fossa: ha pianta rettangolare e un semplice tetto a capanna, mentre le finestre hanno una sorta di grata verticale di legno. I caselli tipici, ottagonali, nascono successivamente (nella seconda metà dell’Ottocento) e hanno caratteristiche ben precise; la loro architettura è estremamente funzionale, ma anche raffinata. I muri sono spesso sorretti da colonne ai lati dell’ottagono: su un lato è l’ingresso, mentre le altre pareti hanno grandi aperture tutte coperte da gelosie di legno o di mattoncini, disposti su più file e orientate in modo diverso, allo scopo di garantire la circolazione dell’aria ed evitare però le correnti, proteggendosi allo stesso tempo dal sole. Alcuni caselli hanno una sorta di torretta per una maggiore aerazione; in altri, invece, le gelosie sono particolarmente raffinate: rosoni simili a quelli di chiese gotiche, archi a sesto acuto, pilastrini lavorati come colonnette. Alla colonna centrale che sorregge il tetto sono fissate mensole e ganci per tenere la caldaia, il pentolone dove si cuoce il latte; alla base è il focolare, e spesso la colonna fungeva da camino. Altri attrezzi indispensabili sono le fascere, gli stampi di legno che servono a dare al formaggio la caratterstica forma cilindrica.

In questo laboratorio avveniva l’intera lavorazione: il contadino portava il latte dopo la mungitura, la sera e la mattina, lasciandolo riposare. Quindi si metteva nella caldaia di rame a scaldare con il siero, in modo che il formaggio cominciasse a fermentare. Raggiunta una certa temperatura si univa il caglio; dopo aver rotto la cagliata con un apposito attrezzo, si aumentava il calore e quindi si faceva riposare il formaggio, in modo che si depositasse sul fondo del pentolone. Una volta solidificato, si sollevava con una pala e veniva messo nella fascera affinché prendesse la forma, appoggiato a un piano inclinato per eliminare il siero. Dopo qualche giorno, la forma di parmigiano aveva già una leggera crosta; era questo il momento per toglierla dalla fascera e portarla nei magazzini, dove avvenivano la salatura e la stagionatura. 

Per salvaguardare la cultura e la tradizione artigianale della lavorazione del parmigiano reggiano è stato creato un museo veramente particolare. Si trova ad Aiola. Il casello, risalente alla fine del Settecento, è stato smontato e ricostruito pezzo per pezzo nel centro del paese. Ha pianta ottagonale, colonne ai vertici e le pareti sono schermate da gelosie di mattoni. La colonna al centro serve anche da camino e conserva ancora, su un lato, la nicchia per il santo protettore. Qui vi è stato istituito il Museo del Parmigiano Reggiano e della Civiltà Contadina della Val d’Enza: vi è conservato tutto l’occorrente. Inoltre l’area museale raccoglie oltre 3000 oggetti e attrezzi usati nella campagne, oltre a una quarantina tra calessi, carri e carrozze intagliati. In occasione del 1° maggio, festa della sagra di San Giuseppe, è possibile assistere alla dimostrazione pratica della cottura di una forma di parmigiano a fuoco di legna.

www.comune.montecchio-emilia.re.it

Museo del Parmigiano Reggiano e della Civiltà Contadina in Val d’Enza, località La Barchessa
Via Copellini 13, Villa Aiola di Montecchio Emilia (Reggio Emilia)
Telefono: 0522 871271