In Sardegna un'antica piramide preistorica
In Sardegna un'antica piramide preistoricaIl sito di Monte d’Accoddi, nel sassarese, conserva un grande altare a forma di piramide tronca con una lunga rampa d’accesso; le caratteristiche strutturali sono assai simili a quelle delle ziqqurat mesopotamiche: si tratta di una vera rarità, un esemplare unico non solo nell’isola ma anche nell’area dell’intero Mediterraneo.
La possente struttura, costruita interamente a secco con grandi blocchi irregolari di calcare, ha una dimensione di circa 37,50 x 30,50 metri, è alta circa 8, anche se originariamente raggiungeva i 37 metri. A un lato del santuario si appoggia una grande rampa di accesso lunga 41,50 metri, più stretta alla base, 7 m, e più larga al punto di congiunzione con il monumento, circa 13,50 m. La lunghezza totale della piramide è di 75 metri.
Il sito era già frequentato tra il neolitico recente e l’eneolitico, quindi tra V e II millennio a.C. Si tratta di una costruzione antichissima, addirittura precedente all’epoca dei grandiosi nuraghi sardi. Il monumento è privo di confronti sia per la forma, sia per la funzione: è difficile dire quale fosse la finalità di questo santuario, e soprattutto giustificare la sua struttura così simile alle costruzioni proprie della lontana civiltà mesopotamica.
Il complesso sorge su un altro edificio più antico, utilizzato anch’esso come santuario; ce lo dicono i resti di ocra rossa ritrovati al suo interno che probabilmente ricoprivano le pareti; il pigmento, considerato sacro dalla maggior parte delle popolazioni preistoriche, era infatti legato alla sfera della spiritualità. Per questo il monumento viene oggi chiamato ‘Tempio Rosso’, anche se al suo interno non mancavano decorazioni gialle e nere.
L’insieme della struttura è stato dunque riferito a un monumento sacro, un grande altare. Intorno sono stati ritrovati alcuni menhir, probabilmente immagini di divinità, e due lastre poligonali, interpretati come altari per sacrifici. Sulla piramide è stata inoltre ritrovata la sepoltura di un bambino appartenente all’età del Bronzo.
L’ipotesi più accreditata circa la funzione di tale altare si riallaccia alla cultura mesopotamica, il santuario doveva essere una sorta di punto d’incontro tra terra e cielo, unione che, secondo la leggenda, sarebbe avvenuta per mezzo di un monte dal quale sarebbe scesa la divinità. Durante i riti propiziatori sull’altare venivano sacrificati animali offerti alle divinità, tutt’intorno sono stai ritrovati resti di cibi e utensili.
Oltre alla commemorazione dei defunti, con molta probabilità il sito era dedicato al dio Sole, teoria che trova conferma in alcune pietre sferiche incontrate nei dintorni, che potrebbero essere assimilate ai pianeti. Secondo un’altra ipotesi, confermata da studi astrofisici, la piramide riproduce la Stella del Sud, costellazione un tempo visibile da quella zona della Sardegna. Il sito venne abbandonato durante II millennio a.C. circa, in coincidenza dell’avvento della civiltà nuragica.
Intorno al santuario si estendeva un villaggio con capanne a pianta quadrangolare suddivise in vani interni, che hanno restituito un’enorme quantità di reperti, fra cui idoletti, armi e strumenti di ossidiana e di selce, accette levigate e a volte anche decorate, alcuni oggetti di rame e moltissima ceramica. Vicino al santuario un antiquarium espone alcuni pannelli didattici, i reperti, invece, sono conservati presso il museo G. A. Sanna di Sassari.
È accertato che il sito fu abitato prima da gruppi appartenenti alla cultura di Ozieri e in seguito dai Filigosa-Abealzu, entrambe civiltà che abitavano la regione in epoca preistorica. Il nome dei due gruppi deriva dalle località in cui furono fatti i principali ritrovamenti; anche la società dei Filigosa-Abealzu divinizzava i propri defunti ed era solita innalzare menhir. Sebbene il santuario di Monte d’Accoddi sia unico nel suo genere, tutta la zona è puntellata di siti archeologici tra nuraghi, dolmen, menhir e necropoli; nei dintorni sorge la necropoli di Sant’Andrea Priu, con le cosiddette domus de janas, sempre a Bonorva è possibile visitare il complesso dei Tres Nuraghes, e i resti di alcune Tombe dei Giganti, tipiche sepolture di età nuragica.