Quella famosa Ultima Cena
Quella famosa Ultima CenaIl Cenacolo di Leonardo da Vinci è forse il dipinto più famoso del mondo e tra i più enigmatici della storia dell’arte. È la più celebre rappresentazione dell’Ultima Cena, tema classico dell’iconografia, dotata di una profondità tale da suscitare molteplici interpretazioni, teorie esoteriche e la ricerca di significati nascosti dietro ai protagonisti della scena.
Per la sua carica innovativa l’affresco ottenne subito una fama straordinaria, che si è mantenuta nel corso dei secoli. Dal 1980 il Cenacolo è iscritto alla lista del patrimonio dell’UNESCO, in quanto capolavoro del genio creativo umano nel campo delle arti e del disegno.
Si tratta di un dipinto a olio fatto su intonaco, la tecnica scelta, però, si è rivelata poco adatta all’umidità dell’ambiente; per questo negli anni furono necessari diversi e frequenti interventi di restauro. L’ultimo e più impegnativo venne avviato nel 1977 e durò per circa vent’anni, fino 1999.
Leonardo unisce in questa rappresentazione elementi tradizionali e innovativi. La scelta di raffigurare Cristo e i dodici apostoli dietro la tavola, in una visione frontale, è un elemento classico, ripreso dall’iconografia tradizionale.
La resa artistica del dipinto è data dalla sapiente fusione della tecnica del chiaroscuro e dell’utilizzo della prospettiva. Alle spalle dei commensali vi è una parete: la luce che filtra dalle tre finestre illumina la scena da dietro e dai lati, regalando all’insieme un’angolazione particolare. Dalle finestre s’intravede un paesaggio in lontananza.
Il primo elemento innovativo introdotto da Leonardo è l’espressività che viene data ai personaggi. A differenza delle precedenti rappresentazioni, caratterizzate da una certa staticità, quella di Leonardo è un dipinto in movimento che cattura il momento in cui Gesù dice agli Apostoli ‘Uno di voi mi tradirà’. Le reazioni dei dodici si registrano nei gesti, nelle espressioni, nelle pose e nell’atteggiamento, tutti elementi che comunicano all’osservatore i sentimenti di ciascuno di essi.
La scena appare più movimentata al centro del tavolo, e più statica verso gli estremi, questo perché vengono rispettati i principi dell’acustica, i più vicini sentono meglio le parole di Gesù.
Gli Apostoli sono rappresentati a gruppi di tre mentre stanno parlando tra loro. Partendo da destra si vede il primo insieme, formato da Bartolomeo, Giacomo il Minore e Andrea, che è forse quello più statico: i tre guardano sopresi Gesù, i loro volti comunicano stupore e spavento.
Il secondo gruppo include Pietro, Giuda e Giovanni: Pietro e Giovanni sono scostati in dietro e parlano tra loro, lasciando in questo modo isolato Giuda, spostato in avanti. La soluzione scelta da Leonardo per rappresentare quest’apostolo costituisce un particolare davvero originale: nell’iconografia tradizionale Giuda viene in genere rappresentato in una posizione isolata, in questo caso appare comunque singolarmente ma non viene separato fisicamente dagli altri.
Alla sinistra di Gesù vediamo Tommaso, Giacomo il Maggiore e Filippo, tre figure che si rivolgono a Gesù parlando all’unisono, visibilmente sconcertate.
L’ultimo gruppo rappresenta Matteo, Taddeo e Simone nell’atto di comunicare tra loro, senza guardare Gesù, anche se questo viene indicato da Matteo.
Il centro dell’immagine è data dal Cristo stesso, da solo, con espressione sofferente, le braccia allargate in segno di resa.
Anche la tavola imbandita è una vera e propria manifestazione delle capacità pittoriche di Leonardo, è, infatti, ricca di particolari tra piatti e cibi che diventano delle nature morte.
Durante i restauri sono state trovate lamine d’oro e d’argento, questo indica la volontà di Leonardo di rendere il dipinto il più realistico possibile, utilizzando anche metalli preziosi. Inoltre, è stato ritrovato un buco in coincidenza del volto del Cristo, probabilmente causato da un chiodo utilizzato come punto di fuga per determinare la corretta prospettiva dell’immagine.
Il Cenacolo decora una parete del refettorio di Santa Maria delle Grazie. Il complesso venne commissionato nel 1463 dai frati dell’Ordine dei Domenicani a Guiniforte Solari. Del refettorio, però, se ne occupò Donato Bramante, durante l’opera di ampliamento del complesso, che studiò la disposizione delle finestre dell’ambiente per ottimizzare la luce che avrebbe illuminato l’opera di Leonardo. L’incarico gli fu affidato da Ludovico il Moro, Signore di Milano, il quale voleva collocare all’interno dell’edificio la tomba che avrebbe dovuto accogliere le sue spoglie e quelle della moglie.