Alla scoperta dei luoghi d'infanzia dello scrittore
Alla scoperta dei luoghi d'infanzia dello scrittoreCesare Pavese nacque il 9 settembre 1908 a Santo Stafano Belbo, un piccolo paese delle Langhe in provincia di Cuneo. La famiglia stava trascorrendo le vacanze estive in campagna, e Cesare vide la luce proprio nella cascina di San Sebastiano. Trascorse anche alcuni anni della sua giovinezza nel piccolo paese piemontese e vi frequentò la prima elementare. Terminò le scuole a Torino, la città dove realmente visse la maggior parte della sua esistenza, ma le Langhe rimasero nel cuore dello scrittore.
Il Pavese ‘cittadino’ ha avuto un rapporto duplice verso la campagna: da un lato di amore, perché rappresentava la spensieratezza della sua infanzia, il periodo in cui tutto era ancora possibile; d’altro canto però la città era per lui la vita vera. Diceva infatti: ‘La campagna sarà buona per un riposo momentaneo dello spirito, buona per il paesaggio, vederlo e scappar via rapido in un treno elettrico, ma la vita, la vita vera moderna, come la sogno e la temo io è una grande città, piena di frastuono, di fabbriche, di palazzi enormi, di folle ’.
Santo Stefano Belbo viene descritto da Pavese in Ciau Masino così: ‘Bisogna dire che Santo Stefano, all’imbocco della vallata del Belbo, è un poco la metropoli delle Langhe. Il paese ha su di sé di rappresentare dinnanzi alla provincia di Alessandria che confina, tutti i vanti e le virtù dei contadini retrostanti’. In questo paese ci sono molti luoghi pavesiani citati nel romanzo La luna e i falò: a partire dalla casa natale dello scrittore, visitabile ancora oggi e sede del Museo casa natale. C’è poi la casa del Salto, il laboratorio di falegnameria del padre di Nuto, dove ‘chiunque passasse, andando a Canelli o tornando, si fermava a dir la sua’. La cascina della Mora è quella dove Anguilla è costretto a crescere a tutti i costi, perché mandato a servire. Proprio tra quelle mura medita di lasciarsi tutto alle spalle e di andare verso nuove avventure, superando Canelli, il paese che nella poetica pavesiana rappresenta la porta del mondo, il passaggio obbligato per accedere a un nuovo futuro.
Canelli è anche una sorta di città in piccolo, piena di gente: infatti ne La luna e i falò dice che ‘Dove c’era più movimento era in piazza – un nuovo bar, una stazione di benzina, un va e vieni di motociclette nel polverone’. Si tratta però di un luogo di peccato, dove ci sono i soldi e persino una caserma di fascisti. ‘Sembra di essere lontano, in un paese diverso, e la collina non è più collina, anche il cielo è più chiaro, come quando fa sole e piove insieme, ma la campagna la lavorano e fan l’uva come noi’ (da Racconti, vol. II, Il mare). A Canelli si trova il Nido, uno degli ambienti perno del romanzo La luna e i falò, che rappresenta il mondo dei ricchi, un orizzonte irraggiungibile per Anguilla e anche per le figlie del padrone della cascina Mora. Nel libro Pavese lo descrive così: ‘C’erano delle case – palazzine, come quella del Nido sulla collina di Canelli – che avevano delle stanze dove stavano in quindici, venti, come all’albergo dell’Angelo, e mangiavano, suonavano tutto il giorno’.
Un altro paese che ricorre nei romanzi dello scrittore è Cossano Belbo, è il luogo dove i genitori adottivi di Anguilla erano andati ad abitare, dopo il trasferimento dalla collina della Gaminella. È anche il comune dove si trova la chiesa della Madonna della Rovere, situata in una zona panoramica, da dove è possibile ammirare il rettilineo che porta a Santo Stefano Belbo.
Lo sfondo della poesia pavesiana è il paesaggio della vigna, anch’esso investito da un duplice significato: ha qualcosa di magico, è una porta verso l’infinito; allo stesso tempo però è frutto della fatica e del duro lavoro dei contadini, diventa quasi un’opera d’arte. ‘La vigna è fatta anche di questo, un miele dell’anima, e qualcosa nel suo orizzonte apre plausibili vedute di nostalgia e di speranza’ (da Racconti, vol. II, La vigna).
Per mantenere vivi i luoghi pavesiani ogni anno il CEPAM - Centro Pavesiano Museo casa natale (con sede in via Cesare Pavese al numero 20 a Santo Stefano Belbo), organizza il Premio Cesare Pavese. Il concorso è diviso in tre sezioni: letterario, di pittura e di scultura; viene assegnato agli intellettuali che hanno saputo trasmettere meglio il legame con il territorio e il valore dell’impegno civile.