Il mistero etrusco nell'ipogeo dei Volumni a Perugia
Il mistero etrusco nell'ipogeo dei Volumni a PerugiaFu la costruzione di una strada a far scoprire per caso, nel lontano 1840, uno dei più importanti ipogei etruschi. Siamo in Umbria, a qualche chilometro da Perugia, in località Ponte San Giovanni. La necropoli del Palazzone è molto vasta ed è diventata parco archeologico. Un ampio vestibolo, in superficie, accoglie il visitatore con un ambiente che custodisce le urne cinerarie provenienti dalle altre tombe della vasta necropoli. Per visitare quella più importante, l’ipogeo dei Volumni, si deve scendere per una ripida scalinata di 29 gradini, e andare giù, nelle profondità della terra, nella casa dei morti di questa importante famiglia etrusca.
La tomba è stata costruita tra il III e il II secolo a. C., in stile ellenistico. La particolarità di questo monumento funerario sta nella sua struttura architettonica, che ripropone fedelmente una casa romana. È composta da vari ambienti: la stanza centrale, la più grande, ha una copertura a spioventi, cioè a capanna, che imita un tetto in legno. La casa-tomba misura circa 10 metri di lunghezza per altrettanti di larghezza, ed è stata realizzata scavando l’arenaria, quindi per sottrazione. Le tombe venivano realizzate in modo che il defunto potesse, nell’aldilà, proseguire la vita in un ambiente che assomigliasse il più possibile a quello che aveva lasciato. L’ingresso sembra quello di un’abitazione: sopra l’entrata è uno scudo con delfini e una testa di Gorgone, con spade e uccelli, sullo stipite, in verticale, il nome della famiglia, in etrusco Velimna, in latino Volumni.
Sull’ambiente principale, l’atrium, si trovano gli ingressi di tre celle per lato, dette cubicula, due delle quali a loro volta immettono in altre due celle; il soffitto è decorato con teste di medusa scolpite. In fondo si trova il tablinum, che nell’abitazione romana corrisponde allo studio ed è la stanza che custodisce le urne funerarie: queste sono sette, sei di travertino e una di marmo. La più bella e importante è addossata nella parete di fondo: appartiene a colui che è stato identificato come il capo della famiglia, Arunte Volumnio figlio di Aulo, il cui nome appare iscritto in etrusco. Il personaggio è raffigurato nel modo tradizionale etrusco, semisdraiato su un letto adorno di stoffe. Il basamento, piuttosto alto, ospita due bellissime figure alate, demoni chiamati ‘vanth’, anticipatori degli angeli cristiani, che controllano la porta per l’Ade dipinta al centro. La figura di una donna seduta indica il sepolcro di Velia Volumnia, figlia di Arunte. L’urna di marmo, databile intorno al 50-40 a.C., appartiene a un discendente della famiglia: un’epigrafe bilingue, in etrusco e in latino, ci rivela il nome del personaggio, Publius. Attraverso queste iscrizioni bilingue è stato possibile decifrare, anche se molto sommariamente e parzialmente, la lingua degli Etruschi.
La necropoli del Palazzone, così chiamata per la vicina villa dei Baglioni, famiglia proprietaria del terreno prima dell’espropriazione, comprende circa 200 tombe di varie epoche, da quella più arcaica a quella ellenistica. Inoltre è stato allestito di recente un antiquarium, dove si espongono pannelli esplicativi e documentazioni relative ai vari aspetti della vita quotidiana di quell’epoca. Intorno alla città si trovano altre necropoli etrusche, come quella di San Manno (località Ferro di Cavallo), che corrisponde alla cripta della piccola chiesa; questa fu acquistata dall’ordine di Malta, che vi costruì intorno un monastero fortificato. A pochi minuti di passeggiata dalla città è l’ipogeo Sperandio, profondo 5 metri e scoperto all’inizio del XX secolo, dove sono stati ritrovati numerose suppellettili in oro e altri preziosi reperti, tutti conservati al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.
A Perugia comunque sono numerose le testimonianze del passato etrusco: le mura, che circondano la cima del colle, spesso incorporate nelle case o lungo le strade; l’Arco Etrusco, o di Augusto, sul lato più settentrionale della città, fra le meglio conservate; il pozzo, conosciuto anche come pozzo di piazza Piccinino o pozzo di Sorbello, è visitabile ed era quasi certamente una cisterna da cui attingere acqua. Il museo archeologico, infine, ubicato nell’ex complesso monastico di San Domenico, può costituire la tappa finale dell’itinerario.