Alla scoperta dei luoghi cari alla poetessa milanese
Alla scoperta dei luoghi cari alla poetessa milaneseMilano, uno sguardo distratto correndo tra il tram e la metropolitana, un eterno ritardo tra piazza del Duomo e il parcheggio di Lampugnano. Questa è la città per l’uomo d’affari e per la donna in carriera, ma per chi la conosce meglio Milano non è solo grigio cemento: è anche una libreria storica in via Conchetta, o un giardino nascosto nel cortile di un palazzo. È una passeggiata lungo i Navigli, su e giù dai piccoli ponti, tra un negozietto di cose antiche e il rifugio di un’artista.
Questa Milano è quella che sarebbe piaciuta ad Alda Merini, una poetessa un po’ matta che ha legato la sua arte a questa città dalle mille sfaccettature. Alda nacque il 21 marzo 1931, in via Mangone, a Porta Genova. Durante la guerra, mentre la famiglia Merini si trovava nel rifugio sotto casa, una bomba distrusse l’abitazione. Alda, insieme alla madre e al fratellino appena nato, fugge verso Vercelli su un carro bestiame. Da lì torna a Milano a piedi tre anni dopo, quando la guerra è finita, e si accampa con altre cinque persone in uno stabile trovato vuoto. In queste condizioni estreme conosce quello che sarà suo marito, Ettore Carniti, che sposerà nel 1953 e dal quale avrà quattro figlie. Insieme prendono una rivendita di pane in via Lipari. Alda, nonostante i problemi economici scrive sempre: ‘Se la mia poesia mi abbandonasse/ come polvere o vento,/ se io non potessi più cantare,/ come polvere o vento,/ io cadrei a terra sconfitta’.
Alda viene separata dalle figlie perché non è ritenuta idonea a crescerle e viene internata presso l’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano. Smette di scrivere e sprofonda in una voragine di depressione. Nel 1972 esce dal manicomio; si alternano periodi di salute e di malattia, fino al 1979, quando fa definitivo ritorno a casa e riprende la produzione artistica. Nel 1983 viene a mancare il marito e Alda si trasferisce per qualche anno a Taranto. Nel 1986 rientra finalmente a Milano e si sistema in una casa sulle rive dell’amato Naviglio, in Ripa di Porta Ticinese, al civico 47. Vive al secondo piano, in un piccolo appartamento di ringhiera, in una casa scarabocchiata e piena di vecchi cimeli, frequentata da gatti, artisti e squattrinati. Nell’appartamento si accumulano libri, quadri e fotografie, i muri divengono la rubrica su cui scrivere i numeri di telefono, e il pavimento è un mosaico di sigarette spente. Alda comincia a essere un personaggio di successo, a guadagnare qualche soldo, ma non cambia il suo stile.
Si allontana dall’amata casa sui Navigli solo quando ottiene il premio Montale Guggenheim. Con il denaro vinto si trasferisce all’hotel Certosa, e vi rimane fino a quando non lo finisce, in buona parte donandoli ai bisognosi che incontra. In questo periodo frequenta il caffè-libreria Chimera, non lontano da casa sua, dove incontra gli amici e gli sottopone i suoi scritti.
Una tappa irrinunciabile per la visita alla Milano di Alda Merini è la casa museo dedicata alla poetessa dei Navigli, realizzata dopo la sua morte nella ex tabaccheria comunale di via Magolfa 32, a un passo dal Naviglio Grande. Questa nuova struttura, una palazzina di due piani, chiamata ‘Casa Merini Atelier della parola giovane’, ospita al piano superiore la riproduzione di una delle stanze dell’abitazione originale, con un percorso poetico intitolato ‘Sono nata il ventuno a primavera’, che ripropone su pannelli la sua biografia e alcune poesie. Al piano terra lo spazio è stato destinato alle attività dell’Atelier della parola, con corsi e laboratori di poesia dedicati ai giovani talenti. Alda direbbe: ‘A tutti i giovani raccomando:/ aprite i libri con religione,/ non guardateli superficialmente,/ perché in essi è racchiuso/ il coraggio dei nostri padri./ E richiudeteli con dignità/ quando dovete occuparvi di altre cose./ Ma soprattutto amate i poeti./ Essi hanno vangato per voi la terra/ per tanti anni, non per costruirvi tombe,/ o simulacri, ma altari./ Pensate che potete camminare su di noi/ come su dei grandi tappeti/ e volare oltre questa triste realtà/ quotidiana’.
Alda Merini è morta nel 2009 ed è sepolta al Cimitero Monumentale, ma ancora possiamo sentire riecheggiare i suoi versi: ‘Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara’.