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Voci sul cambiamento

Vivere eco
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Come sono cambiati i suoni del nostro mondo

Il brusio delle città si è spostato dal centro alla periferia, dalle strade alle case. C'è chi lavora per mapparlo, chi per conservarlo: anche noi possiamo fare la nostra parte 

Il brusio delle città si è spostato dal centro alla periferia, dalle strade alle case. C'è chi lavora per mapparlo, chi per conservarlo: anche noi possiamo fare la nostra parte 

«Le nostre orecchie sono pensate per un mondo silenzioso», scrive Bill Bryson nel suo libro Breve storia del corpo umano. L'emergenza Coronavirus lo ha reso ancora più evidente. «Una mattina ci siamo svegliati e non c'era più l'invasore, i suoni meccanici. La prima reazione è stata d'angoscia perché quei suoni erano la nostra vita».

Con queste parole la professoressa dell'Università Roma Tre Laura Tedeschini-Lalli ha raccontato al Tg1 come sta cambiando il suono delle nostre città durante l'emergenza Coronavirus. In questo nuovo paesaggio sonoro c'è anche chi ha riconquistato consapevolezza del proprio corpo e del pensare, proprio grazie all'assenza di suoni meccanici.

Ma l'Italia ripartirà. Per dirla con Diodato, torneremo a fare rumore. E allora dove ritroveremo questo silenzio rasserenante? Cosa avremo imparato dai suoni, naturali e meccanici, e dalla loro assenza?

Silenzio e suoni “nuovi”

«Il silenzio esiste solo in relazione a ciò che lo interrompe. Ogni suono che rompe il silenzio racconta una storia: la trave di legno che scricchiola, la sveglia che suona al mattino – spiega Francesco Liotard della piattaforma sonora Locate Your SoundL'autostrada è un'insieme di storie. Ora non ne ha più. Il potere di ascoltare ci fa comprendere un paesaggio sonoro, le migliaia di narrazioni che compongono una città».

L'udito analizza tante informazioni intorno a noi per creare una safe-area. Quando un suono altera questa zona di conforto, le orecchie ci danno l'allarme. «L'udito non dorme mai. Memorizza una zona, la dà per scontata e acquisisce i suoni che ci aiutano a vivere – spiega Liotard – Nell'era Covid-19 ci siamo sentiti un po' spiazzati. In questo momento le orecchie stanno ridimensionando le informazioni. È come se fossimo andati a vivere in una casa nuova. Tutto, anche il silenzio, ci mette in allarme».

La professoressa Tedeschini-Lalli, nota anche come "la cacciatrice di suoni", con il suo team di ricercatori ha iniziato a rilevare le nuove "sonorità" sparse per le strade di Roma. Suoni nuovi? Niente affatto. C'erano già, ma dovevamo silenziarci per tornare ad ascoltarli.

Per alcuni erano già noti, parte di una memoria non troppo normale, come il garrire delle rondini. Tra le prime osservazioni, il gruppo di Roma Tre ha visto una redistribuzione del suono nelle nostre città, al tempo del Covid-19. I rumori si sono spostati dalle strade alle case, dal centro alla periferia. E noi stiamo costruendo nuove safe-area.

Un paesaggio sonoro da archiviare

C'è anche chi questo momento storico sonoro lo vuole archiviare, per tramandarlo ai posteri. È lo scopo del progetto Paesaggi Sonori Italiani - #covid19, un'iniziativa nata in collaborazione tra ICBSA - Istituto Centrale per i beni sonori ed audiovisivi, il Dipartimento dei Beni Culturali dell'Università degli Studi di Padova e LYS - Locate Your Sound, piattaforma dedicata all'acquisizione e alla commercializzazione di registrazioni sonore.

Tutti possono partecipare: basta registrare ciò che si ode dalla propria finestra, utilizzano anche il proprio cellulare, per poi caricarlo sul sito. I file audio raccolti con questo progetto confluiranno nella Discoteca di Stato, che mira a conservarli a lungo.

«Non è la prima volta che l'istituto raccoglie i suoni dell'universo italiano – spiega la dottoressa Sabina Magrini, direttrice dell'ICBSA - Istituto Centrale per i beni sonori ed audiovisivi – In passato il focus è stato sempre sull'essere umano come produttore di suoni. Poi abbiamo avviato un rapporto con le agenzie Arpa italiane, che ci hanno consegnato registrazioni del passato. Con queste oggi possiamo fare utili confronti tra i paesaggi sonori di ieri e di oggi».

L'Arpa Piemonte ha creato un video, in cui si sono messi a confronto i suoni che provengono da uno stesso luogo, registrati a un anno di distanza. Voci da mercato in una piazza vuota. Cori da stadio in strade deserte. «Sono cose che davamo per scontate ma che, ascoltate adesso, in un periodo di digiuno, acquistano un altro senso».

Com'è cambiato il paesaggio sonoro italiano

«Il cambiamento che il paesaggio sonoro sta affrontando in questo momento, tolto il frastuono della quotidianità, fa riemergere storie sepolte e mai ascoltate - ha spiegato Lyotard - Un momento incredibile, che vale la pena di essere documentato, più che raccontato, perché il valore lo si scoprirà più avanti».

«È un momento anche terribile, ma ci ha permesso di riscoprire delle sonorità che noi non abbiamo conosciuto e forse neanche i nostri genitori – spiega Sabina Magrini, direttrice dell' ICBSA - Istituto Centrale per i beni sonori ed audiovisivi – Insomma, un mondo diverso, che abbiamo chiesto a tutti in massima sicurezza di registrare dalle proprie finestre».

Dove ritroveremo questo silenzio?

Quando torneremo alla normalità – qualunque essa sia – potremmo perdere di nuovo questo silenzio antico. «Dipende da se poi, se saremo capaci di far nascere una società diversa – puntualizza Magrini – Si dice che in momenti come questi si possano ripensare i valori, ma ho il sospetto che appena si potrà uscire, si dimenticherà tutto quello che è successo».

«Io spero che ci rimanga collettivamente la memoria di un mondo molto più grande, proprio spazialmente – ha confidato al giornalista Rai la professoressa Tedeschini-Lalli – È come se avessimo aperto le alti e avessimo viaggiato lontano», anche se per una manciata di settimane.

«Per ritrovarlo e trattenerlo, la cosa più importante è impararlo adesso, questo suono, questo silenzio – spiega Liotard – Conoscere le storie, capire che ci sono, mapparle e allarmarci nel momento in cui iniziamo a sentire che stanno per sparire. Per questo va raccolto l'Appello della Discoteca di Stato. Mettiamo via questo suono per poi riascoltarlo e comprendere la storia che abbiamo scritto anche con il silenzio».