Il terzo tempo delle donne secondo Lidia Ravera, autrice di "Porci con le ali".
Il terzo tempo delle donne secondo Lidia Ravera, autrice di "Porci con le ali".Nel rugby, il “terzo tempo” è quello che viene dopo la partita, quando diventi amico del tuo avversario e ci vai a fare una bevuta al bar. Nella vita terzo tempo è una parola che si porta dietro un fardello che non le appartiene: terzo tempo è, oggi, la fine inesorabile di tutto, l'inverno della vita, la data di scadenza che si avvicina, soprattutto per le donne.
Come se, superato quel confine invisibile che ti fa diventare vecchio agli occhi del mondo, per te non ci fosse più spazio. Nessun margine di manovra. Diventi un libro con le pagine ingiallite, riposto per bene in una libreria, che in pochi riescono a notare in mezzo a tutti quei titoli dalle copertine appariscenti.
Lidia Ravera non ci sta. E così la scrittrice di "Porci con le ali" da anni combatte per dare un nuovo valore all’espressione terzo tempo. Terzo tempo diventa il nome di un libro di 495 pagine, pubblicato nel 2017. Terzo tempo diventa una collana di libri, destinata ad ampliarsi sempre più con nuovi titoli. Terzo tempo diventa un foglio bianco da riempire. Una città da popolare. Un edificio da ricostruire dopo aver abbattuto i muri che lo cingono: quelli del pregiudizio.
A spiegarci come si fa a dare nuova linfa al terzo tempo è stata propria Lidia, in questa intervista.
Abbattere gli stereotipi legati all'età, il razzismo senile, plasmare l'immagine di una generazione che non è mai stata così desiderosa di vivere il suo tempo. Da dove nasce il bisogno di rimodulare il Terzo tempo?
Vogliamo una vita che duri tutta la vita e che non finisca alla fine della giovinezza. Ormai la vita umana è divisa in 4 tempi. Nessuno è spregevole o indegno. Siamo come siamo sempre stati, entrare nel terzo tempo non vuol dire diventare brutti, scemi e noiosi. Ciascuno cresce, matura e invecchia a modo suo. L’unica cosa che mi differenzia da una donna di 40 anni è questa: io ho un passato più lungo e un futuro più corto. Tutto il resto dipende da come si vive, da come si è vissuto. Dalla propria identità. LA MIA non la cambierei con nessun’altra. Neanche in cambio della giovinezza.
Pensa che chi sta vivendo il terzo tempo abbia piena coscienza di come viene percepito dall'immaginario collettivo, per esempio dai giovani?
Se i giovani sono superficiali ti vedono come una nullità sociale, una palla, un ingombro. Se i giovani sono intelligenti ti vedono come il vasaio apprendista vedeva il maestro vasaio nelle botteghe rinascimentali: uno che può regalarti alcuni segreti interessanti per vivere meglio, per produrre vasi più preziosi. I giovani più in gamba non hanno paura dei baby boomers, sanno bene che in una società ben organizzata c’è posto per tutti.
Quanto è forte per la generazione dei baby boomers la voglia di riscatto, di liberarsi dalle convenzioni, di non stare "agli arresti domiciliari"?
Siamo abituati da quando avevano 15 o 16 anni a non accettare supinamente “le regole”. Abbiamo lottato per poter scegliere il nostro destino, il nostro posto nel mondo, la nostra etica e la nostra estetica. Abbiamo svecchiato questo Paese con le conquiste del femminismo, abbiamo riscritto il diritto di famiglia e trasformato la maternità in una scelta, mentre era un obbligo. Come potete pensare che proprio nel passaggio più stretto, la vecchiaia, la malattia, la morte, l’emarginazione per età, i baby boomers diventino passivi, subiscano e tacciano? Ci sarà la rivoluzione negli ospizi fra qualche anno. E anche gli ospizi, diventeranno fucine di dibattito, luoghi di resistenza, più che case di riposo.
Chi sono i lettori di questa collana? Si tratta di baby boomers o è riuscita a colpire anche un target più ampio?
Tutti. Alle presentazioni vedo molte quarantenni. Mi ringraziano perché anche loro, anzi, soprattutto loro, hanno paura di invecchiare.
Qual è stata la loro reazione in termini di accoglienza? Si sono sentiti compresi, lusingati o sono stati colti di sorpresa?
Quelle e quelli della mia età hanno avuto, in maggioranza, la reazione che speravo: si sono rispecchiati/e e si sono divertiti/e
La paura di invecchiare fa capolino già a 30 anni, con le prime ridicole crisi di panico da capelli bianchi. Sarà mai possibile liberarsi dell'idea di invecchiamento inteso come "la fine di"?
È una grande battaglia culturale che ho iniziato 10 anni fa con un romanzo che si intitolava “Piangi pure”. Ho scritto 4 romanzi, ho ideato la collana Pink Grey “Terzo tempo”, ho una rubrica su Elle che si intitola “La vita lunga”. Ho proposto alla Rai una sit-com intitolata Old Friends che riscrive la vecchia sit-com americana “Friends”, con tre donne sui sessanta e tre uomini della stessa età al posto dei 6 ventenni originari. In radio faccio il martedì sera una trasmissione su Rai2 che si intitola “Me anziano youtuber”, in cui do voce ai baby boomers e dialogo coi trentenni… Che altro devo fare? Darmi fuoco in piazza?
La società dell'immagine: è questa l'espressione che mi viene in mente quando penso ai modelli di oggi. Questa etichetta è scomoda a 20 anni, quando non sei una taglia 40, così come a 60, quando il mondo inizia a vederti come carne da macello. Quanto peso ha l'estetica nel mantenimento dello stereotipo?
Che la bellezza sia una questione di nasini all’insù e misure da pin up è un cliché, le ragazze e le donne devono imparare ad andare oltre.
Quali altri fattori lo hanno alimentato, nel tempo?
Consumismo, moda, e quella forma becera di razzismo che non sa vedere al di là del modello imposto di volta in volta dalla pubblicità che cambia con le varie epoche e include ed esclude secondo criteri balordi.
Cosa dovrebbe cambiare davvero a livello culturale e sociale per farci capire sul serio che siamo noi i soli artefici del nostro tempo e delle nostre scelte, e che il resto è solo un pensiero preso in prestito da chi ci ha preceduto?
Bisogna ri-appropriarsi del pensiero. Smettere di seguire il gregge come pecore, con il naso sul telefono e i pollici a digitare scemenze. Bisogna ricominciare a studiare, a riflettere, ad approfondire, a discutere (discutere, non mandarsi reciprocamente a quel paese). Bisogna recuperare “il popolo” che abbiamo consegnato ai populisti e ricominciare a “educarlo” con l’arte, la bellezza e la fatica che costa capire. Siamo tutti popolo. Chi ha avuto la fortuna di essere stato istruito nel secolo scorso, chi la fortuna di avere un talento, deve aiutare chi è rimasto indietro e rischia di farsi turlupinare dai mestatori populisti.
A tutte le donne e a tutti gli uomini che hanno paura di invecchiare, come è naturale. Ma anche voglia. Anche curiosità. Alle più coraggiose. Ai più originali”. Che consiglio daresti a tutte queste persone?
Carino, questa è la dedica stampata nella prima pagina di Terzo Tempo. A tutte queste donne, a tutti questi uomini miei compagni nell’avventura del terzo tempo (sono più di 13 milioni) un consiglio soltanto: restate curiosi, restate aperti, e battaglieri.
Foto© CRISTIANO LARUFFA/LAPRESSE