Tra mezzo secolo potrebbero essere costruite circa 9 mila nuove dighe idroelettriche, mettendo così seriamente a rischio gli ecosistemi.
Tra mezzo secolo potrebbero essere costruite circa 9 mila nuove dighe idroelettriche, mettendo così seriamente a rischio gli ecosistemi.Si prevede che tra cinquant’anni i paese meridionali del nostro Pianeta raddoppieranno la produzione di energia idroelettrica arrivando a costruire 9 mila nuove dighe: tutto ciò implicherà un costo socioale e ambientale notevole, nonostante l’evidente beneficio economico per diverse comunità coinvolte.
La costruzione di dighe rappresenta già da oggi una causa importante di degrado dello stato di salute dei grandi fiumi già provati dall’inquinamento.
Attualmente nel mondo si contano circa 50 mila dighe responsabili dell’interruzione del flusso dei più grandi corsi d’acqua: nel 1950 erano dieci volte di meno.
Per colpa degli eccessivi investimenti nel campo idroelettrico le dighe finiscono con l’arginare il normale flusso dei fiumi cambiando per sempre l’ecosistema idrogeologico.
Inoltre la fauna acquatica non riesce a fare in tempo ad adattarsi ai repenti cambiamenti introdotti dalla costruzione di una diga: tutto ciò unito all’inquinamento e al degrado dell’habitat circostante, porta numerose specie animali a rischio estinzione.
Ad esempio in Nord America il 40% delle specie di pesci d’acqua dolce è a rischio: negli ultimi vent’anni tale numero è duplicato, salendo da 350 a 700 specie a rischio.
Per questo motivo diventa indispensabile effettuare una mappatura a livello globale dello stato di salute dei fiumi.
In tale direzione ha deciso di agire l’International Rivers, una organizzazione no profit impegnata nella protezione dei fiumi, mettendo a punto uno strumento informativo on line, lo State of the World’s Rivers.
Questo strumento informatico inventato a Berkeley, dove ha sede l’organizzazione, permette di monitorare lo stato dei grandi corsi d’acqua e ha già fornito i risultati di un check up di 50 principali bacini fluviali del pianeta.
Raggruppando i dati in tre categorie (frammentazione del flusso, biodiversità e qualità dell’acqua), si è potuto individuare qual sono i fiumi che si trovano nelle peggiori condizioni: il Danubio, l’Indo, il Godavari, il Tigri ed Eufrate, il Volta e il Fiume Giallo.
Presentano invece ancora una qualità dell’acqua non compromessa ma comunque da salvaguardare il Rio delle Amazzoni, il Congo, il Mekong, l’Orinoco, il Paranà, il Tocantins, lo Yangze e lo Zambezi.
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