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Giornata internazionale della pace: ne abbiamo bisogno più che mai

Il 21 settembre si celebra la Giornata Internazionale della Pace, ma siamo pronti a lavorare per crearla anche nel nostro metro quadro?

Il 21 settembre si celebra la Giornata Internazionale della Pace, ma siamo pronti a lavorare per crearla anche nel nostro metro quadro?

Ogni anno il 21 settembre celebriamo la Giornata Internazionale della Pace: ma può esistere la pace in un mondo che sembra alimentarsi di conflitti? Questa ricorrenza è stata istituita dall'ONU nel 1981 per sensibilizzare il mondo verso la cessazione dei conflitti e promuovere la convivenza pacifica. Eppure, il mondo è dilaniato da scontri in cui muoiono sempre più esseri umani. 

Ci siamo sempre sentiti protetti da istituzioni internazionali concepite proprio per limitare i crimini di guerra, ma i continui decessi che colpiscono soprattutto bambini - come sta accadendo nella striscia di Gaza e in Ucraina -  dimostrano che queste garanzie non esistono più. Troppe volte ci affidiamo a ricorrenze come questa, riducendole però a un hashtag o a una foto condivisa sui social, perdendo di vista il contesto reale. Nel 2023, però, non possiamo permetterci di banalizzare: la pace non è una parola da rivestire di retorica, ma un’urgenza. Ne abbiamo bisogno più che mai e ora vi spieghiamo perché.

Un mondo in crisi: il peso delle ingiustizie

Il mondo di oggi sembra un mosaico di tensioni irrisolte. Ogni giorno i media ci portano notizie di guerre, conflitti e crisi che si intrecciano in una ragnatela fitta e soffocante. L’inconsapevolezza è un privilegio che non possiamo più permetterci: dal conflitto in Ucraina alla violenza in Medio Oriente, dall’esodo dei migranti alle persecuzioni delle minoranze, è impossibile ignorare tutti i fronti di violenza aperti sul pianeta.

Ma non ci sono solo i conflitti geopolitici a minacciare la pace globale: stiamo perdendo in tanti altri fronti. Il cambiamento climatico spinge milioni di persone a lasciare le loro terre, creando tensioni attorno a risorse sempre più scarse. L’aumento della disuguaglianza economica genera frustrazione e rabbia che sfociano in scontri culturali. La polarizzazione politica trasforma vicini in nemici, pretendendo che la complessità del mondo sia ridotta a un "noi contro loro", in una polarizzazione sempre più acuta del dialogo sociale.

Nel 2022, l’ONU rilevava che 100 milioni di persone erano costrette a lasciare le proprie case a causa di guerre e violenze. In un mondo in cui ogni individuo meriterebbe sicurezza e dignità, questo dato dovrebbe farci tremare. Invece, siamo ancora qui a discutere se accogliere o respingere, se isolare o collaborare. Se costruire un mondo di pace anche nel nostro metro quadrato.

La pace non è solo assenza di guerra

Parlare di pace non significa solo ripudiare la guerra o chiederne la fine. Perché pace è anche giustizia sociale per tutti, pari opportunità, inclusività, accoglienza di ogni tipo di istanza umana che genera disuguaglianza. Se oggi siamo così difficili da unire è perché ci siamo dimenticati che la pace non si mantiene imponendola dall’alto, ma costruendola dal basso. L’attenzione al clima, l’educazione di qualità, il rispetto delle differenze: tutto questo è ciò che getta le fondamenta per un mondo più pacifico. 

Certo, la pace costa fatica. Richiede dialogo e compromessi, ma anche il coraggio di ascoltare ciò che l'altro ci sta dicendo, anche quando è qualcosa che non vogliamo sentire. La pace pretende la grandezza di abbassare i toni anziché alzare muri.

Giornata internazionale della pace: cosa possiamo fare noi

L'azione personale, che risponde all'interrogativo più scontato - cosa possiamo fare noi? - è il passo più difficile da compiere. Viviamo nell’epoca della visibilità: un’epoca in cui un post #forpeace ci fa sentire parte del cambiamento. Eppure, per quanto conti sensibilizzare all'importanza del tema, non possiamo fermarci qui.

La pace si costruisce in piccolo. Inizia nelle case, nelle scuole, nei luoghi di lavoro. Perché cercare di capire il punto di vista di chi ci sta a fianco è la prima lezione per risolvere i conflitti più grandi. Accettare l’altro, anziché respingerlo. Tendere una mano, anziché puntare il dito. Dobbiamo insegnarlo ai più piccoli, ma dobbiamo anche ricordarlo noi stessi ogni giorno.

Molti pensano che il cambiamento spetti agli altri: ai governi, alle grandi organizzazioni, ai leader spirituali. Certo, il loro lavoro è fondamentale, ma se davvero vogliamo invertire la rotta, dobbiamo ripartire dall’educazione.

Educazione alla pace: compito di tutti

In uno dei suoi rapporti, l'UNESCO afferma che solo una minoranza dei sistemi scolastici nel mondo include programmi strutturati per insegnare la risoluzione dei conflitti e l’empatia. Eppure, è proprio a scuola che possano nascere i semi di una società più rispettosa e giusta. Cosa ci insegneranno le prossime generazioni, se noi oggi non affrontiamo queste sfide?

E non dimentichiamo i media: ogni parola, ogni immagine, ogni messaggio diffuso ha il potere di creare ponti o accendere fuochi. La comunicazione responsabile è cruciale. Usiamola per unire, non per dividere.

Pace: una questione di scelte

In un discorso tenuto anni fa, Nelson Mandela disse: "La pace non è solo un sogno. Può diventare realtà, ma dobbiamo prima trovare in noi stessi il coraggio di cambiare". È da qui che dobbiamo ripartire. Ognuno di noi ha il potere di scegliere: alimenteremo il conflitto o coltiveremo la pace?

Se continuiamo a ignorare il grido di questo nostro fragile mondo, ben presto non ci sarà più un posto per parlarne. La Giornata Internazionale della Pace esiste per ricordarci che il cambiamento è possibile, ma deve cominciare adesso. Deve cominciare da noi. Perché, mai come oggi, è evidente quanto il mondo, tutti noi, ne abbiamo bisogno.

Foto di apertura: Alice Donovan Rouse su Unsplash