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Gender is over: lo speciale

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Plurale ma singolare: il they non binario

Nel suo coming out social, Demi Lovato ha chiesto di riferirsi a lei (anzi alla sua persona) con questo pronome. Facile a dirsi in inglese, un po’ meno in italiano.

Nel suo coming out social, Demi Lovato ha chiesto di riferirsi a lei (anzi alla sua persona) con questo pronome. Facile a dirsi in inglese, un po’ meno in italiano.

He, she o they? La questione a prima vista sembra ovvia: he/him (egli/lui/gli) quando ci si riferisce a un uomo, she/her a una donna (ella, lei, le), they/them a più soggetti (essi/loro). Invece è ben più complicata, almeno per gli anglofoni. Da qualche tempo, infatti, si sta affermando l’uso del singular they per le persone non binarie o gender fluid. L’ultimo esempio, recentissimo, è quello di Demi Lovato, che con un video sui social ha fatto coming out, dicendo di essere non binaria, invitando a non utilizzare più il pronome femminile “she”, bensì “they”, per indicarla. Quindi da oggi, se vogliamo parlare di Demi Lovato, dobbiamo dire, per esempio, che «hanno un cognome italiano»? No, per fortuna. Ma facciamo un po’ di chiarezza, perché la questione è davvero spinosa.

Si usa da secoli

He/him e she/her, si sa ormai, devono essere utilizzati in maniera corretta non solo per le persone cisgender (la maggioranza), ma anche per quanto riguarda quelle trans. Riferendoci a Elliot Page, un tempo Ellen ma che ha da poco annunciato di essere transgender, dobbiamo usare il maschile: «È un bravo attore. Lui/egli mi era piaciuto molto in Juno». L’uso del plurale, indicato invece per persone che non si identificano in un genere (genderfluid appunto o non binarie), è senza dubbio più ostico. Per l’orecchio, soprattutto in italiano. In inglese, la lingua più facile che ci sia, il suo uso è infatti molto più semplice. E tutt’altro che recente: l’utilizzo del singular they (che comprende anche il pronome complemento them, gli aggettivi e pronomi possessivi their e theirs, nonché il riflessivo themselves) per riferirsi genericamente a una persona di cui non si conosce il sesso (o non è rilevante), è attestato fin dal XIV secolo. Si usava molto nelle lettere, almeno fino al periodo vittoriano, quando cadde in disuso perché ritenuto agrammaticale. Un esempio? «When you have a child, you love them unconditionally». Il singular they viene inoltre usato nei contesti in cui c’è un pronome indefinito, come someone oppure everybody («If anyone (singolare) phones, tell them (plurale) I am not in», «Se qualcuno telefona, digli che non ci sono»).

Verbo sempre al plurale

La semplicità dell’inglese rispetto all’italiano: da noi è in uso il maschile generico e la sua abolizione porterebbe a una sfilza di asterischi (*) e schwa (ə) al posto delle desinenze, assieme all’assoluta impronunciabilità. Tornando alla frase inglese di prima, “tradotta” sarebbe infatti: «Quando hai un* figli*, l* ami incondizionatamente», o qualcosa del genere. Negli ultimi anni il pronome they epiceno, che non fa alcuna distinzione in base al genere, è stato adottato da sempre più persone non binarie, giovani soprattutto, che lo hanno indicato come preferenza nei riferimenti che li riguardano, al posto di he e she. Se con tutti gli altri verbi basta togliere una “s”, con “to be” come bisogna comportarci? Is o are? E con “to have”? La risposta giusta è la seconda: they va sempre con un verbo plurale, anche se si riferisce a una singola persona.

«I love Demi Lovato. They are the greatest singer of their time». Questa frase, con le regole di oggi, va bene. In italiano, vista la difficoltà di "adattamento", possiamo continuare a dire: «Amo Demi Lovato. È la più grande cantante della sua epoca». Facciamo continuamente riferimento a lei perché, come detto all’inizio di questo articolo, è notizia freschissima il suo coming out non-binary, con annessa decisione di cambiare ufficialmente i suoi pronomi in they/them: «Lo sto facendo per coloro che non sono in grado di condividere chi sono veramente con i propri cari. Per favore, continuate a vivere attraverso le vostre verità e sappiate che vi sto inviando tanto amore», ha spiegato su Twitter. La cantante, che ad aprile ha pubblicato il suo settimo album Dancing with the Devil... the Art of Starting Over, si era da poco dichiarata pansessuale, dopo aver ammesso tempo fa la sua bisessualità. Adesso un ulteriore “salto” in avanti, che non riguarda l’orientamento sessuale ma proprio l’identità di genere.

Le altre celebrità che si sono dichirate non-binary

Demi Lovato non è la prima celebrity a chiedere di utilizzare nei suoi confronti i pronomi neutri they/them, in quanto al di là della distinzione uomo/donna. Altri esempi? L’attrice e cantante Janelle Monáe, che dal 2015 ha una relazione con Tessa Thompson, ha dichiarato tempo fa di essere non binaria e lo stesso hanno fatto il cantautore britannico Sam Smith, così come Amandla Stenberg, che ha interpretato Rue nella saga di Hunger Games. Sono per loro stessa ammissione gender fluid anche Jonathan Van Ness dello show Queer Eye e Brigette Lundy-Pain, tra i protagonisti di Atypical, che ha affermato di sentirsi da sempre «un po' un ragazzo, un po' una ragazza, un po' nessuno dei due». Come lui, anzi they, preferisce questo pronome anche la star di Pose Indya Moore e lo stesso vale per Ezra Miller, ovvero Flash di Justice League. Nata femmina, Lachlan Watson, che interpreta Susie/Theo ne Le terrificanti avventure di Sabrina ed ha intrapreso nella vita lo stesso percorso di transizione della serie, è per sua stessa ammissione pansessuale non-binary. Proprio come Cara Delevingne e la “veterana”, tra tante giovani stelle, Rose McGowan.

Foto apertura: LaPresse