E' in grado di enfatizzare e rendere persistenti i cinque gusti, ma non è uno di loro: tutto sul kokumi, con esempi e curiosità per comprendere al meglio di cosa si tratta
E' in grado di enfatizzare e rendere persistenti i cinque gusti, ma non è uno di loro: tutto sul kokumi, con esempi e curiosità per comprendere al meglio di cosa si trattaAvete mai sentito parlare del kokumi? Si tratta del sesto gusto (non gusto) del quale si sente sempre più spesso parlare insieme al più conosciuto umami. È risaputo che esistono cinque sapori di base: salato, dolce, acido, amaro e umami, appunto. Ma sembra che ci sia un altro modo di percepire il gusto, e che questo risiederebbe, appunto, nel kokumi.
Ma cos'è esattamente, e dove si trova? Lo approfondiamo di seguito, non prima di avervi anticipato – come è possibile evincere anche dal suo nome - che si tratta di un termine di origine giapponese che indica una qualità gustativa piuttosto complessa e difficile da definire in modo preciso.
Cos’è il kokumi
Volendone fornire una definizione ci affidiamo a Wikipedia, che chiarisce il significato di kokumi ricorrendo alla sua etimologia. Sta per “ricco di sapore” (da koku, ‘ricco’, mi, ‘sapore’), ed è “utilizzato per descrivere una caratteristica serie di sostanze chimiche che sono in grado di conferire agli alimenti una maggiore gradevolezza al palato aumentandone il gusto percepito e la pienezza e complessità del sapore”. E’, in sostanza, una sensazione gustativa che enfatizza e potenzia altri sapori presenti in un alimento, senza però possederne uno proprio.
Che gusto è il kokumi, quindi? Viene generalmente associato alla ricchezza, alla pienezza e alla rotondità del gusto. Aggiungerebbe un senso di complessità, totalità, armonia e profondità ai piatti. Ma, oltre ad essere associato al gusto, per molti sarebbe più una consistenza. Quella derivante dalla sensazione di rivestimento della bocca causato da alimenti contenenti grassi.
Esempi di kokumi
Un alimento che contiene ingredienti ricchi di kokumi può avere un sapore più profondo e più appagante. Non è, quindi, riconosciuto come il sesto gusto (anche perché potrebbe far parte dell’umami), ma piuttosto come un contributo al sapore generale di un alimento, insieme ai cinque di base. Da ricerche fatte in merito, si è scoperto che esalterebbe questi ultimi attivando i recettori del calcio nella lingua.
Entrando più nello specifico, i composti kokumi (come il calcio, la protamina - una sostanza presente nel latte -, la L-istidina e il glutatione - presente, questo, nell'estratto di lievito) attivano i canali sensibili al calcio negli esseri umani. Che a loro volta inviano al cervello un segnale amplificato dalle papille gustative, che rende i cibi più gustosi ed enfatizzati nelle loro qualità principali.
Dove si trova il kokumi
In realtà, sarebbe presente in molti alimenti: lievito, capesante, salsa di pesce, salsa di soia, pasta di gamberetti, formaggio e persino birra. I kokumi in genere integrano o modificano il gusto e/o l'aroma originale di un alimento. Ma, come anticipato, non hanno un gusto o un aroma caratteristici.
Inoltre, il concetto di Kokumi è associato al processo di invecchiamento e maturazione. E’ più facilmente riscontrabile negli alimenti che richiedono una lunga cottura, come ad esempio gli stufati. O nei cibi fermentati, che richiedono, invece, una lunga preparazione. Se avete notato come un alimento cotto a fuoco lento a lungo, o lo stesso formaggio stagionato, abbiano una marcia in più, allora sarete più vicini a comprendere il concetto di kokumi.
Kokumi e umami
Non si può parlare di kokumi senza citare l'umami. Iniziamo col precisare che non sono affatto la stessa cosa. Anzi, appartengono a due differenti categorie, seppure vicine. L'umami, scoperto nel 1908 ma riconosciuto come quinto gusto solo 94 anni dopo, è infatti una distinta percezione del gusto. E’ stato individuato da Kikunae Ikeda, un ricercatore che ha associato il sapore piacevole di alcuni alimenti alla presenza dell’acido glutammico, un amminoacido che si “sprigiona” nei processi di maturazione dei salumi e dei formaggi. Salvo poi diventare un additivo alimentare sotto forma di glutammato monosodico.
I peptidi di Kokumi - isolato negli anni '80 dalla Ajinomoto Co. - invece, possono essere considerati ingredienti che esaltano il sapore.
Il futuro del Kokumi nell’industria alimentare
Dato il suo grande potenziale, il kokumi è oggetto di studi da diversi anni ormai. Specie per la sua capacità di aumentare il sapore e la bontà associati all'umami. Le aziende alimentari stanno considerando di sfruttarlo, insieme a questo, per offrire sul mercato gusti nuovi ed accattivanti per il palato dei consumatori. Anche per ciò che riguarda l’introduzione di prodotti alimentari più sostenibili.
Interessante, a questo proposito, è la scoperta che gli estratti di soia abbiano il potenziale per essere potenziatori del kokumi negli alimenti. E questo non può che risultare di buon auspicio nella diffusione di prodotti vegetali che conquistino un numero sempre più crescente di sostenitori per il fatto di offrire sensazioni gustative simili a quelle fornite dai prodotti a base di carne.