Abuso emotivo, prevaricazione morale: in quanti modi una relazione sentimentale da sogno può trasformarsi in un incubo di maltrattamenti senza lividi?
Abuso emotivo, prevaricazione morale: in quanti modi una relazione sentimentale da sogno può trasformarsi in un incubo di maltrattamenti senza lividi?Viviamo di ruoli e proprio nei ruoli, spesso, cerchiamo di definire chi siamo. Ci si sceglie il partner della vita perché colmi i nostri vuoti, sia complementare al nostro essere ma – allo stesso tempo – abbia una visione del mondo condivisibile, punti il suo sguardo nella direzione verso cui lo stiamo rivolgendo noi. E tutto questo assomiglia a una danza a due. Un ballo vorticoso che avvolge entrambi e li spinga repentinamente l’uno verso l’altr* e verso il resto, così che non restino sulla linea del tempo sagome fisse di personalità marmoree.
Nella relazione sentimentale che cerca continuamente il proprio equilibrio in movimento può farsi largo una minaccia, quella della prevaricazione o del disequilibrio dei ruoli e può assumere la forma della violenza psicologica all’interno della coppia.
Manifestazioni subdole o, ancora peggio, socialmente accettabili perché mascherate da buone intenzioni che feriscono, annientano e pongono uno dei due soggetti a designarsi come vittima. Il coinvolgimento diretto non permette di osservare dalla giusta distanza cosa non vada e cosa si dovrebbe cambiare. La danza è inarrestabile, il trasporto offusca la mente.
In che modo si riconosce, si affronta e ci si libera da una relazione di coppia in cui sia manifesta una qualche forma di violenza psicologica? Ne parliamo con la psicopedagogista counselor
Paola Campanaro e con lo psicologo psicoterapeuta Alessandro Bellin del Centro clinico La quercia di Vicenza.
Quel che nel nostro immaginario appare da subito come un reato configurato e perseguito all’interno della violenza di genere – e trovano corrispndenza diretta nella legge i crimini di stupro, di abuso sessuale… – non comprende quasi mai il logoramento mentale ed emotivo che si consuma all’interno di una relazione (magari anche duratura) in cui sono le fragilità di entrambi a minacciare e allo stesso tempo alimentare dinamiche disfunzionali.
“Usciamo subito dalla logica delle colpe o delle responsabilità per comprendere gli scambi che avvengono tra le persone – premette Bellin -. Ogni individuo ha dei bisogni che difficilmente sono compresi a fondo persino da se stessi ma che si possono riversare sul modo in cui ci si rivolge all’altro, proiettando sull’altro un lavoro che ha anche vedere con il sé”.
Non una, ma tante forme di violenza psicologica
Quali situazioni possono rappresentare una forma di violenza psicologica nella coppia? “Tanti atteggiamenti rappresentano violenza – spiega Campanaro -: quando si perpetua un contesto di privazione nella coppia o privazione di un bisogno esplicito di uno dei due soggetti, quando si esercita un controllo o si attivano meccanismi che creano stati di ansia, di pericolo costante o di sensazioni come se si camminasse continuamente sulle uova. Corrisponde a forma di violenza la relazione in cui non ci si considera reciprocamente o quando in fasi particolari della vita di uno dei due soggetti avviene un cambiamento e questo avviene tipicamente sul fronte femminile nel post partum o, più in generale quando il partner soffre di depressione. Violenza, allo stesso tempo è anche non tenere conto del bisogno di maggiore autonomia o “sfruttare” il partner per proprio tornaconto come ad esempio pretendere che il proprio compagno o la propria compagna siano impeccabili nel look o in altri ambiti così che li si possa sfoggiare per acquisire maggior prestigio sociale. Questi atteggiamenti sottendono un controllo legato al narcisismo patologico del soggetto che agisce queste pressanti richieste: l’altro diventa uno sgabello su cui salire per farsi mostrare meglio dagli altri”.
Dentro questo mondo rientrano anche altri elementi e riguardano le energie che ciascuno di noi mette in campo, soprattutto all’inizio di una relazione, per alimentare quel che dovrebbe chiamarsi amore.
“Violenza è anche nutrirsi della vitalità dell’altro – aggiunge la psicopedagogista counselor -: è normale che in una coppia si possa avere energie diverse e nella prima fase la relazione può avere anche forma compensatoria ma quando senti che l’altro ti consuma e che non si fa mai carico del tuo stato emotivo, allora qualcosa non va. Generalmente avviene che ci si sente venir meno e anche un mal di testa, può diventare una forma difensiva dal prosciugamento dell’altro. Non di rado le persone che decidono di rivolgersi a uno specialista arrivano dicendo di sentirsi ‘sfiniti’ dalla relazione che stanno vivendo”. “La violenza è lì, quando sentiamo che la vita con quella persona non è più bella, ma diventa un minus – spiega Bellin -. violenza psicologica è la pretesa nella coppia di poter e voler fare tutto insieme, di sentirsi l’unica persona autorizzata a intervenire per rimediare, curare, sostituirsi addirittura all’altro per risolvere un problema. Questi approcci sono l’anticamera di frasi come ‘ Senza di me sei perduta/o’ , ‘con me funzioni, senza no’: alla lunga il soggetto va in tilt perché si rompe quella collusione in cui si è stati dentro insieme fin troppo”.
Violenza psicologica nella coppia e pressione sociale
“Siamo in una fase della società in cui siamo davvero tutti belli e questo ha un forte impatto su di noi – continua lo psicologo psicoterapeuta -. C’è uno scollamento fra il reale e l’ideale in cui il narcisismo si infila benissimo mandando in crisi una relazione a due. Una normale insicurezza rafforzata da stereotipi dilaganti in rete e nel mondo che ci circonda mette a repentaglio una sana emancipazione della persona e un legame con una persona narcisista può solo apparentemente appagare i propri limiti, perché presto renderà succubi. Nel cambiamento ci si attiva entrambi là dove ci si mette in gioco.
L’elemento narcisistico è disfunzionale per entrambi, chi segue un partner narcisista lo confermerà nel suo ego. Spesso queste dinamiche vedono uomini narcisisti affiancati da donne insicure le quali nel momento in cui riescono ad agire un cambiamento lasciano l’uomo indietro ed è lì che l’aggressività esplode o, al contrario, l’immobilità fa implodere colui che non ha saputo crescere insieme alla partner. L’illusione di una vita perfetta per come la società impone, infine incide sulle colpe che ciascuno sente su se stesso e sul suo senso di mancata o riuscita realizzazione: il problema però è che la colpa lavora per vasi comunicanti, magari ci giudichiamo per aspetti altri, ma riversiamo questa insoddisfazione nella coppia”.
Le violenze psicologiche nella coppia sono eventi traumatici?
“La violenza psicologica come insieme di comportamenti perpetrati a lungo è associata al trauma che lascia una sensazione di angoscia costante, che alimenta sensi di colpa ingiustificati al punto che la vittima si identifica nella violenza subita e la violenza diventa parte della propria vita – chiarisce l’esperta -. Questo concetto si palesa di fronte a tutte quelle vittime che non se la sentono di denunciare e che proteggono i loro carnefici perché è la violenza stessa a identificare queste donne, prevalentemente è una questione femminile, come persone. La violenza è una forma di attenzione, dopotutto, certamente disfunzionale tanto che si sente di esistere nella misura in cui si è maltrattati e non si conosce altro modo di essere amati. Alcune colpe si trasmettono con il latte, si dice, ossia si tramandano di generazione in generazione”.
Guardarsi dentro e riconoscere la violenza psicologica nella coppia
“La colpa qualcosa c’entra in tutto questo – conclude Bellin -. La colpa viene definita come emozione inibitoria: è fonte vicina all’ansia perché ne produce e ci blocca, ci paralizza. Sbloccare la colpa è chiamarsi a prendere le distanze dai fatti e da questa emozione complessa che, quando non compresa, tende a schiacciare. Per iniziare un cammino di consapevolezza occorre prendere coscienza di che attribuzione diamo agli avvenimenti in modo costruttivo e sincero. Il mio messaggio è che se vogliamo uscire dalla dimensione della violenza, il primo passaggio onesto va fatto dentro di noi (sia che ci sentiamo vittima, sia che agiamo da manipolatori) importante identificarsi e stare su di sé uscendo dalla giustificazione del ‘volevo difendermi da’”. “Generalmente si comincia a ricercare una soluzione solo quando si coglie che la vita è una e che quella relazione non fa bene alla propria vita, allora si cercano le energie in sé o con un aiuto affinché questo possa avvenire - conclude Campanaro -. Per il bene nostro e, alla fine, anche del partner. E’ come nei corsi di primo soccorso in cui si insegna che nelle situazioni di pericolo la prima cosa da fare è mettere in sicurezza se stessi, così che poi si possa intervenire…”
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