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Il mercato dei gigolò non esiste più: intervista a Patrick Zen

Che differenza c'è fra gigolò e accompagnatore? Patrick Zen ci ha raccontato l'evoluzione di un mondo che è molto di più di quello che crediamo.  

Che differenza c'è fra gigolò e accompagnatore? Patrick Zen ci ha raccontato l'evoluzione di un mondo che è molto di più di quello che crediamo.  

Quella del gigolò è una professione sulla quale ancora oggi aleggiano diversi retaggi del passato e di una cultura di derivazione cinematografica che fanno fatica a scomparire. Si tratta di un'attività che nel corso del tempo è profondamente cambiata, soprattutto con l'avvento di Internet.  Il digitale ha segnato il passato dai primi siti vetrina, nei quali si lasciava poco spazio all'immaginazione e che erano tutti improntati sull'immagine osé, a quelli in cui vengono descritti nel dettaglio i servizi offerti e si dà più peso alle parole.

Patrick Zen è stato uno dei primi a rendersi conto della potenza della rete, che ha sfruttato a suo vantaggio per cucire il suo abito da gentiluomo, tuttora la sua cifra stilistica.  In questa intervista ci racconta l'evoluzione di un microcosmo che è molto di più di quello che siamo abituati a immaginare. 

Il mercato dei gigolò è cambiato notevolmente negli ultimi 20 anni. Quanto ti senti pioniere del cambiamento in questo settore?
«Il mercato dei gigolò non esiste più, molti non sanno neppure la differenza tra gigolò e accompagnatori. Questi non sono più gli anni 80/90: da inizio 2000 a oggi è cambiato tutto, una pagina della storia è andata persa. Una volta esisteva la privacy, era un tabù, una novità. Invece oggi va di moda andare in televisione e essere fieri di fare la puttana. È un mondo al contrario. Io sono stato un pioniere perché ho iniziato anni fa, ma erano altri tempi: si parlava di internet ma non esisteva nelle nostre case come oggi. C'era il cartaceo o il fermo posta, tutto era più romantico. Io non mi sono mai considerato un gigolò né un accompagnatore, ma bensì un intrattenitore, un latin lover per donne altolocate. A differenza di molti non lo faccio per soldi, ma per passione e c'è una grande differenza in questo».

Da dove nasce l'intuizione di utilizzare la SEO per farsi trovare? Quanto è stato importante l'impatto del digital sulla tua attività?
«Ho avuto fortuna perché per molti anni ho usato un sistema costoso per avere visibilità su Google: pagavo lo sponsor di Google Adwords e bastava cliccare parole chiave, ero il primo... in quei tempi ero anche l'unico che lo usava».

Sei riuscito a dare raffinatezza a siti web che ricordavano tutti l'home page di un sito porno. Quali sono le differenze principali che noti oggi rispetto al passato?
«Ho sempre avuto un sito all'epoca semplice ma raffinato, molto elegante con 7 foto amatoriali, con un testo semplice. Mai foto professionali, impostate, da copertina: il trucco è trasmettere immagini spontanee. Ricordo che la mia foto dell'home page mi ritraeva a Como in una pizzeria... Oggi invece tutti pubblicano foto ritoccate, si sentono dei divi».

Dando un'occhiata in rete oggi, i siti dei gigolò sembrano essere fatti con lo stampino. Pensi che il copia-incolla possa essere controproducente?
«In questi ultimi anni i gigolò sono tutti confezionati, sembrano scatole di sardine da 1€, in pochi spiccano con semplicità e genuinità. Credo di essere ancora l'unico che si differenzia dalle sardine. Usano copiare gli altri, ma non solo in questo mestiere, anche nella moda, arte, nella cucina».

Parlando di definizione, quanto è scomodo per te il termine gigolò?
«Il termine gigolò è un termine triste che un po' tutti usano per farsi trovare, ma che nessuno cerca più... Le parole gigolò, accompagnatore, escort sono passate di moda».

Non pensi che utilizzandolo di più si potrebbe cambiare quell'alone un po' cinematografico che ancora oggi circonda questa professione?
«Se mi parli di American gigolò non è più così... Da molto tempo... Oggi funziona di più tipo "Ti va di pagare", un film francese. L'uomo che si fa fare regali è un latin lover, che offre compagnia per un bel vestito sartoriale o altro...»

Tu, come ti definiresti?
«Ma, io prima di tutto sono sposato felicemente e non mi considero più un gigolò e credo di non esserlo mai stato, non nel senso letterale del termine. Sono disponibile per accompagnare donne a meeting, eventi, per quelle che soffrono di solitudine o vogliano sentirsi vicino a un uomo elegante, colto, che le faccia ridere e stare bene. Non offro sesso, chi lo offre fa un lavoro da marchettaro... Vado oltre... Se dovesse capitare è solo perché con l'altra persona c'è una grande sintonia».

Cosa pensa tua moglie del tuo passato da gigolò e di quello che sei oggi?
«Patrick esisteva da prima, mia moglie l'ha solo migliorato. Mia moglie non si considera cornuta, le vere cornute sono quelle che non sanno d'esserlo. Oggi mi diverte ancora scrivere nel mio blog per una forma di vanità e non vivo di questo, sono molto selettivo».

Hai qualche rimpianto? 
«Chi non ha rimpianti? Forse di non aver fatto il medico essendo nato in una famiglia di medici. Comunque oggi ho un bel lavoro e sono felice».

Qual è il valore aggiunto della tua offerta? Quali sono le keyword che aiutano a posizionarti prima di altri (in senso figurato)?

«Top secret». 

Ho letto che non vuoi soldi per i servizi che offri, ma adori i regali. Da cosa nasce questa predilezione?
«Non chiedo soldi. È più facile che una donna o signora, per non sentirsi umiliata, ti faccia un bel regalo, tipo un orologio, un vestito, un quadro. Mi è stato regalato pure un divano, è una specie di baratto, si crea un legame più intimo. Preferisco avere un ricordo di un incontro attraverso un oggetto. Quando la donna paga è umiliante sia per lei sia per me». 

Cosa vedi nelle donne che ti cercano? Solitudine, noia, bisogno di attenzioni? 
«Una volta era curiosità, un po' di sana trasgressione. Oggi non ci sono più donne old school, credo sia solo solitudine. Devo dire che vengo contattato da molte donne per ingelosire i loro compagni o donne che devono essere accompagnate a matrimoni per non sentirsi "sole" in mezzo a tante altre coppie». 

Se potessi dare un consiglio a un aspirante gigolò, quale sarebbe? 
«Di cercarsi un lavoro...  O di studiare, di non credere a quello che si sente in giro, sono favole per ingannare la gente, la verità è che è una vitaccia. In passato si coltivava e si raccoglieva bene, oggi si fa fatica a seminare e a raccogliere. Chi vive solo di questo fa una vita triste... Ho molti amici gigolò che non hanno neppure una casa, che vivono ancora con la mamma e si ritrovano senza arte né parte. Non lo consiglio a nessuno».