Dopo l'esplosione del caso Weinstein, decine di attrici e donne di spettacolo hanno denunciato pesanti avances indesiderate, molestie e violenze sessuali subite. In Italia, a parlare per prima, è stata Asia Argento. Che però ha ricevuto pochissima solidarietà.
Dopo l'esplosione del caso Weinstein, decine di attrici e donne di spettacolo hanno denunciato pesanti avances indesiderate, molestie e violenze sessuali subite. In Italia, a parlare per prima, è stata Asia Argento. Che però ha ricevuto pochissima solidarietà.L'esplosione del caso Weinstein ha invaso i tabloid, il web, i salotti della tv e anche quelli delle normali case. Non c'è luogo in cui non si parli di questo scandalo e delle implicazioni morali e professionali, ad ogni livello. Dal 5 ottobre, fatidico giorno della pubblicazione dell'inchiesta del New York Times, parlare di avances e molestie sessuali è un modo per testare la moralità di chi ci sta intorno. È un modo per chiedere ai parenti e amici: tu come la pensi? Da che parte stai?
Se le condanne al produttore hollywoodiano - ma anche a Louis CK e a Kevin Spacey, tra gli altri - sono unanime, non sempre lo è il supporto alle vittime. Un nome su tutti: Asia Argento.
Asia Argento classe 1975, all'epoca delle violenze subite aveva 21 anni. Era il 1997. In Italia sono un anno prima lo stupro era diventato un crimine contro la persona, smettendo di esserlo solo contro la morale. Quando racconta al New Yorker la sua storia, Asia parla di «un orco in mezzo alle gambe», di vergogna. «Non c'è bisogno di legare le donne, come dice qualcuno, perché ci sia violenza». Basta il disagio.
A mettere in contatto l'attrice con Weinstein è stato Fabrizio Lombardo, ex capo Miramax Italia, che ha minacciato Asia con diversi messaggi. Lombardo ha dichiarato più volte di averglieli mandati per sbaglio. Tra le menzogne che la stessa artista ha smentito c'è quella secondo la quale avrebbe avuto una storia con Weinstein dopo le violenze.
«Perché non ho denunciato prima? Tenevo troppo alla mia carriera».
Questa è una delle accuse che spesso le si è rivolta. All'epoca dei fatti Harvey Weinstein era il terzo uomo più potente di Hollywood. Ora è diventato il duecentesimo, dice Asia, e il suo potere e la sua influenza si sono sensibilmente ridotti. Viene da chiedersi: chissà cosa scopriremmo sul conto degli attuali primo, secondo e terzo potenti del mondo del cinema. Asia ci teneva alla sua carriera, era giovane, piena di sogni: «Non volevo niente da Weinstein, ma non volevo nemmeno che mi distruggesse».
«Dopo Weinstein non ho più creduto in niente che riguardasse il mio lavoro».
Parlare ai tempi delle violenze per molte donne avrebbe significato non solo un danno alla propria carriera, ma anche di credibilità. Chi avrebbe creduto a giovani attrici come Rose McGowan o la stessa giovanissima Asia Argento? «Saremmo state trattate come delle prostitute. Come, tra l’altro, sta succedendo qui in Italia: una cosa di cui mi dispiace tremendamente».
«La cosa più sconvolgente sono le accuse delle donne italiane, la criminalizzazione delle vittime delle violenze».
Già, l'Italia. Nel nostro Paese si sono rincorsi commenti molto diversi rispetto a quelli elevatisi negli Stati Uniti. C'è stato un potente victim blaming: le vittime sono diventate «attrici fallite in cerca di notorietà» o «se lo ha fatto, significa che le piaceva». Quindi non donne molestate e abusate, ma iene lussuriose in cerca di visibilità. Alcune, dopo aver scagliato qualche strale social di troppo, hanno tentato un'operazione di "green washing", andando a scrivere sulle colonne di un pregiatissimo quotidiano come il New York Times. Per fortuna il web non dimentica.
«Cercare di ricostruire quello che è successo vent’anni fa è stato difficilissimo, credetemi. Mi sono messa in gioco in prima persona e ho fatto in modo che anche altre donne potessero parlare».
Dopo aver parlanto con Ronan Farrow del New Yorker, Asia ha chiesto che il racconto riportasse il suo nome perché voleva che altre donne fossero spronate a raccontare, come aveva fatto lei. #MeToo, per dirla con Alyssa Milano. E ha funzionato. Intanto, dopo aver raccontato la sua storia, attraverso il suo account Twitter, Asia lavora come “watchdog”, un cane da guardia sempre all'erta, pronto a scovare la menzogna e a sostenere l'accusa.
La speranza di Asia è che le cose cambino, che ci sia più solidarietà con le vittime, che altre donne si facciano coraggio e, famose o no, dicano basta. «Ora questi uomini, questi mostri, dovranno avere paura così come noi, ogni volta che li abbiamo incontrati, che siamo rimaste da sole con loro, ne abbiamo avuta».
E tu, da che parte stai?
[I virgolettati sono tratti dall'intervista a La Stampa "Asia Argento: “È un orco, mi ha mangiata. La cosa più sconvolgente? I tanti attacchi dalle donne”"]