La storia di Antonia inizia a Bisceglie, passa attraverso momenti difficili e sfocia verso un mondo in cui rendersi utili per gli altri è la risposta anche al proprio dolore.
La storia di Antonia inizia a Bisceglie, passa attraverso momenti difficili e sfocia verso un mondo in cui rendersi utili per gli altri è la risposta anche al proprio dolore."Metti caso che fossi stata una qualsiasi persona trans qui al Paese, sarei stata trattata in modo molto diverso". Il "paese" è Bisceglie, provincia di Bari, e lei è Antonia Monopoli, 44 anni, transessuale che oggi lavora come operatrice sociale per ALA Milano Onlus e si occupa dello Sportello Trans.
Questa è "solo" la nuova vita di Antonia nata Antonio, l'ennesima, l'ultima, la migliore per ora, in attesa dell'amore.
Ma partiamo dall'inizio. Antonia Monopoli oggi ha una carta d'identità che segna l'arrivo a un traguardo importante per lei: il riconoscimento della sua reale identità sessuale, quella che al suo paese di origine volevano cancellare con l'elettroshock. In un'intervista a Repubblica raccontò che fu sua madre a opporsi.
Quando oggi torna al suo paese, non è come negli anni più bui, quelli in cui le si chiedeva di fingere, di essere "solo" Antonio. Oggi quando torna in Puglia la riconoscono, sanno della sua emancipazione. "Ora vengo accolta - mi dice -, le cose sono un po' cambiate, non c'è più l'ignoranza di prima".
"Io ho avuto la forza, il coraggio di fare della mia vita una causa, di formarmi per essere utile all'interno di uno sportello. Tante persone trans al Sud Italia potrebbero mettersi a disposizione di chi cerca informazioni, un indirizzo, ma non lo fanno perché è ancora troppo forte il maschilismo e la religione influisce moltissimo".
Antonia vive da 23 anni a Milano e, dopo un passato da prostituta, osserva e vive il suo essere trans anche attraverso lo sportello ALA. "A fare la transizione non è solo chi cambia sesso, c'è la famiglia, gli amici: è anche con loro che bisogna dialogare".
Chi si reca allo sportello di Antonia vuole informazioni, ma anche solo essere ascoltato da una persona che ha già attraversato quello che stanno passando loro. "E poi vogliono me, che li accompagni nel percorso, una specie di tata. Sono come dei bambini... Io offro loro una fotografia chiara del percorso di transizione e poi gli do la possibilità di accedere ai servizi del territorio. Qui abbiamo il Niguarda o professionisti fidati a cui indirizziamo le persone che vengono da noi, professionisti con cui si sono create sinergie".
"Lo Stato italiano non si è fatto carico del tema transessualità, - dichiara Antonia - ci sono pochi centri che seguono il percorso transizione, non ci sono formazioni per i medici di base, per i chirurghi, per il personale ospedaliero. Le persone trans sono un po' allo sbaraglio qui". L'attività di ALA Milano Onlus va a sopperire anche a questo.
Tuttavia l'iter burocratico secondo Antonia è migliorato. "Nel 2015 c'è stata una storica sentenza che ha finalmente attuato la legge 164/82, in cui non si richiede l'effettivo cambio di sesso per richiedere e ottenere il cambio di nome sulla carta d'identità" - spiega l'attivista -. Oggi si può chiedere ai tribunali la rettifica anagrafica senza rettifica fisica, anche se alla fine la decisione resta sempre a discrezione del giudice". E non sempre è positiva.
Un altro punto chiave per la transizione verso una vita in cui corpo e anima sono in sintonia è il lavoro. Lo sportello in cui lavora Antonia offre aiuto alle persone transessuali per cercare un lavoro onesto, che li inserisca nel tessuto sociale. Per Antonia 10 anni fa non sembrava esserci altra strada che la prostituzione. "Sono stati anni pesantissimi. Vivevo di notte. Ricordo di essere caduta in depressione, non riuscivo a vedere una via d'uscita, pensavo fosse l'unica possibilità per me”.
In fondo al tunnel però c'era una luce: l'associazionismo. "Un giorno ho incontrato una trans che mi raccontò di essere stata aiutata dall'Arcitrans qui a Milano. Fu allora che decisi di rimboccarmi le maniche, avvicinandomi all'associazionismo e mettendomi a disposizione delle persone trans. Ho voluto dare agli altri quello che era mancato a me".
Quindi lavoro, accettazione e transizione per i soggetti che lo vogliono e soprattutto per chi sta loro intorno. "Ai genitori consiglio di rivolgersi agli sportelli per trans, ma anche di documentarsi con libri, film, cercando di apprendere quanto più possibile, ma soprattutto di non vergognarsi mai".
Ma per migliorare davvero le cose bisogna partire da ciò che manca: formazione per gli operatori socio-sanitari, ma anche sensibilizzazione dell'opinione pubblica. "È necessario - spiega Antonia - che la gente capisca che c'è tanta sofferenza da affrontare per arrivare a noi stessi. Tanti si sono suicidati per salvare la famiglia dalla vergogna. C'è chi sceglie la droga. Bisogna cambiare la percezione della transessualità".
Un po' di amore per se stessi, per gli altri e dagli altri - come quello che oggi manca ad Antonia, che desidera un compagno per "poter condividere le gioie quotidiane" - è tutto quello che serve per compiere non un miracolo, ma una semplice e necessaria rivoluzione culturale.
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